Windows 10, l'aggiornamento 2004 corrompe le configurazioni RAID 5 via software

L'aggiornamento 2004 di Windows ha seriamente compromesso le configurazioni RAID-5 virtualizzate sotto Windows 10 e Windows Server attraverso il servizio di Parity Storage Space.

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a cura di Massimiliano Riccardo Ferrari

Microsoft ha recentemente pubblicato alcuni suggerimenti per arginare un grave problema emerso con l'aggiornamento 2004 di Windows 10, codificato come KB4568129. L'errore a cui si può andare incontro affligge tutti i sistemi con il servizio Parity Storage Space attivo e configurato. Parliamo di suggerimenti perché non esiste ancora una procedura sicura e definitiva per risolvere ciò che potrebbe portare alla totale e irrimediabile perdita dei dati sulla partizione principale di sistema. Ma partiamo con alcune premesse.

Parity Storage Space permette di configurare tre o più dischi in modalità RAID-5. Per chi non lo sapesse, le modalità RAID, Redundant Array of Independent Disks, tecnologia mutuata dal mondo server a fine anni '80, servono per far lavorare più dischi come un unico volume. Principalmente nel mondo consumer sono state translitterate le quattro tipologie, dette anche livelli, più comuni di RAID: RAID-0, RAID-1, RAID-5 e RAID-10.

Il livello 0 è pensato per le più alte prestazioni, mentre il livello 10 è per la pura affidabilità, con un elevato controllo di parità. RAID-1 e 5 sono variazioni sul tema, in cerca del giusto compromesso tra prestazioni e stabilità. Le modalità RAID sono gestibili sia hardware che software. Mentre il primo risulta più solido ma più costoso, il secondo ha il merito di aver dato accesso a questa tecnologia ad un costo drasticamente più contenuto, pur dovendo rinunciare a un po' di velocità e affidabilità.

Soltanto per un mero confronto, una scheda d'espansione PCIe con controller RAID ed interfacce SATA/SAS ha un costo variabile da 200, 400, 800 e più euro ( o dollari), in base alle proprie esigenze. I RAID via software virtualizzati sono gestiti invece dal sistema operativo, o meglio dal gestore delle partizioni dello stesso. La compatibilità hardware è garantita dal produttore di schede madri, e più a monte dal produttore del chipset su cui la stessa si basa.

L'affidabilità però è diametralmente opposta ad una implementazione con controller dedicato in hardware su scheda PCIe. Ciò che è successo con l'aggiornamento 2004 di Windows 10 è soltanto una conferma di ciò.

Purtroppo sembra che il massiccio update del sistema operativo di Microsoft, pubblicato a cavallo tra maggio e giugno, abbia compromesso il gestore delle partizioni corrompendo il servizio Parity Storage Space. Le configurazioni Simple Storage Space e Mirror Storage Space sembrano non essere state coinvolte in tutto questo. L'utente si può accorgere del bug qualora visualizzi in Disk Manager (gestore disco) alcune partizioni come RAW, ovvero da inizializzare e pronte per la tabula rasa. Altri segni inequivocabili sono la corruzione dei file. La casa di Redmond ha indicato in un post pubblicato il 1° luglio alcune linee guida per arginare il problema.

I sistemi affetti, che per fortuna non sono molti, sono quelli che possiedono partizioni con almeno tre dischi configurati in RAID-5, sia sotto Windows 10 che Windows Server. La cosa espressamente indicata come importante da fare è NON avviare il comando di chkdsk, ovvero il checkdisk, per eseguire il controllo errore nel file system. L'azione porterebbe all'irreversibile perdita dei dati. Anche ripristinare il sistema ad uno stato precedente non risolverebbe il problema.

Cosa bisogna quindi fare se ci si trovasse davanti la maledetta e inattesa etichetta RAW sui nostri drive o altri segnali di corruzione? Secondo Microsoft la "soluzione" è rendere le partizioni di sola lettura, ovvero disabilitare il permesso di scrittura, con tutto ciò che comporta. Il permesso si revoca da terminale:

Get-VirtualDisk
? ResiliencySettingName -eq Parity
Get-Disk
Set-Disk -IsReadOnly $true

Microsoft ha anche pubblicato due risolutori automatici per prevenire o mitigare questo errore. Quello per hardware e dispositivi serve per togliere il permesso di scrittura ai dischi coinvolti, mentre quello per lo spazio di archiviazione impedisce ulteriori corruzioni sulle partizioni su cui sono state rilevate le anomalie. Su alcune configurazioni l'avvio di questi due risolutori potrebbe anche risolvere il problema e ripristinare anche i permessi di scrittura.

Per recuperare i file corrotti bisogna passare dall'utility di sistema dedicata. Le procedure sono due, a seconda del messaggio visualizzato in gestore disco. Se le partizioni fossero etichettate come RAW, bisognerebbe usare il comando "refsutil", avviabile in modalità veloce o completa. Se le partizioni in gestore disco fossero normali, ma in presenza lo stesso di dati corrotti, Microsoft suggerisce di passare dal comando WinRF, che sembra però poco affidabile in presenza di drive in formato SSD o dischi SMR. Nel caso, è scaricabile dallo store ufficiale di Microsoft a questo indirizzo.

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