Uno studio condotto su oltre 100.000 giovani adulti ha dimostrato che possedere uno smartphone prima dei 13 anni può compromettere la salute mentale in modo significativo. Pubblicata sul Journal of Human Development and Capabilities, la ricerca mostra che chi ha ricevuto il primo dispositivo a 12 anni o prima presenta più pensieri suicidari, aggressività e distacco dalla realtà tra i 18 e i 24 anni.
I dati del Global Mind Project di Sapien Labs rivelano un legame diretto tra l’età di acquisizione del primo smartphone e il punteggio del Mind Health Quotient, che valuta il benessere sociale, cognitivo ed emotivo. Chi ha avuto il telefono a 13 anni ha totalizzato in media 30 punti, contro appena 1 punto di chi lo ha ricevuto già a 5 anni.
I meccanismi nascosti dietro il danno
Secondo la neuroscienziata Tara Thiagarajan, autrice principale dello studio, l’accesso precoce ai social media spiega circa il 40% dell’associazione tra smartphone infantili e problemi mentali futuri. Altri fattori rilevanti includono il peggioramento delle relazioni familiari (13%), i disturbi del sonno (12%) e il cyberbullismo (10%). Thiagarajan sottolinea che i sintomi riscontrati nei giovani adulti non corrispondono ai tradizionali segnali di ansia e depressione, ma a forme più gravi di disconnessione dalla realtà, aggressività e pensieri suicidari, con potenziali conseguenze sociali significative.
Diverse nazioni hanno introdotto divieti o restrizioni agli smartphone nelle scuole, tra cui Francia, Paesi Bassi, Italia e Nuova Zelanda. Negli Stati Uniti, New York è diventato il più grande stato a vietarli, seguendo altri come Alabama, Arkansas e North Dakota. Tuttavia, il rispetto delle regole sui social media rimane debole, nonostante l’età minima di 13 anni fissata da molte piattaforme. Un rapporto olandese ha già mostrato miglioramenti nella concentrazione scolastica dopo l’introduzione delle restrizioni.
Verso una strategia di prevenzione
Gli studiosi suggeriscono un approccio simile a quello adottato per alcol e tabacco, con quattro raccomandazioni chiave: alfabetizzazione digitale obbligatoria, identificazione attiva delle violazioni d’età sui social, limiti all’uso delle piattaforme e restrizioni graduate per gli smartphone.
Anche se non è stata provata una causalità diretta, gli autori evidenziano che la scala del potenziale danno è troppo grande per attendere prove definitive. L’impatto osservato a livello globale, costante nonostante le differenze culturali e sociali, indica che il problema non è circoscritto, ma strutturale.