La sfida diagnostica negli adulti
Identificare l'ADHD negli adulti presenta complessità uniche rispetto alla popolazione pediatrica, per la quale furono originariamente sviluppati i criteri diagnostici. La valutazione negli adulti si basa prevalentemente su esperienze soggettive come difficoltà di concentrazione o comportamenti impulsivi, rendendo il processo intrinsecamente più sfidante. Come spiega il dottor Igor Studart: "L'aumento delle diagnosi di ADHD negli adulti solleva questioni cruciali sulla validità diagnostica, specialmente considerando che molti non furono mai identificati durante l'infanzia e ora cercano aiuto, talvolta spinti dai contenuti sui social media".
La questione si complica ulteriormente per la sovrapposizione sintomatologica con altri disturbi mentali. Depressione, schizofrenia e disturbo bipolare condividono infatti manifestazioni cliniche con l'ADHD, rendendo indispensabile un'accurata diagnosi differenziale condotta da professionisti esperti.
Metodologie diagnostiche inadeguate negli studi clinici
La professoressa di Psichiatria Julie Nordgaard, che ha guidato la ricerca insieme al professor Mads Gram Henriksen e al dottor Studart, ha analizzato come i trial più prestigiosi abbiano affrontato questa sfida diagnostica. I risultati sono allarmanti: "Concludiamo che metà degli studi non ha assicurato una valutazione diagnostica ampia e approfondita dei pazienti prima del trial per escludere altri disturbi", afferma Nordgaard.
Le carenze metodologiche si estendono oltre la semplice omissione di valutazioni complete. Più della metà degli studi ha incluso soggetti con diagnosi concomitanti di altri disturbi mentali, complicando ulteriormente l'attribuzione diagnostica. In alcuni casi estremi, la valutazione è stata condotta dai pazienti stessi o addirittura attraverso sistemi computerizzati, violando i principi fondamentali della valutazione psichiatrica professionale.
Conseguenze per la ricerca e la pratica clinica
Questi difetti metodologici minano la credibilità dei risultati della ricerca, rendendo impossibile determinare su quali disturbi e sintomi abbiano realmente agito i trattamenti studiati. "Questo rende difficile utilizzare i risultati di molti di questi trial clinici", osserva Henriksen, sottolineando come questi studi vengano considerati particolarmente affidabili e possano influenzare le linee guida terapeutiche.
La mancanza di criteri diagnostici uniformi e di professionisti adeguatamente formati rappresenta un problema sistemico. Solo nel 35% degli studi viene specificato che la diagnosi è stata formulata da uno psichiatra o psicologo, mentre nel 61% dei casi non viene nemmeno indicato chi abbia condotto la valutazione diagnostica.
La necessità di standard più rigorosi
I ricercatori sottolineano l'urgenza di implementare protocolli diagnostici più rigorosi, particolarmente cruciali in un contesto di crescente incidenza delle diagnosi di ADHD negli adulti. "In psichiatria abbiamo bisogno che tutte le diagnosi, non solo l'ADHD, siano formulate con gli stessi criteri uniformi e da professionisti qualificati", afferma Nordgaard.
L'assenza di basi diagnostiche solide espone i pazienti al rischio di diagnosi errate e trattamenti inadeguati. Come conclude la professoressa: "Rischiamo che troppe persone ricevano una diagnosi sbagliata e non possano ottenere il trattamento più efficace, oppure che ricevano terapie non necessarie con relativi effetti collaterali". La ricerca evidenzia quindi la necessità imprescindibile di elevare gli standard diagnostici sia nella ricerca che nella pratica clinica quotidiana.