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a cura di Manolo De Agostini

Dopo circa un anno e mezzo dall’entrata in vigore del d. lgs. 68/2003 in materia di diritto d’autore e copia privata, l’ASMI (Associazione Sistemi e Supporti Multimediali Italiana) e le aziende Computer Support Italcard, Datamatic, Imation, TDK Marketing Europe, TX Italia, Verbatim hanno intrapreso un’azione legale contro la SIAE, con l’obiettivo di veder riconosciuta l’incostituzionalità degli articoli del decreto che trattano il tema della definizione dell’equo compenso.

Il recepimento della direttiva comunitaria 2001/29 ha portato all'introduzione in Italia di un aumento del compenso per copia privata sui supporti di registrazione, calcolato in misura fissa per ogni tipologia di supporto; ciò a titolo di “equo compenso” per i titolari dei diritti d’autore nei confronti del corrispondente diritto riconosciuto ai privati ad effettuare una copia privata delle opere protette.

La prima evidente incongruità sta nel fatto che tale compenso e la sua entità era già previsto in una normativa preesistente, e l’opera del legislatore ha arbitrariamente fissato i nuovi compensi con incrementi che in alcuni casi si avvicinano al 3000%. Tale aumento ha comportato un aumento dei prezzi di vendita, che in alcuni casi sono stati anche dell’ordine del 60%. L' ASMI ha evidenziato un crollo, anche dell’ordine del 40%, del mercato legale dei supporti di registrazione a partire dal momento di introduzione della legge.

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Nel chiamare in causa la Società Italiana di Autori e Editori, l’ASMI denuncia in primo luogo una incompatibilità tra gli articoli 71-sexies, septies, octies e 39 del decreto, e i principi presenti nell’articolo 5 della Direttiva Comunitaria nelle seguenti disposizioni ai fini della determinazione dei compensi: “La legge - incalza Mauro Santi Presidente dell’associazione - non prevede diversità di trattamento tra riproduzione analogica e digitale, non tiene conto della presenza di misure di protezione anti-copia di cui molti DVD e CD sono dotati e non distingue tra apparecchi e supporti in grado di diventare strumenti di riproduzione di opere protette, e viceversa”. “Sul fronte dell’incostituzionalità – prosegue Santi – la legge è stata varata contravvenendo gli articoli 3, 30, 23 della Costituzione in quanto vi è rispettivamente: una violazione del principio di eguaglianza, poiché è sottoposto a tassazione solo chi vende i propri prodotti all’interno del territorio, e non chi dall’estero vende in Italia; è prevista un’imposizione di prestazioni patrimoniali regolata da un decreto e non in base a una legge; assenza da parte del legislatore di principi e criteri direttivi per determinare i compensi”.

“Nonostante continue richieste ci siamo trovati nella spiacevole situazione di non essere stati interpellati prima della definizione del decreto ed essere il comparto che, unitamente al consumatore finale, subisce le conseguenze di un decreto mal concepito e strutturato per colpire inesistenti, in merito alla copia privata, fenomeni di pirateria di massa. Crediamo ci siano tutti gli elementi perché la Corte di giustizia della Comunità Europea possa riconoscere l’illegittimità di una normativa non conforme ai principi dello Stato e ad avere una disapplicazione di quanto da essa stabilito”.

“I fenomeni tecnologici devono essere studiati, capiti ed interpretati: ci auguriamo che i lavori della Commissione Interministeriale presieduta da Paolo Vigevano possano rappresentare un punto di partenza per rilanciare il comparto tecnologico in un’economia in cui i confini sono transnazionali ed in cui l’applicazione di legislazioni locali imbavaglia in partenza qualsiasi espressione imprenditoriale”. Contenuti, contenitori e reti distributive devono poter crescere di pari passo in modo da non penalizzare i consumatori che per definizione premiano il libero mercato perché porta benefici in termini di prezzo ed innovazione”.