Galaxy Tab non si venderà in Europa, colpa di Apple

Apple ottiene una vittoria nello scontro con Samsung sui brevetti. Non si potrà vendere il Galaxy Tab 10.1 in Europa, almeno per il momento. Con la stagione natalizia alle porte, le prospettive sono terribili per l'azienda coreana.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Apple ha ottenuto il fermo alle vendite del Samsung Galaxy Tab 10.1 in Europa (eccetto l'Olanda). Si tratta di un ingiunzione preliminare emessa da un giudice tedesco, persuaso che l'azienda di Cupertino alla fine dimostrerà che Samsung ha copiato i suoi prodotti. I dirigenti Samsung hanno detto che cercheranno "con ogni mezzo" di farla ritirare.

Galaxy .... io sono tuo padre

La questione però non riguarda solo l'Europa. Come scrivevamo pochi giorni fa "Secondo l'avvocato di Apple il Galaxy Tab 10.1 infrange dieci brevetti", ma in totale ci sono più di quaranta brevetti in gioco (registrati negli Stati Uniti).

In Australia le due aziende sono riuscite a trovare un insolito accordo, grazie al quale Samsung non venderà il Galaxy Tab fino a processo terminato, ed Apple pagherà eventuali danni se dovesse perdere il processo. Stessa cosa che accadrà in Europa. Un'ingiunzione preliminare infatti non è una sentenza definitiva: a un primo esame i giudici hanno creduto che Apple vincerà la causa, ma se non fosse così la casa della mela morsicata dovrà sborsare un bel po' di quattrini.

Lo scorso aprile Apple ha accusato Samsung di fare copie sfacciate dei propri prodotti, e ora i giudici di tutto il mondo dovranno decidere se sia veramente così oppure no. Una situazione piuttosto complessa, che in totale coinvolge almeno 40 diversi brevetti statunitensi.

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Samsung in ogni caso non è l'unica a dover affrontare le ire di Jobs e compagnia: Apple infatti ha denunciato anche Motorola per lo Xoom (Motorola Xoom, scocca in metallo e autonomia elevata), ma per ora non è dato sapere se sia stata richiesto il blocco delle vendite.

Per il momento a rimetterci è Samsung, ma anche tutti i consumatori europei e australiani, che avranno meno scelte nell'acquisto di un tablet. Una situazione che ancora una volta spinge a riflettere sulle norme che regolano la proprietà intellettuale e a chiedersi se siano ancora un valido strumento per sostenere l'innovazione, oppure il contrario.