Black & White compie 21 anni ed è ancora oggi un'opera insuperata

Black & White compie la bellezza di ben 21 anni e pensate un po', è ancora uno dei videogiochi più incredibili della storia

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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

Proprio qualche giorno fa vi avevo parlato dei 16 anni di Oblivion.... bene, ora fate un respiro profondo perché ho decisamente voglia di farvi sentire ancora più anzianotti: Black & White compie ben 21 anni e, diciamocelo chiaramente, rimane ancora oggi un capolavoro insuperabile.

Se non doveste conoscere Black & White ora è decisamente il momento di scoprirlo (e per tutti quelli che, invece, hanno dato fuoco a villaggi o dato vita a "cornucopie infinite", magari potrebbe essere arrivato il tempo di riscoprirlo).

Black & White è un videogioco del 2001, la prima grande opera di Lionhead Studios, lo studio sorto dalle ceneri di Bullfrog e capitanato dal genio (ormai ex) di Peter Molyneux. Ora, senza piangere sul fatto che lo studio inglese non esista più (fu chiuso da Microsoft nel 2015 dopo lo sviluppo travagliato di Fable Legends), cerchiamo di capire effettivamente del perché Black & White è ancora oggi amatissimo (e sarebbe stato anche incredibilmente perfetto per Kinect, ma perché diavolo Xbox non ci ha pensato per un terzo capitolo?!).

Peter Molyneux, lo sapete, era un designer sopra le righe, ricco di idee e super ambizioso ma che non riuscì mai a realizzare quello che realmente voleva a causa di risorse limitate e tecnologie non ancora al passo con i tempi, ciò lo portarono a essere considerato un vero e proprio "bugiardo" dell'industria, un fatto che il buon Molyneux non prese bene, portandolo ad avere una crisi artistica piuttosto evidente. Sin dai tempi di Bullfrog, il suo desiderio era creare esperienze uniche e originali, magari impersonando un Dio... di tanto in tanto. I God Game, d'altro canto, sono figli proprio del suo genio e Black & White può essere visto come la naturale evoluzione di Popolous, il leggendario videogioco nato su Amiga nel 1989.

B&W era però diverso, sempre contornato da quell'ironia "british" così pungente da risultare spesso irriverente, ma con alcune caratteristiche talmente innovative, da renderlo ancora oggi speciale sotto diversi punti di vista.

Nell'avventura impersonavamo, guarda caso, un Dio, destinato a salvare il mondo... o distruggerlo. Questa dicotomia tra bene e male è sempre stato un focus nelle opere del designer inglese, perché voleva sempre che il giocatore potesse scegliere da che parte stare e come venire ricordati alla fine della storia. Una caratteristica che nel gioco non influiva solo in prima persona, ma che si rispecchiava anche nella nostra creatura, che dovevamo nutrire, far crescere e soprattutto educare.

La gestione dei nostri villaggi non era complicata, ma spettava a noi decidere come accrescere la nostra influenza ed eventualmente condividere altri popoli, scegliendo la via della benevolenza, fornendo cibo, acqua e legname, oppure quella del terrore, sacrificando gli abitanti o dando fuoco alle abitazioni. Tutto questo era possibile grazie all'utilizzo dei miracoli, che potevano essere eseguiti con alcune gestualità del mouse.

Quegli anni erano anche i tempi dove i doppiaggi videoludici erano alternati tra lavori sensazionali e scadenti adattamenti, nel caso di Black & White, per fortuna, eravamo su alti livelli. Ogni abitante ci trattava a seconda del loro stato d'animo, idolatrandoci o spesso insultandoci (ma gli insulti portavano quasi sempre a morte certa, chissà come mai...). Tutta l'ironia di Peter Molyneux era impressa proprio nei popolani, che spesso diventavano protagonisti di quest alquanto assurde (come i marinai della prima isola o l'immortale invincibile del secondo mondo, sempre pronto a sfidarci). Ciò rendevano Black & White la perla indimenticabile che è ancora tutt'oggi.

Tuttavia, nonostante le mille possibilità offerte dal gioco, la vera punta innovativa era senz'altro la creatura a nostra disposizione che abbiamo citato poc'anzi. Potevamo scegliere tra alcune tipologie differenti, ma tutte andavano necessariamente addestrate. Da piccole causavano solo danni e il guinzaglio era l'unico modo per tenerle a bada. Magari capitava che mangiavano gli abitanti o rompevano le casupole ed è proprio in quei momenti che dovevamo decidere se schiaffeggiarla per punirla o accarezzarla per darle consensi. Inoltre dovevamo farla giocare (si, potevamo anche "consigliarle" di lanciare gli abitanti come palle da calcio) e nutrirla. Potevamo insegnarle i miracoli e indirizzarla verso l'indipendenza o la pigrizia. Con il passare del tempo la creatura poteva diventare il miglior amico dei nostri villaggi (magari sfruttando anche i miracoli) oppure una vera e propria peste indisciplinata. In un mondo dove l'intelligenza artificiale non accenna a fare passi in avanti (se non in rari casi), le creature di Black & White sono ancora oggi dei veri e propri esempi di innovazione.

In realtà c'è solo un gioco che ha provato a prendere spunto dall'idea di Peter Molyneux, un insospettabile chiamato The Last Guardian. Trico, l'enorme creatura ideata da Fumito Ueda, era inizialmente vista dall'utenza (ma anche da molta parte della critica) come "legnosa" e poco responsiva ai nostri comandi. In realtà, Trico, aveva un'intelligenza artificiale basata sull'apprendimento, esattamente come quelle viste in B&W. Più la trattavamo bene e nutrivamo, più Trico rispondeva correttamente ai comandi, aiutandoci nelle varie attività.

A distanza di 21 anni non abbiamo ancora visto qualcosa di simile a Black & White, se non un secondo capitolo ottimo, ma lontano dall'originalità del primo leggendario episodio. La proprietà intellettuale rimane ancora in mano a Microsoft e sia mai che un giorno possa ritornare in auge grazie agli investimenti dell'azienda di Redmond, magari attraverso la realizzazione di un'esperienza VR assolutamente coerente con quello che rappresenta il gioco nella sua totalità. Fino ad allora non possiamo che vivere di ricordi, rigiocandolo e rivivendo momenti che ormai potrebbero essere solo, pura, nostalgia.