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Notebook con schermi oscurati per la privacy, ma per favore!

Un notebook con lo schermo che i vicini di treno non possono vedere è un buon tutore della privacy o una sciocchezza?

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Avatar di Elena Re Garbagnati

a cura di Elena Re Garbagnati

Pubblicato il 25/08/2016 alle 14:28

Chi ha iniziato a usare i notebook negli anni '90 ha avuto tutto il tempo di maledire gli schermi a matrice passiva: bastava spostarsi a lato di qualche centimetro che non si vedeva più niente. Abbiamo accolto i display TFT come la rivoluzione del secolo, e così abbiamo creduto fino ad oggi. Dal loro esordio i test per capire la qualità di un pannello LCD hanno sempre tenuto conto dell'angolo di visualizzazione: più è ampio, meglio è.

Ormai mi sono dimenticata la noia di dovermi piazzare perfettamente davanti allo schermo per vederci bene. Grandioso? A quanto pare no. Anzi, mi viene il dubbio di essere una dei pochi a pensarla così, dato che HP sta pubblicizzando a gran voce una nuova "rivoluzionaria" tecnologia presente sui neonati HP EliteBook 840 G3: lo schermo che si vede solo se ci sei piazzato davanti.

HP JPGA me che ormai ho una certa età sembra un po' un déjà vu, ma magari per chi ha la metà dei miei anni può avere il sapore di una rivoluzione. Cos'è che ha cambiato il punto di vista della clientela al punto da pensare che questa sia una rivoluzione positiva? Una parola: privacy.

O meglio: la forte determinazione a non voler far leggere quello che si sta facendo con il computer a chi siede vicino in treno, in aereo, al bar o in qualsiasi posto ci si trovi. In queste situazioni quindi mettiamo il paraocchi al portatile schiacciando con ghigno il pulsante dal nome esplicativo "Sure" e tagliamo fuori il mondo dagli affari nostri. Il tutto alla modica cifra di 75 dollari in più sul prezzo del portatile finito.

Perdonatemi, ma devo diventare (o forse lo sono sempre stata?) antipatica. La prima domanda che mi sono fatta è quante persone usano il notebook per lavorare su dati talmente sensibili e riservati da richiedere un paraocchi sullo schermo? Attenzione, dati che "adocchiati" dal vicino di treno potrebbero cambiare il corso della storia o il destino di un'azienda. Non ho una risposta perché francamente non ho mai incontrato persone di così alto livello e mi scuso se sto mancando di rispetto a qualcuno.

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Alternativa al pulsante "Sure"?

C'è poi la seconda domanda: se bisogna lavorare a informazioni tanto segrete e cruciali, bisogna per forza farlo sul treno? Per carità, la tecnologia ci ha regalato la mobilità che tutti noi apprezziamo e sfruttiamo, a volte anche esagerando, e che sarebbe miope non usare. Ma da qui a voler trattare a tutti i costi dati sensibili o top secret in mezzo alla folla esigendo che nessuno se ne accorga il passo è lungo.

Mi è venuto persino il dubbio, irrazionale e sicuramente campato in aria, che il pulsante "Sure" in realtà sia il corrispettivo di "sono fico". Insomma mi immagino il passeggero del treno che lavora ingobbito e circospetto sullo schermo oscurato e tutti quelli attorno che si chiedono "chissà che cose importanti sta scrivendo, chissà che lavoro fa". Peccato che se fosse stato dritto e rilassato davanti a uno schermo luminoso nessuno l'avrebbe notato, sarebbe passato come "uno qualsiasi". E in realtà lo è, perché sta scrivendo la lista della spesa.

L'altro dubbio è che parlare troppo di privacy stia avendo qualche effetto collaterale. Anche questa ipotesi è sicuramente sbagliata, ma mi viene il dubbio che a furia di sentir parlare di privacy molti si siano convinti che il resto del mondo sia interessato a tutto quello che li riguarda. Se da una parte è indiscutibile che grandi aziende raccolgono e rivendono i nostri dati, dall'altra non potremmo ammettere che il vicino di treno può legittimamente infischiarsene del fatto che compreremo la Nutella al supermercato? Certo che non sono fatti suoi, ma non lo è nemmeno che siamo troppo grassi o troppo magri, che vestiamo demodé o che ci tingiamo i capelli. Allora rotoliamo in giro in palle da bowling formato gigante invece che camminare, così nessuno saprà come siamo.

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Foto: ©realinemedia / Depositphotos

A questo punto sarete convinti che non do il giusto peso alla privacy. Invece no. Però ho la tessera fedeltà del supermercato, quindi sono consapevole che centinaia di persone sanno cosa si mangia a casa mia, non mi faccio problemi a farmi vedere scrivere la lista della spesa. So che l'annuncio del primo notebook Kaby Lane è sotto embargo, ma non penso che scrivendo un pezzetto di articolo in treno sull'argomento il produttore chiederà la mia testa. E se sto editando una mega tabella Excel con tutti i contenuti del sito dubito che qualcuno capisca con un'occhiata cosa sto facendo. Insomma, la privacy è sacrosanta, ma siamo sicuri che un pulsante che oscura lo schermo sia la soluzione? O che invece non sia meglio usare il raziocinio e fare mente locale di volta in volta su quello che stiamo facendo in funzione di dove siamo e con chi siamo?

Comunque la pensiate, buon pulsante "Sure" a tutti.

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