Windows preinstallato, class action per i rimborsi

Class Action contro Microsoft. ADUC ha depositato un atto al tribunale di Milano per consentire ai consumatori di ottenere, se vogliono, il rimborso della licenza di Windows preinstallata sui computer in commercio.

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a cura di Manolo De Agostini

L'Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori (ADUC) ha depositato una class action contro Microsoft presso il tribunale di Milano riguardante il tema, a molti caro, del rimborso del costo delle licenze di Windows preinstallate sui PC.

"Da tempo avevamo lanciato una campagna di adesioni per il rimborso del sistema operativo Windows (OEM) preinstallato nella quasi totalità dei computer che si acquistano. Adesso, grazie al lavoro di un pool di avvocati e tecnici informatici che collaborano con la nostra associazione (avv.ti Carlo Piana, Claudia Moretti, Annamaria Fasulo, Emmanuela Bertucci e Dott. Guglielmo Troiano e Marco Pieraccioli) la questione sarà affrontata con la class action, prevista dall'art. 140 bis del Codice al consumo", ha scritto l'associazione in un comunicato stampa.

Secondo l'ADUC la vicenda riguarda tutti coloro che acquistano un PC e vi trovano all'interno uno o più prodotti software che non intendono usare. "Alla prima accensione del computer appare una schermata - la licenza OEM Windows - che invita a sottoscrivere il contratto d'uso del programma, avvertendo che, nel caso non si intenda utilizzarlo, è possibile procedere alla restituzione e al rimborso rivolgendosi al produttore dell'hardware. Nulla di male, se non fosse che raramente le case produttrici dei PC ottemperano a questo obbligo contrattuale. Molte frappongono ostacoli pratici, altre ritengono che la faccenda riguardi solo l'acquirente e Microsoft", ha scritto l'ADUC.

"Anche noi crediamo che, pur non essendo il produttore dell'hardware incolpevole, la principale responsabile dell'inadempimento è Microsoft stessa, che usa la propria posizione di forza sul mercato per diffondere i propri prodotti in modo illegittimo, ai danni degli utenti e della concorrenza", ha affermato l'ADUC.

Nei prossimi mesi ci sarà la prima udienza, in cui il Collegio milanese deciderà sull'ammissibilità dell'azione collettiva. "Se, come speriamo, l'esito fosse positivo, chi si troverà nelle condizioni per aderire alla causa, potrà farlo, anche personalmente, con apposito atto di adesione".

La decisione di rivolgere le proprie attenzioni contro il colosso di Redmond segue quella che è stata definita una causa pilota contro HP presso il tribunale di Firenze. L'associazione vinse, anche in appello, una disputa contro il produttore computer che si era rifiutato di offrire un rimborso a coloro che non volevano usufruire della licenza Windows preinstallata sul sistema. Un precedente importante, che però non ha portato a cause contro altri OEM (produttori di PC), bensì a questo atto contro Microsoft.

Dal dibattimento del caso HP emersero elementi interessanti: HP in quell'occasione dichiarò che non era possibile slegare hardware e sistema operativo - non tanto per problemi tecnici ma commerciali. L'azienda inoltre prendeva le distanze dell'EULA di Windows, ritenendolo vincolante solo per Microsoft.

Il giudice del Tribunale di Firenze le diede torto, affermando che l'EULA di Windows è figlio di accordi tra il produttore dell'hardware e Microsoft. HP (come qualsiasi altro produttore, NdR), installando il sistema operativo sul proprio prodotto, ha "accettato e fatto proprio" il contenuto dell'EULA e quindi deve risponderne. Inoltre, da quella causa emerse un ulteriore fatto: il rimborso della licenza non voluta deve essere totale.

Windows è il sistema operativo dominante, in commercio sono veramente rari i casi in cui si trovano computer dotati di soluzioni alternative e, certamente, ancor meno diffusi sono i PC senza alcun sistema operativo. Secondo l'ADUC, Microsoft e gli OEM non assicurerebbero, come dovuto, il rimborso a chi non accetta di sottoscrivere un contratto con il colosso di Redmond, obbligando di fatto l'acquirente a pagare - volente o nolente - una cosiddetta tassa Windows.

Vendere computer senza sistema operativo è, secondo noi, impossibile dal punto di vista commerciale. Consentire agli utenti di poter avere il rimborso della licenza inutilizzata è invece dovuto. La possibilità di scelta, sul libero mercato, è tutto. Questo principio va tutelato.

Per Microsoft - se la class action sarà accettata e vincente - potrebbe non cambiare molto: la stragrande maggioranza degli acquirenti di PC continuerà ad accettare l'EULA e a usare il sistema operativo della casa di Redmond, con cui ha familiarità e su cui funzionano i programmi preferiti. Ci sono alcune persone però che optano per soluzioni open-source. A queste, secondo noi, dovrebbe essere assicurata la possibilità di non pagare la licenza.

Nelle pieghe di uno scenario che sembrerebbe ideale, potrebbero trovare terreno fertile i classici "furboni" dell'informatica. Chi vieterebbe a un consumatore di rifiutare la licenza, ottenere il rimborso, e poi recuperare Windows su canali pirata? Questa è un'altra storia, ma è forse l'aspetto che potrebbe dare più fastidio a Microsoft (Italiani amanti della pirateria: quasi uno su tre).