Smartphone accesi per tre giorni di fila, merito della sabbia

Lo smartphone non dura più di una giornata? La sabbia di mare potrebbe correre in aiuto triplicando l'autonomia dei nostri dispositivi tecnologici.

Avatar di Manolo De Agostini

a cura di Manolo De Agostini

Quante volte siete rimasti improvvisamente "a secco" con la batteria dello smartphone? Tantissime volte probabilmente, ma in futuro la situazione potrebbe ripetersi con minore frequenza grazie alla sabbia. Sì, avete letto bene. Ricercatori della University of California hanno usato questo materiale per creare una batteria agli ioni di litio capace di garantire un'autonomia tre volte maggiore rispetto agli standard correnti.

"Batteria di sabbia" con autonomia triplicata rispetto alle soluzioni tradizionali

Tutto parte dall'assunto che la sabbia di alcune aree può essere composta principalmente di quarzo o diossido di silicio. Inoltre è un materiale ampiamente disponibile, non è tossica e soprattutto è ecologica. Ed è proprio usando la sabbia ricca di quarzo della riserva naturale di Cedar Creek che i ricercatori statunitensi hanno creato un anodo - il lato negativo della batteria - in silicio.

Oggi il materiale più diffuso per la creazione di questo elettrodo è la grafite, ma il costante aumento della densità energetica ha messo a nudo i limiti di questo materiale, sempre più inadeguato ai bisogni futuri. Il silicio rappresenta un'alternativa molto interessante, da anni si svolgono ricerche in merito, ma ci sono dei problemi: il silicio in nanoscala si degrada rapidamente ed è difficile da produrre in grandi quantità.

I ricercatori della UCR, da sinistra: Mihrimah Ozkan, Cengiz Ozkan e Zachary Favors

Alla University of California ritengono di avere scoperto come eliminare ogni complicazione. Hanno preso la sabbia della riserva, l'hanno lavorata in scala nanometrica e poi hanno effettuato alcuni passaggi di purificazione che hanno cambiato il colore dei granelli, passato da marrone a un bianco brillante simile allo zucchero a velo.

Dopodiché hanno preso del sale e del magnesio macinati, aggiungendoli al quarzo purificato. La polvere ottenuta è stata poi riscaldata. Il sale ha agito come un assorbitore di calore, mentre il magnesio ha rimosso l'ossigeno dal quarzo permettendo così di ottenere silicio puro.

I passaggi: dalla sabbia non purificata (b) si passa alla sabbia purificata (c).  L'immagine (d) mostra, una dopo l'altra, fiale di sabbia non purificata, sabbia purificata e nanosilicio

Un processo tutto sommato semplice, accompagnato da una piacevole sorpresa. Il silicio ottenuto ha dimostrato una consistenza che i ricercatori descrivono come "una spugna di silicio 3D porosa". Tale porosità si è dimostrata essere la chiave per migliorare le prestazioni delle batterie basate su anodi in silicio.

I primi test hanno permesso di rilevare un'autonomia tre volte maggiore rispetto alle soluzioni tradizionali. In parole povere in futuro potremmo avere smartphone e tablet in grado di funzionare per tre giorni di fila senza necessità di ricarica. Per far sì che la ricerca lasci il laboratorio per passare alla produzione commerciale sono necessari alcuni step.

Schema che mostra come la sabbia si trasforma in nanosilicio puro

Il team di ricercatori sta infatti provando a produrre maggiori quantità di questo "nanosilicio" ricavato dalla sabbia di mare e sta pensando di sperimentare la propria scoperta passando dalle batterie tampone a soluzioni simili a quelle adottate negli smartphone. Inutile dire quindi che ci vorrà un po' di tempo per vedere batterie di questo genere in commercio, sempre che tutto prosegua senza intoppi e trovi il gradimento di qualche colosso dell'industria pronto a scommetterci.

Per non saper né leggere né scrivere tutto il processo descritto è stato brevettato. La ricerca invece è stata pubblicata su Nature Scientific Reports.