La ricerca sui disturbi neuropsichiatrici come autismo e schizofrenia ha sempre dovuto fare i conti con un problema fondamentale: l’impossibilità di studiare direttamente il cervello umano in sviluppo. Mentre i modelli animali hanno fornito informazioni preziose, le differenze biologiche tra le specie hanno spesso limitato la trasferibilità dei risultati alla medicina umana. Ora, un team di ricercatori della Johns Hopkins University potrebbe aver risolto questo dilemma creando quello che definiscono un “organoide multi-regionale del cervello”: una versione in miniatura dell’intero cervello umano coltivata in laboratorio.
Un cervello completo grande come un chicco di riso
L’innovazione principale di questa ricerca, pubblicata su Advanced Science, risiede nell’aver superato i limiti degli organoidi cerebrali tradizionali. Mentre la maggior parte degli studi precedenti si concentrava su singole regioni come la corteccia o il mesencefalo, il team guidato da Annie Kathuria è riuscito a creare un modello che replica l’intero cervello, con tutte le sue interconnessioni funzionali. “Abbiamo creato la prossima generazione di organoidi cerebrali”, spiega Kathuria, professoressa associata nel Dipartimento di Ingegneria Biomedica della JHU.
Il processo ricorda in qualche modo l’assemblaggio di un puzzle tridimensionale estremamente complesso. I ricercatori hanno prima coltivato separatamente le cellule neurali delle diverse regioni cerebrali, insieme a forme rudimentali di vasi sanguigni, in diverse piastre di laboratorio. Successivamente, hanno utilizzato proteine adesive che fungono da “supercolla biologica” per unire i componenti, permettendo ai tessuti di formare connessioni naturali e di iniziare a comunicare tra loro tramite segnali elettrici.
Un modello che riproduce lo sviluppo fetale
I risultati sono sorprendenti per la loro fedeltà biologica. L’organoide multi-regionale mantiene una vasta gamma di tipi di cellule neuronali, con caratteristiche simili a quelle di un cervello fetale umano di circa 40 giorni. Circa l’80% della varietà cellulare tipica delle prime fasi dello sviluppo cerebrale è rappresentata in questi cervelli miniaturizzati.
Nonostante le dimensioni ridotte, 6-7 milioni di neuroni contro le decine di miliardi di un cervello adulto, questi organoidi offrono una piattaforma unica per studiare lo sviluppo cerebrale completo. I ricercatori hanno anche osservato la formazione di una barriera emato-encefalica primitiva, lo strato protettivo che controlla il passaggio delle molecole attorno al cervello.
La rivoluzione nella ricerca farmacologica
Le implicazioni per lo sviluppo di nuovi farmaci potrebbero essere rivoluzionarie. Attualmente, il tasso di fallimento dei farmaci neuropsichiatrici nella Fase 1 dei trial clinici raggiunge il 96%, una percentuale drammaticamente più alta rispetto ad altri settori terapeutici, dove si attesta tra l’85% e il 90%. Questa disparità dipende in gran parte dalla dipendenza dai modelli animali, che spesso non riescono a replicare la complessità del cervello umano.
“Non posso chiedere a una persona di lasciarmi dare un’occhiata al suo cervello solo per studiare l’autismo”, osserva Kathuria. Gli organoidi cerebrali completi permettono invece di osservare lo sviluppo dei disturbi in tempo reale, testare l’efficacia dei trattamenti e persino personalizzare le terapie. Questo approccio potrebbe trasformare radicalmente la comprensione di malattie come schizofrenia, autismo e Alzheimer, che interessano l’intero cervello piuttosto che aree isolate.
Verso una medicina personalizzata del cervello
La possibilità di capire cosa va storto nelle fasi iniziali dello sviluppo cerebrale apre scenari inediti per identificare nuovi bersagli farmacologici. Come sottolinea la ricercatrice, “Se riusciamo a capire cosa va storto precocemente nello sviluppo, potremmo essere in grado di trovare nuovi obiettivi per lo screening farmacologico”. Questa tecnologia consentirà di testare farmaci direttamente sugli organoidi, valutando con maggiore precisione il loro impatto prima di passare ai costosi trial clinici sull’uomo.
Il futuro della ricerca neuropsichiatrica sembra quindi orientato verso modelli sempre più sofisticati e biologicamente fedeli, superando i limiti imposti dalla dipendenza esclusiva da modelli animali o studi post-mortem per comprendere il funzionamento del nostro organo più complesso.