Le sanzioni statunitensi perpetrate dal governo Trump contro il settore dei semiconduttori cinese potrebbero rivelarsi un clamoroso autogol strategico. Mentre Washington intensifica le restrizioni per frenare l'avanzata tecnologica della Cina, emergono segnali sempre più evidenti che tali misure stiano paradossalmente stimolando lo sviluppo di un ecosistema di chip domestico più forte e resiliente in Cina. Un fenomeno che esperti e dirigenti del settore descrivono come una "ristrutturazione accelerata" dell'industria dei semiconduttori cinese, capace di trasformare una sfida esistenziale in un'opportunità di crescita senza precedenti per il mercato interno.
Secondo un'analisi pubblicata da Digitimes, nonostante l'accordo commerciale di 90 giorni recentemente siglato tra Stati Uniti e Cina per sospendere le tariffe più severe, le tensioni nel settore dei semiconduttori stanno raggiungendo livelli preoccupanti. Le aziende taiwanesi produttrici di substrati per circuiti integrati operanti in Cina si trovano sotto crescente pressione, mentre emergono dubbi sull'efficacia reale delle sanzioni americane. I risultati sorprendentemente positivi registrati nel primo trimestre 2025 dalla catena di fornitura taiwanese evidenziano un contrasto marcato tra le strategie adottate dalle aziende in Taiwan rispetto a quelle in Cina.
Il caso di Zhen Ding Technology rappresenta forse l'esempio più emblematico di come le sanzioni possano innescare dinamiche impreviste. L'azienda ha registrato un incremento del 30% su base annua nel fatturato della sua divisione substrati, attribuendo questo successo principalmente alla strategia denominata "China for China", un approccio che privilegia la produzione locale per soddisfare la domanda interna. Questo slancio potrebbe persino portare Zhen Ding a utilizzare il suo parco AI di Kaohsiung a Taiwan per soddisfare la crescente domanda cinese, invertendo il tradizionale flusso della catena di approvvigionamento.
In netto contrasto, Unimicron, leader mondiale nella produzione di substrati per circuiti integrati, ha segnalato un calo dell'utilizzo della capacità produttiva di fascia alta nei suoi stabilimenti cinesi a causa delle restrizioni più severe. Sebbene l'azienda abbia compensato parzialmente questa flessione con un aumento degli ordini nelle sue strutture taiwanesi, i dirigenti temono che l'inasprimento delle sanzioni possa portare a una riduzione permanente del business ad alto margine proveniente dal settore dell'elettronica premium cinese.
La recente decisione dell'amministrazione Trump di abbandonare le regole graduali di diffusione dei chip implementate da Biden in favore di un divieto totale sull'uso globale dei chip AI Ascend di Huawei, insieme alle misure per impedire l'esportazione di altri chip AI verso la Cina, ha ulteriormente esacerbato la situazione. Una mossa che Jensen Huang, CEO di Nvidia, ha definito senza mezzi termini "un fallimento". Huang ha sottolineato come le aziende cinesi stiano semplicemente rivolgendosi ai concorrenti locali di Nvidia per compensare la carenza di chip sviluppati negli Stati Uniti, rafforzando così i rivali piuttosto che indebolire l'industria.
Secondo gli osservatori del settore citati nel rapporto, questa situazione evidenzia un paradosso critico: anziché paralizzare le ambizioni cinesi nel campo dei semiconduttori, le sanzioni statunitensi potrebbero involontariamente accelerarle. La crescente domanda interna e la localizzazione della catena di approvvigionamento stanno creando un ecosistema resiliente che potrebbe emergere più forte di fronte alle avversità. In particolare, le aziende cinesi stanno investendo massicciamente in tecnologie alternative e soluzioni innovative per aggirare le restrizioni, sviluppando competenze che altrimenti avrebbero richiesto anni per maturare.
Il fenomeno rispecchia una tendenza più ampia osservata in altri settori tecnologici colpiti da sanzioni: l'isolamento forzato può stimolare l'autosufficienza e l'innovazione indigena. Un esempio concreto è rappresentato dal recente interesse di Nvidia nel lanciare nuove soluzioni basate sull'architettura Blackwell specificamente per il mercato cinese entro la fine dell'anno, con l'obiettivo di sostituire il suo modello H20 attualmente soggetto a restrizioni. Questa mossa evidenzia il tentativo delle aziende americane di riposizionarsi in un mercato che, nonostante le sanzioni, continua a rappresentare un'opportunità commerciale troppo importante per essere abbandonata.
Mentre il braccio di ferro geopolitico sui semiconduttori continua, diventa sempre più evidente che le conseguenze a lungo termine potrebbero essere molto diverse da quelle previste dai policymaker americani. L'accelerazione dell'autonomia tecnologica cinese potrebbe non solo ridurre l'efficacia delle sanzioni future, ma anche modificare strutturalmente gli equilibri globali nel settore strategico dei semiconduttori avanzati, con ripercussioni che si estenderanno ben oltre l'attuale ciclo di tensioni commerciali.