La sindrome dell'accerchiamento

Dietro alla qualità dell'Apple Mac si nasconde una sapiente operazione di marketing, ma che riguarda marginalmente il design.

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a cura di Dario D'Elia

La sindrome dell'accerchiamento

Ovviamente non tutti gli utenti Mac sono integralisti. La sensazione però è circa dieci anni fa si sia sviluppata una sorta di sindrome dell'accerchiamento. Dopo aver perso quel vantaggio - di immagine e tecnico - acquisito negli anni 80' il rapporto con "gli altri" del mercato è diventato quasi conflittuale.

Nel 1995 Guy Kawasaki, una delle menti del marketing Apple, decide quindi che bisogna fare qualcosa. L'immagine dell'azienda è a terra, si rischia il tracollo. "Il mio lavoro in quel momento era di mantenere e ringiovanire il culto per Macintosh", ha confermato tempo fa. Tutti sapevano che la via da battere era quella della personalizzazione dello scontro con Windows, ma come fare? Il morale era sotto i tacchi.

Kawasaki crea una mailing list chiamata "EvangeList" e poco dopo "Why Mac?" per i 44 mila utenti sfegatati Mac. "Volevo solo dare buone notizie", ha aggiunto Kawasaki. Si trattava a tutti gli effetti di un tentativo per contrastare le critiche mosse dalla stampa. BusinessWeek nel 1996, infatti, fece toccare al marchio il suo momento più basso con l'articolo "The Fall of an American Icon". Quasi un presagio per le sorti del mitico marchio… che poi comunque non si è concretizzato. 

Ma Kawasaki ha un'idea brillante. Bisogna dare speranza e non far sentire sola la community Mac. Bisogna trasmettere a tutti i costi che chi ha scelto Mac sta dalla parte giusta della barricata. "È come una specie di esperienza religiosa dove tu senti di dover dire a tutti quelli che conosci che li salverai. È folle, non le ho mai capite quelle persone ma adesso sono uno di loro", ha dichiarato Doug Otto, un lettore di News.com, vice presidente del systems engineering dell'azienda Govstar.

Ecco l'uovo di Colombo.

Tutto questo calore ha consentito negli anni ai fan di Apple di sfidare anche le condizioni atmosferiche o il freddo, fuori dai negozi, pur di mettere le mani su nuovi ed introvabili prodotti.

Il problema è che non tutti i consumatori amano il culto. "Come niente le persone si appassionano a sport, politica o religione, ma ce ne sono alcune che non si rendono conto di oltrepassare il limite di fan per diventare alla fine fanatici", ha dichiarato John Moltz, redattore di Crazy Apple Rumors Site, uno dei siti simbolo della comunità online.

Ecco fotografata la condizione attuale. Ben pochi però si sono accorti che la mitizzazione è il frutto di una scientifica scelta marketing.