Smartphone proibiti ai concerti e in discoteca, sigillati all'ingresso

Si stanno diffondendo soluzioni per proibire l’uso dello smartphone durante i concerti e altri eventi pubblici

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Lo smartphone può essere una gran cosa ma anche una gran seccatura, e ci sono situazioni in cui diventa proprio fastidioso. Si sta così diffondendo l’abitudine di proibirne l’utilizzo, pena l’allontanamento dagli eventi pubblici.

Succede in certi concerti per esempio, o in certi locali. All’ingresso bisogna mettere il telefono dentro una custodia sigillata, o accettare di posizionare un adesivo sulla fotocamera.

In questo modo, si suppone, le persone non si metteranno a registrare video e foto, e si evita così un fenomeno che toglie impedisce di vivere pienamente il momento. Diversi artisti hanno imposto questo vincolo al proprio pubblico, tra cui troviamo nomi famosi come Bob Dylan, Alicia Keys, John Mayer, Guns'N Roses e altri ancora.

C’è anche una startup, Yondr, che sta costruendo un business su questo fenomeno, racconta il Corriere della Sera, producendo e vendendo questa speciale custodia: sembra tanto una comune custodia in tessuta abbinata a una spilla antitaccheggio, o qualcosa del genere.

Chi volesse usare il telefono durante il concerto potrà recarsi in una zona apposita, un po’ come l’area fumatori negli aeroporti, ma con un odore migliore. Secondo le fonti, a Yondr andranno 5 euro del costo del biglietto.

L’azienda, che sicuramente non è l’unica del suo settore, ha già in mente idee per espandere l’utilizzo della sua creazione, dalle scuole ai teatri, dove in alcuni casi è stata già utilizzata. Trova applicazione anche in molti locali, dove succede la stessa cosa: troppe persone che guardano lo schermo, filmano o fanno video, e finiscono per rovinare l’esperienza a tutti.

È un’idea sensata ma non è priva di criticità; tanto per cominciare, è sempre un fallimento se ti trovi a dover obbligare le persone a fare qualcosa perché non sei riuscito a creare la cultura corretta. Un fallimento di tutti noi, che non siamo stati capaci di insegnare e di imparare ad avere un rapporto sano con questi dispositivi.

Anzi, negli ultimi anni la nostra socialità sembra essersi evoluta apposta per accogliere una loro presenza sempre più pervasiva. Eravamo tutti contenti, e adesso scopriamo che invece non ci piace, così corriamo a metterci una pezza.

Ma di tensioni non risolte ce ne sono anche altre, come quella sulla sicurezza. Da una parte chiediamo più videocamere per sentirci più sicuri, e più di una volta i video girati dai privati cittadini hanno fatto la differenza nel prevenire crimini o almeno nel comprendere cosa è successo ex post.

Fino a non molto tempo fa il citizen journalism ci sembrava una gran cosa, anzi negli ultimi anni sono forze dell’ordine pubbliche e private hanno aggiunto le bodycam al loro equipaggiamento - ma bisogna ancora sciogliere alcuni riguardo a chi e quando si può accedere ai quei video.

Comunque, c’è un generale accordo che una maggiore diffusione dei video, in spazi pubblici, possa aumentare la sicurezza. Ma adesso stiamo proponendo di partecipare a eventi con migliaia di persone, occasioni dove spesso e volentieri qualcuno si fa male o ci sono aggressioni, privando le persone di quell’occhio in più.

L’idea di “godersi il momento” è giustissima, ma non sono sicuro che l’imposizione di un divieto sia la strada giusta per arrivarci.