La materia oscura, quella componente invisibile dell'universo che costituisce circa l'80% della massa totale ma non emette né riflette alcuna radiazione elettromagnetica, continua a rappresentare uno dei grandi enigmi della cosmologia contemporanea. Un team internazionale guidato dall'Università di Ginevra ha recentemente pubblicato su Nature Communications i risultati di un'indagine volta a determinare se questa forma elusiva di materia obbedisca alle stesse leggi fisiche della materia ordinaria, o se invece risponda a interazioni fondamentali ancora sconosciute. La questione non è puramente teorica: comprendere il comportamento dinamico della materia oscura significa decifrare i meccanismi che hanno plasmato la struttura su larga scala dell'universo, dalla formazione delle prime galassie fino all'espansione cosmica che osserviamo oggi.
La materia ordinaria che compone stelle, pianeti e tutto ciò che possiamo osservare direttamente è governata da quattro forze fondamentali: la gravità, l'elettromagnetismo e le interazioni nucleari forte e debole. Gli scienziati si interrogano da decenni su quale sia il quadro delle interazioni che regola la materia oscura. Sebbene questa sostanza sia rilevabile solo attraverso i suoi effetti gravitazionali, potrebbe rispondere esclusivamente alla gravità secondo la relatività generale di Einstein, oppure essere influenzata da una quinta forza ancora da scoprire. Questa seconda ipotesi aprirebbe scenari completamente nuovi nella fisica fondamentale.
Per testare queste possibilità, il gruppo guidato da Camille Bonvin, professoressa associata al Dipartimento di Fisica Teorica dell'ateneo ginevrino, ha adottato un approccio innovativo basato sull'analisi dei pozzi gravitazionali cosmici. Questi "pozzi" sono le distorsioni della geometria spaziotemporale create da oggetti massivi come ammassi di galassie. La materia ordinaria vi precipita seguendo traiettorie descritte dalle equazioni di Eulero per i fluidi e dalla relatività generale. Il team ha confrontato sistematicamente la profondità di questi pozzi gravitazionali con le velocità osservate delle galassie che vi cadono dentro, utilizzando dati cosmologici recenti provenienti da survey di grandi dimensioni.
"Abbiamo comparato le velocità delle galassie attraverso tutto l'universo osservabile con la profondità dei pozzi gravitazionali in cui esse si trovano", spiega Bonvin. "Se la materia oscura non è soggetta a una quinta forza, le galassie, composte prevalentemente da questa sostanza invisibile, dovrebbero cadere nei pozzi esattamente come la materia ordinaria, governate unicamente dalla gravità. Al contrario, se esistesse un'interazione fondamentale aggiuntiva che agisce sulla materia oscura, questa influenzerebbe il moto delle galassie, alterando il modo in cui esse precipitano nei pozzi gravitazionali".
I risultati dell'indagine indicano che, entro i limiti della sensibilità attuale degli strumenti, la materia oscura si comporta in modo coerente con le equazioni di Eulero, proprio come la materia ordinaria. Nastassia Grimm, prima autrice dello studio e ricercatrice postdottorale che è recentemente passata dall'Università di Ginevra all'Institute of Cosmology and Gravitation dell'Università di Portsmouth, sottolinea tuttavia che "a questo stadio le nostre conclusioni non escludono definitivamente la presenza di una forza sconosciuta. Tuttavia, se tale quinta forza esiste, la sua intensità non può superare il 7% della forza gravitazionale, altrimenti sarebbe già emersa nelle nostre analisi".
La metodologia adottata rappresenta un avanzamento significativo rispetto ai precedenti tentativi di sondare la natura della materia oscura attraverso osservazioni indirette. Mentre gli esperimenti di rivelazione diretta cercano di catturare singole particelle di materia oscura in laboratori sotterranei schermati, e gli acceleratori come il Large Hadron Collider del CERN tentano di produrle artificialmente, questo approccio osservazionale sfrutta l'universo stesso come laboratorio, analizzando il comportamento collettivo di miliardi di galassie. Il fatto che la materia oscura sia cinque volte più abbondante della materia ordinaria rende ogni piccolo progresso nella sua comprensione fondamentale per decifrare l'evoluzione cosmica.
Isaac Tutusaus, ricercatore presso l'Institute of Space Sciences (ICE-CSIC) e l'Institute of Space Studies of Catalonia (IEEC), nonché professore associato presso l'Istituto di Ricerca in Astrofisica e Planetologia dell'Osservatorio Midi-Pyrénées dell'Università di Tolosa e coautore dello studio, guarda già alle prospettive future: "I dati in arrivo dai nuovi esperimenti, come il Legacy Survey of Space and Time (LSST) dell'Osservatorio Vera C. Rubin e il Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI), avranno una sensibilità tale da rilevare forze deboli quanto il 2% dell'intensità gravitazionale. Questo ci permetterà di restringere ulteriormente i vincoli sul comportamento della materia oscura".
La ricerca pubblicata su Nature Communications si inserisce in un momento cruciale per la cosmologia osservativa. Mentre gli esperimenti di nuova generazione promettono una precisione senza precedenti nella mappatura della distribuzione di materia nell'universo, rimangono aperte questioni fondamentali sulla natura stessa della materia oscura: si tratta di particelle massive debolmente interagenti (WIMP), di assioni, di particelle ancora più esotiche, o forse la relatività generale stessa necessita di modifiche su scale cosmologiche? La possibilità di escludere o confermare l'esistenza di una quinta forza fondamentale rappresenterebbe un passo decisivo verso la risposta, con implicazioni profonde non solo per la cosmologia ma per l'intera fisica teorica. I prossimi anni di osservazioni ad alta precisione potrebbero finalmente far luce su questo componente oscuro che, pur essendo invisibile, determina la struttura e il destino dell'intero universo.