Il CEO di OpenAI Sam Altman ha rilanciato il dibattito sul ruolo dei governi nel settore dell'intelligenza artificiale, dichiarando pubblicamente di non volere garanzie statali per i data center della sua azienda. La posizione arriva in un momento cruciale per l'industria tech, mentre crescono i dubbi sulla sostenibilità della corsa all'AI generativa e sul rischio di una bolla speculativa. Analisti, ex dirigenti di Intel come Pat Gelsinger, e persino investitori veterani che hanno previsto la crisi dei mutui subprime del 2008, hanno sollevato interrogativi sulla reale redditività degli investimenti miliardari in infrastrutture AI.
Attraverso un post su X, Altman ha chiarito che OpenAI non cerca né desidera garanzie governative per i suoi data center. La dichiarazione rappresenta una presa di posizione netta in un settore dove le partnership pubblico-privato stanno diventando sempre più comuni. "I governi non dovrebbero scegliere vincitori o perdenti, e i contribuenti non dovrebbero salvare aziende che prendono decisioni commerciali sbagliate", ha affermato il CEO, aggiungendo senza mezzi termini che se OpenAI dovesse fallire nel suo obiettivo, dovrebbe semplicemente uscire dal mercato.
La visione di Altman propone invece un modello alternativo: i governi dovrebbero costruire la propria infrastruttura AI e beneficiarne direttamente, piuttosto che sostenere aziende private. Secondo il CEO, la creazione di una "riserva strategica nazionale di potenza di calcolo" avrebbe senso, ma esclusivamente per vantaggi pubblici, non per supportare il business di singole corporation. Questa posizione teorica contrasta però con la realtà dei rapporti tra OpenAI e le istituzioni governative, che continuano a intensificarsi.
Nonostante le dichiarazioni di principio, OpenAI sta attivamente collaborando con governi su entrambe le sponde dell'Atlantico. Nel luglio scorso, l'amministrazione Trump ha presentato il suo piano d'azione AI per accelerare la costruzione di data center, produrre hardware dedicato all'AI e rimuovere le regolamentazioni federali sull'intelligenza artificiale, con l'obiettivo dichiarato di "vincere la corsa all'AI". Gli interessi convergono: l'America vuole portare più produzione entro i confini nazionali, e OpenAI necessita di capacità di calcolo sempre maggiori per addestrare i suoi modelli linguistici di grandi dimensioni.
Altman ha menzionato specificamente le garanzie sui prestiti del governo statunitense per la costruzione di fab di semiconduttori sul territorio americano, un tema che si allinea perfettamente con l'approccio tariffario aggressivo dell'amministrazione Trump nel 2025. La strategia industriale degli Stati Uniti punta alla sovranità tecnologica, mentre OpenAI ha bisogno di garantirsi l'accesso a chip avanzati per i suoi data center. Ad agosto scorso, il CEO aveva dichiarato che l'azienda intende spendere cifre nell'ordine dei trilioni di dollari per la costruzione di data center "in un futuro non molto distante".
Anche il Regno Unito ha formalizzato il suo coinvolgimento con OpenAI. Nel luglio 2024, il governo britannico ha firmato un "memorandum d'intesa" con l'azienda per facilitare la creazione di posti di lavoro tech ad alta retribuzione, stimolare investimenti in infrastrutture e garantire al paese un ruolo attivo nello sviluppo di questa tecnologia trasformativa. Per l'Europa, questo solleva questioni di sovranità digitale simili a quelle che hanno accompagnato il dibattito sul cloud computing e il Digital Markets Act.
La scommessa di OpenAI si basa sulla convinzione che la domanda di capacità computazionale continuerà a crescere esponenzialmente. Altman ha confermato: "Questo è la scommessa che stiamo facendo, e dal nostro punto di osservazione, ci sentiamo sicuri". Tuttavia, la natura stessa di questa strategia solleva interrogativi tecnici ed economici. L'addestramento e l'inferenza di modelli sempre più grandi richiede throughput di dati colossali, TDP elevati per le GPU specializzate, e infrastrutture di raffreddamento massicce, con costi energetici crescenti in un contesto europeo dove l'efficienza energetica è sempre più regolamentata.
La questione finale rimane aperta e paradossale: se i governi seguissero il consiglio di Altman e investissero massicciamente nella propria infrastruttura AI, chi li salverebbe in caso di fallimento? A differenza delle aziende private che possono dichiarare bancarotta, i progetti infrastrutturali governativi vengono pagati dai contribuenti, sollevando questioni di accountability ancora più delicate di quelle che Altman stesso critica.