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L'espansione dell'universo sta rallentando?

Un team sudcoreano sostiene che l'universo avrebbe iniziato a decelerare 1,5 miliardi di anni fa, mettendo in discussione l'energia oscura e le teorie attuali.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor

Pubblicato il 06/11/2025 alle 08:50

La notizia in un minuto

  • Ricercatori sudcoreani sostengono che l'universo avrebbe iniziato a decelerare 1,5 miliardi di anni fa, mettendo in discussione l'esistenza dell'energia oscura e aprendo allo scenario del Big Crunch
  • La controversia si basa sul "bias dell'età" delle supernovae di tipo Ia: la loro luminosità varierebbe secondo l'età stellare, distorcendo le misurazioni dell'espansione cosmica
  • La comunità scientifica reagisce con profondo scetticismo, mentre il Vera C. Rubin Observatory potrebbe risolvere definitivamente la questione catalogando decine di migliaia di nuove supernovae
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

La comprensione dell'espansione cosmica, uno dei pilastri della cosmologia moderna, potrebbe trovarsi di fronte a una svolta controversa. Un gruppo di ricercatori sudcoreani guidato da Young-Wook Lee dell'Università Yonsei ha avanzato l'ipotesi che l'universo non si stia espandendo a un ritmo accelerato come si ritiene dal 1998, ma che al contrario avrebbe iniziato a decelerare circa 1,5 miliardi di anni fa. La proposta, che mette in discussione l'esistenza stessa dell'energia oscura – la misteriosa forza cosmica che valse il Premio Nobel per la Fisica nel 2011 – sta generando un acceso dibattito nella comunità scientifica internazionale, con diversi astrofisici che sollevano critiche metodologiche significative.

Al centro della controversia si trovano le supernovae di tipo Ia, esplosioni stellari che gli astronomi utilizzano come "candele standard" per misurare le distanze cosmiche. Questi eventi catastrofici si verificano quando una nana bianca (il nucleo residuo di una stella simile al Sole) accumula materia da una compagna binaria fino a raggiungere una massa critica ed esplodere. Tradizionalmente, si è ritenuto che tutte le supernovae di tipo Ia presentassero una luminosità intrinseca uniforme, caratteristica che le rende strumenti affidabili per cartografare l'universo distante e misurarne l'espansione.

Il team di Lee ha analizzato 300 galassie ospiti di supernovae e sostiene che la luminosità di questi eventi cosmici varia fortemente in funzione dell'età delle stelle progenitrici. Secondo i ricercatori sudcoreani, questo "bias dell'età" avrebbe distorto le osservazioni precedenti: le supernovae distanti apparirebbero più deboli non a causa di un'accelerazione dell'espansione cosmica, ma semplicemente perché originate da popolazioni stellari più giovani. Correggendo questo presunto effetto sistematico, l'accelerazione cosmica scomparirebbe dai dati osservativi.

Le implicazioni di questa reinterpretazione sarebbero radicali. Se confermata, l'ipotesi renderebbe superflua l'energia oscura, quella componente che secondo il modello cosmologico standard costituisce circa il 68% dell'universo e ne governa l'espansione accelerata. Ancora più sorprendente, Lee suggerisce che la decelerazione attuale potrebbe preludere a un'inversione futura del processo espansivo, uno scenario che gli astrofisici chiamano "Big Crunch", un collasso cosmico che rappresenterebbe l'inverso del Big Bang avvenuto 13,8 miliardi di anni fa. Come afferma lo stesso Lee, un fenomeno che fino a ieri era "fuori discussione" diventerebbe ora "una possibilità concreta".

Se l'universo avesse iniziato a decelerare 1,5 miliardi di anni fa, il Big Crunch da impossibilità teorica diventerebbe uno scenario cosmologico plausibile

La comunità scientifica internazionale ha reagito con profondo scetticismo. Adam Riess, ricercatore presso lo Space Telescope Science Institute e co-vincitore del Nobel 2011 per la scoperta dell'espansione accelerata, ha sottolineato come il gruppo coreano avesse già proposto argomentazioni simili nel 2020, successivamente confutate. Riess evidenzia che determinare l'età stellare delle progenitrici di supernovae a grandi distanze cosmiche presenta sfide metodologiche enormi, e che il team di Lee ha utilizzato un'età stellare media derivata dalla galassia ospite, approccio che secondo lui poggia su basi teoriche deboli data l'incertezza sui meccanismi di formazione stellare.

Mark Sullivan dell'Università di Southampton riconosce l'esistenza di effetti legati all'età nelle supernovae di tipo Ia, ma sottolinea che questi sono già incorporati nelle misurazioni attuali dell'energia oscura. Sullivan si dichiara "molto scettico" sulla possibilità che questi fattori possano invertire completamente la conclusione di un universo in accelerazione. La questione potrebbe trovare una risoluzione definitiva grazie alle osservazioni del Vera C. Rubin Observatory in Cile, che dovrebbe catalogare decine di migliaia di nuove supernovae di tipo Ia, contro le poche migliaia attualmente note, permettendo di "mappare la storia dell'espansione" dell'universo con una profondità temporale senza precedenti.

Parallelamente a questa controversia, la natura stessa dell'energia oscura rimane avvolta nel mistero. Quest'anno, risultati preliminari del Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI) hanno suggerito che l'energia oscura potrebbe non essere una forza costante come ipotizzato dalla costante cosmologica di Einstein, ma variare nel tempo cosmico. Come osserva Ed Macaulay della Queen Mary University di Londra, "l'ago della bilancia punta sempre più verso un'energia oscura dinamica, non una costante cosmologica". Sebbene questo non implichi una decelerazione attuale dell'universo, indicherebbe che il tasso di espansione potrebbe aver subito variazioni nel corso della storia cosmica, aprendo interrogativi fondamentali sulla natura ultima delle forze che plasmano il destino del nostro universo.

Fonte dell'articolo: www.newscientist.com

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