L'Unione Europea non ama l'open source?

In uno studio del 2005 le conclusioni sull'Open Source. Cambiare costa troppo, e non dipendiamo da Microsoft.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

È stato finalmente reso pubblico lo studio (pdf) dell'Unione Europea sull'adozione del software Open Source. Lo fa sapere Marco Cappato (Radicali, Lista Emma Bonino), un deputato di Strasburgo che ha provato a metterci le mani per anni.

Cappato ha insistito a lungo per chiarire una volta per tutte la natura dei rapporti dell'UE con Microsoft, dando voce a quanti, molti, ritengono che il colosso di Redmond abbia creato una vincolo troppo forte con l'Unione, quasi una dipendenza. Dopo diversi rifiuti, spesso giustificati con la protezione degli interessi commerciali di Microsoft, emergono finalmente alcuni dati, sui quali si potrebbe discutere a lungo.

Lo studio esamina la possibilità di adottare software Open Source su un totale di quasi 43mila postazioni, passando, sostanzialmente, ad applicativi da ufficio diversi da Microsoft Office, per non parlare del sistema operativo.

A quanto pare il software Open Source non sarebbe pronto ad un uso istituzionale, né per i vantaggi tecnologici che può offrire, né per quelli economici. Tra gli ostacoli ci sarebbero la compatibilità con i prodotti Microsoft e i costi di migrazione, nei quali rientrano i lunghi test necessari e la formazione per il personale. 

Quanto ai conti, sappiamo che l'Unione Europea paga a Microsoft 6,2 milioni di euro ogni anno per le licenze. La conversione al software Open Source costerebbe poco meno di 80 milioni, più i costi per supporto e manutenzione. Ci vorrebbero più di 36 anni per ammortizzare l'investimento.

In cambio di una spesa così ingente, però, l'Unione Europea guadagnerebbe anche un'indipendenza tecnologica rilevante, un aspetto che non deve essere sottovalutato, come si legge nelle conclusioni dello studio, che suggeriscono anche di effettuare studi più approfonditi.  Ma si dice anche che il rischio di dipendenza da Microsoft, palesato da alcuni parlamentari, è contenuto.

Dovremmo, tuttavia, attendere che la prossima legislatura europea si metta al lavoro, per vedere se questo studio avrà un qualche tipo di conseguenza, o se resterà lettera morta. L'ipotesi più probabile, però, è che si faccia un nuovo studio, visto che questo risale al 2005.