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L’universo è più connesso di quanto pensiamo

La non località quantistica emerge dall'indistinguibilità delle particelle identiche secondo uno studio polacco pubblicato su npj Quantum Information.

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a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor

Pubblicato il 07/11/2025 alle 08:50

La notizia in un minuto

  • La non località quantistica emerge direttamente dall'indistinguibilità delle particelle identiche, un postulato basilare della meccanica quantistica, ed è quindi tessuta nel tessuto stesso dell'universo più profondamente di quanto si pensasse
  • Ricercatori polacchi hanno dimostrato che quasi tutti gli stati bosonici e tutti gli stati fermionici manifestano correlazioni non locali osservabili attraverso esperimenti ottici passivi, senza che le particelle abbiano mai interagito tra loro
  • Lo studio fornisce un criterio generale costruttivo per progettare esperimenti concreti che rivelino questa forma primordiale di non località, aprendo la prospettiva di una risorsa di entanglement universale e accessibile
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

La non località quantistica, quella proprietà sconcertante per cui particelle distanti nello spazio si comportano come un unico sistema interconnesso, potrebbe essere tessuta nel tessuto stesso dell'universo in modo ancora più profondo di quanto si pensasse. Una ricerca condotta da fisici teorici polacchi dell'Istituto di Fisica Nucleare dell'Accademia Polacca delle Scienze (IFJ PAN) di Cracovia e dell'Istituto di Informatica Teorica e Applicata (IITiS PAN) di Gliwice dimostra che questa caratteristica fondamentale emerge direttamente dall'indistinguibilità delle particelle identiche, un postulato basilare della meccanica quantistica. Lo studio, pubblicato sulla rivista npj Quantum Information, rivela che quasi tutti gli stati quantistici di particelle identiche possono manifestare correlazioni non locali osservabili sperimentalmente.

Il punto di partenza è un principio apparentemente semplice ma dalle conseguenze straordinarie: tutte le particelle dello stesso tipo – che siano fotoni, elettroni o qualsiasi altra specie – sono per loro natura intrinseca indistinguibili. Questo significa che un elettrone sulla Terra e un elettrone in una galassia lontana non sono semplicemente "simili": secondo la meccanica quantistica, sono genuinamente identici, impossibili da etichettare o distinguere individualmente. Questa indistinguibilità fondamentale porta alla divisione tra fermioni e bosoni, determinando la struttura degli atomi e la natura stessa delle interazioni fisiche.

La sfida affrontata dai ricercatori riguarda l'applicazione del concetto di non località di Bell a questo scenario. John Stewart Bell, fisico nordirlandese, formulò negli anni Sessanta un criterio sperimentale per identificare fenomeni che non ammettono spiegazioni locali: le famose disuguaglianze di Bell. Quando sistemi quantistici entangled violano queste disuguaglianze, dimostrano che nessuna teoria basata su variabili nascoste locali può riprodurre le correlazioni osservate. Tuttavia, il framework classico di Bell presuppone sistemi distinguibili che possono essere inviati a laboratori separati – Alice e Bob, nella tradizione della fisica quantistica – e sottoposti a misure indipendenti.

Come spiega il dottor Pawel Blasiak dell'IFJ PAN, con particelle identiche questo schema concettuale collassa: "Nella pratica, non misuriamo 'questa particolare' particella, ma 'una' particella in una data posizione. La fisica quantistica resiste costantemente a ogni tentativo di assegnare etichette individuali, ed è precisamente per questo che lo scenario classico di Bell non può essere applicato qui". L'indistinguibilità richiede infatti la simmetrizzazione o antisimmetrizzazione della funzione d'onda in sistemi con particelle multiple, offuscando persino il concetto stesso di entanglement.

Quasi tutti gli stati bosonici e tutti gli stati fermionici si rivelano risorse non locali, accessibili attraverso esperimenti ottici passivi

La domanda cruciale posta dai fisici polacchi era se questa forma primordiale di non località – derivante esclusivamente dall'identità delle particelle, senza richiedere interazioni precedenti – potesse essere dimostrata sperimentalmente utilizzando soltanto elementi ottici lineari passivi: specchi, divisori di fascio e rivelatori di particelle. Tali sistemi possono essere configurati in modo che le particelle propaganti non si incontrino mai in alcun punto. Se le disuguaglianze di Bell venissero comunque violate in queste condizioni, ciò implicherebbe che la non località osservata non è un sottoprodotto delle interazioni sperimentali, ma la manifestazione di qualcosa di veramente fondamentale.

La complessità del problema è notevole: sia il numero di possibili configurazioni ottiche che la diversità degli stati di particelle identiche appaiono virtualmente illimitati. I ricercatori hanno domato questa complessità impiegando un arsenale di strumenti matematici sofisticati, tra cui l'interferometro di Yurke-Stoler, tecniche di post-selezione, il concetto di "cancellazione quantistica", l'induzione matematica e un'ampia esperienza nella costruzione di modelli a variabili nascoste. Il risultato è un criterio generale che permette di identificare chiaramente la non località per qualsiasi stato contenente un numero fisso di particelle identiche.

Le conclusioni dello studio sono sorprendenti nella loro portata: tutti gli stati fermionici e quasi tutti gli stati bosonici si rivelano risorse non locali, con l'eccezione di una ristretta classe di stati bosonici riducibili a una singola modalità. Come sottolinea il dottor Marcin Markiewicz dell'IITiS PAN, la dimostrazione è interamente costruttiva: non si limita a stabilire l'esistenza teorica della non località, ma mostra passo dopo passo come progettare esperimenti ottici concreti che la rivelino per lo stato sotto investigazione.

Questa ricerca apre prospettive affascinanti sulla natura della realtà fisica. Esperimenti contemporanei sull'entanglement tipicamente ne creano forme artificiali attraverso interazioni controllate tra particelle. Ora emerge che la meccanica quantistica indica un meccanismo più fondamentale: la non località potrebbe manifestarsi tra particelle che non hanno mai interagito precedentemente, semplicemente in virtù della loro natura identica. Come conclude Blasiak, "tutto sembra suggerire che la non località sia davvero intessuta nel tessuto dell'universo stesso, con la fonte di questa straordinaria proprietà che risiede nel postulato apparentemente semplice della natura identica delle particelle dello stesso tipo".

Resta da comprendere molto su questa "identità miracolosa" delle particelle, come la definirono nel 1973 i fisici Charles Misner, John Wheeler e il futuro premio Nobel Kip Thorne nel loro trattato Gravitation, dove osservarono che nessuna spiegazione accettabile per questo fenomeno era mai stata formulata. Le implicazioni teoriche sono profonde: se la non località è una proprietà intrinseca dell'universo, emergente dall'indistinguibilità stessa delle particelle, questo potrebbe rappresentare una risorsa di entanglement universale e accessibile. Le domande sulla natura della realtà e sull'interpretazione della meccanica quantistica acquisiscono nuova risonanza, promettendo di ispirare generazioni di ricercatori nei decenni a venire. Il prossimo passo sarà verificare sperimentalmente queste predizioni teoriche, implementando le configurazioni ottiche proposte per osservare direttamente questa forma primordiale di non località quantistica.

Fonte dell'articolo: phys.org

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