The Young Pope, Sorrentino in TV

Il pluripremiato regista sbarca sul piccolo schermo con una serie controversa, satirica e pop, ambientata tra le mura del Vaticano. Un cast d'eccezione e il particolare stile registico basteranno a renderla una serie meritevole?

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a cura di Andrea Balena

Paolo Sorrentino non ha bisogno di presentazioni. Reduce dal Premio Oscar per il Miglior Film Straniero per il discusso La Grande Bellezza, il regista ha cominciato presto a lavorare a Hollywood, già nel 2011, realizzando il suo primo film in lingua inglese, This Must be the Place, ed ha proseguito poi col recente Youth - La giovinezza, che ha continuato il trend stilistico inaugurato dalla sua opera più fortunata e accresciuto la sua fama internazionale.

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In un periodo in cui il medium televisivo è in voga anche per i grandi nomi dell'industria, anche il Nostro è rimasto incuriosito dalle possibilità offerte dalla scrittura seriale. Grazie ad una maxi produzione fra Sky e HBO ha dato alla luce The Young Pope, una serie TV particolare e unica, ambientata dentro lo Stato più segreto e misterioso: il Vaticano.

La serie ruota attorno alla figura magnetica e misteriosa di Lenny Belardo (Jude Law), un cardinale statunitense che a sorpresa viene eletto Papa con il nome di Pio XIII, diventando di fatto il più giovane arcivescovo di Roma della storia. Nonostante la giovane età, Lenny non è assolutamente propenso ad essere un burattino del segretario di Stato Voiello (Silvio Orlando) e il suo scopo è riformare lo stato pontificio seguendo una linea conservatrice e di riconquistare il potere perduto. Nel frattempo dovrà guardarsi le spalle dai nemici interni e trovare una risoluzione ai moti interiori che lo tormentano.

Sin dai primi minuti diventa chiaro il leitmotiv che accompagnerà la visione, un dissacrante e strano umorismo verso le istituzioni religiose. Il primo (finto) discorso di Lenny in piazza San Pietro diventa un mea culpa generale su tutte le mancanze dell'istituzione. Ed è solo l'inizio per il pontificato di Pio XIII, il quale vuole andare contro tutte le derive progressiste e commerciali della Chiesa per tornare alle sue origini spirituali. La contraddizione però è nell'animo dello stesso protagonista, che in un più di un'occasione, parlando con il confessore o direttamente a noi spettatori, rivela i suoi molti dubbi sulla fede.

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Nessuno avrebbe potuto rendere il personaggio meglio di Jude Law, che con la sua bellezza statuaria e il forte carisma riesce a dar vita a un eroe egocentrico, che non si cura minimamente degli altri e pondera ogni sua mossa solo ed esclusivamente in suo favore. La stagione narra i primi mesi di pontificato, che saranno tumultuosi per tutti e faranno riaffiorare nella mente di Lenny i traumi che lo hanno accompagnato per tutta la vita, in particolare quelli legati all'abbandono da parte dei genitori.

A splendere è anche il nostro Silvio Orlando, che nei panni del cardinale Voiello inserisce un tassello fondamentale nelle vicende, come avversario politico e umano del protagonista. Più che una figura religiosa, Orlando porta in scena un personaggio fortemente politico, sempre alla ricerca di un modo per mettere al guinzaglio il Papa. Si gioca molto anche sulla sua provenienza napoletana, con piccoli intermezzi umoristici basati sulla grande passione per il calcio.

L'intreccio è di sicuro impatto e l'interesse cresce nelle dieci puntate. Pio XIII affronterà molte annose questioni della Chiesa e allo stesso tempo si dovrà guardare le spalle dai suoi stessi collaboratori. Noi spettatori, allo stesso tempo, scopriremo il suo lato più umano e caritatevole grazie alla amicizia con la giovane Esther.

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Tutto rose e fiori per la creatura di Sorrentino? Forse no. L'elemento più controverso e discutibile della produzione risiede proprio nella regia inequivocabilmente sorrentiniana: sempre meticolosa e appassionante per i fan del regista, non tradisce gli intenti cinematografici di ricercatezza visiva ed estetica. Il problema, se si può definire tale, si crea quando il comparto regia sovrasta la sceneggiatura e rallenta il proseguimento delle vicende. Si creano così pause dal racconto visivamente molto belle e ricercate - ad esempio le immersioni nella natura dei giardini vaticani o nei sogni veneziani del pontefice - ma pesanti e difficili da digerire per chi ricerca più ritmo.

Dopo un finale aperto che tiene col fiato sospeso e lascia alcune questioni irrisolte, l'annuncio della seconda stagione incuriosisce e fa ben sperare che l'autore trovi un maggior equilibrio nel racconto e migliori una serie già ora tecnicamente sorprendente.