Una classe di molecole straordinariamente piccole potrebbe aprire prospettive inedite dove i farmaci convenzionali hanno finora mostrato limiti evidenti. Si tratta dei nanocorpi, proteine microscopiche presenti naturalmente nel sistema immunitario di camelidi come cammelli, lama e alpaca, la cui peculiare struttura molecolare consente di superare la barriera emato-encefalica con un'efficienza superiore rispetto agli anticorpi tradizionali. Uno studio pubblicato il 5 novembre sulla rivista Trends in Pharmacological Sciences del gruppo Cell Press delinea come queste biomolecole possano rappresentare un ponte terapeutico tra i farmaci a piccole molecole e gli anticorpi monoclonali, offrendo nuove possibilità per il trattamento di patologie complesse come la schizofrenia e la malattia di Alzheimer.
La scoperta dei nanocorpi risale ai primi anni '90, quando ricercatori belgi impegnati nello studio del sistema immunitario dei camelidi identificarono una forma semplificata di anticorpo composta esclusivamente da catene pesanti, priva delle catene leggere presenti negli anticorpi convenzionali dei mammiferi. Il frammento attivo di questi anticorpi atipici, denominato appunto nanocorpo, misura circa un decimo delle dimensioni di un anticorpo standard e costituisce un'unicità evolutiva: tra i mammiferi questa caratteristica è esclusiva dei camelidi, sebbene strutture analoghe siano state osservate in alcuni pesci cartilaginei. Questa architettura molecolare compatta conferisce ai nanocorpi proprietà farmacologiche distintive, particolarmente rilevanti per applicazioni nel sistema nervoso centrale.
Philippe Rondard, ricercatore presso il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) di Montpellier e co-autore senior dello studio, sottolinea l'importanza paradigmatica di questa classe terapeutica: "I nanocorpi di camelidi inaugurano una nuova era delle terapie biologiche per i disturbi cerebrali e rivoluzionano il nostro modo di concepire gli approcci terapeutici. Riteniamo possano costituire una classe farmacologica intermedia tra gli anticorpi convenzionali e le piccole molecole". Mentre le terapie basate su anticorpi hanno dimostrato efficacia consolidata nel trattamento di neoplasie e patologie autoimmuni, il loro impiego nei disturbi neurologici è stato finora limitato da barriere sia farmacocinetiche che farmacodinamiche. Anche i pochi trattamenti anticorpali approvati per malattie neurodegenerative, come alcune terapie per l'Alzheimer, presentano profili di effetti collaterali problematici che ne limitano l'applicabilità clinica.
Dal punto di vista biochimico, i nanocorpi presentano una solubilità elevata e possono penetrare nel parenchima cerebrale mediante diffusione passiva, come spiega Pierre-André Lafon, anch'egli del CNRS e co-autore dello studio. Al contrario, i farmaci a piccole molecole progettati per attraversare la barriera emato-encefalica sono tipicamente idrofobici, caratteristica che ne compromette la biodisponibilità e aumenta il rischio di interazioni non specifiche con target molecolari non desiderati, fenomeno correlato all'insorgenza di effetti avversi. Esperimenti condotti su modelli murini di schizofrenia e altri disturbi neurologici hanno già dimostrato la capacità dei nanocorpi di ripristinare comportamenti normali, fornendo una validazione preclinica della loro potenziale efficacia terapeutica.
Oltre alle proprietà biologiche intrinseche, i nanocorpi offrono vantaggi significativi nei processi di produzione e ingegnerizzazione. La loro struttura semplificata facilita sia la sintesi che la purificazione rispetto agli anticorpi tradizionali, e la loro architettura molecolare permette modificazioni precise per modulare la selettività verso specifici bersagli molecolari nel tessuto nervoso. Questa versatilità ingegneristica rappresenta un elemento cruciale per lo sviluppo di terapie personalizzate capaci di agire su circuiti neuronali specifici o su proteine patologiche caratteristiche di determinate malattie neurodegenerative.
Prima che i farmaci basati su nanocorpi possano essere testati in studi clinici sull'uomo, rimangono tuttavia diverse tappe fondamentali da completare. Il gruppo di ricerca identifica la necessità di condurre studi tossicologici completi e valutazioni di sicurezza a lungo termine, elemento particolarmente critico considerando che molte patologie neurologiche richiedono trattamenti cronici. È inoltre essenziale determinare la cinetica di eliminazione dei nanocorpi dal tessuto cerebrale e la durata della loro attività farmacologica, parametri indispensabili per definire protocolli posologici accurati. Rondard precisa ulteriormente: "Per quanto riguarda i nanocorpi stessi, è necessario valutarne la stabilità strutturale, confermarne il corretto ripiegamento proteico e garantire l'assenza di fenomeni di aggregazione. Sarà inoltre necessario ottenere nanocorpi di grado clinico e formulazioni stabili che mantengano l'attività durante conservazione e trasporto prolungati".
Il laboratorio di Montpellier ha già avviato la caratterizzazione sistematica di questi parametri per alcuni nanocorpi capaci di penetrare nel sistema nervoso centrale, dimostrando recentemente che le condizioni di trattamento sono compatibili con somministrazioni croniche. La ricerca è stata supportata finanziariamente da diversi enti francesi ed europei, tra cui il CNRS, l'Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM), l'Università di Montpellier e l'Agence Nationale de la Recherche attraverso molteplici progetti (ANR-20-CE18-0011, ANR-22-CE18-0003, ANR-25-CE18-0434), oltre al contributo della Fondation pour la Recherche Médicale e del LabEX MAbImprove. Questa convergenza di investimenti riflette l'interesse strategico europeo per tecnologie terapeutiche innovative capaci di affrontare il crescente burden delle malattie neurologiche, che rappresentano una delle sfide sanitarie più pressanti nelle società invecchiate. Le prospettive per i prossimi anni includono la messa a punto di formulazioni stabili per uso clinico e l'avvio dei primi studi di fase I per valutare sicurezza e tollerabilità nell'uomo, passaggio cruciale per tradurre questa promettente piattaforma tecnologica in opzioni terapeutiche concrete per pazienti affetti da patologie cerebrali attualmente intrattabili.