Che fine hanno fatto i bei giochi di corse di una volta?

Che fine hanno fatto le sale giochi? Dove sono finiti videogame di corse arcade fantastici come Ridge Racer e Daytona USA? Scoprilo insieme a me in questo articolo dove viaggio da un passato glorioso fino al presente dell'intrattenimento digitale.

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a cura di Gioele Maria Pignati

Facevo la scuola elementare. Un bel giorno andai a trovare un amico a casa sua. Ero molto emozionato perché mi avrebbe mostrato la sua prodigiosa PlayStation, un mostro casalingo capace di grafiche 3D favolose. Inserimmo il cd e dopo uno strano mini gioco a base di Galaxian ecco il logo sventolare sulla bandiera a scacchi: Ridge Racer! Auto coloratissime, un circuito sfavillante, un realismo visivo incredibile, musica ed effetti sonori reali ed una giocabilità fluidissima. Non avevo mai visto niente del genere. Dovevo comprare una PlayStation anch’io. Volevo la mia copia di Ridge Racer da giocare ogni volta che lo desideravo.

Qualche tempo dopo capitai in uno stabilimento balneare che aveva qualche bel cabinato. Uno in particolare attirò la mia attenzione: era un gioco di corse. Ma che dettaglio grafico aveva? Che belle canzoni! Era un tripudio di colori e di azione con 40 automobili che si sfidavano su tre coloratissimi circuiti. Il volante aveva pure il ritorno di forza. Daytona USA era semplicemente fantastico! Da quel giorno, ogni volta che in sala giochi mi imbattevo in quel coin-op, una partita in singolo o in compagnia era d’obbligo.

A quel tempo ero totalmente inconsapevole di aver avuto l’onore di vivere in un epoca di transizione che avrebbe segnato per sempre la storia del videogioco: Ridge Racer e Daytona USA rappresentavano letteralmente la corsa rocambolesca che i videogame stavano facendo per spingersi verso il futuro.

Il mondo di una volta

Negli anni ottanta le sale giochi spopolavano. Erano luoghi di aggregazione giovanile. Belle o brutte che fossero, ci si ritrovava in queste strutture per svagarsi un po’ con gli amici, per far vedere alle ragazze chi era il più forte con quel gioco difficilissimo o per nascondersi dai professori in un giorno in cui si era deciso di saltare la scuola. Era il tempo delle prime sigarette fumate di nascosto in un corridoio e di risse tra ragazzi. Purtroppo alcune sale giochi erano anche il covo di certi spacciatori locali. In generale però questi posti vengono ricordati come luoghi giovani e frizzanti.

Era il tempo di Street Fighter, Golden Axe, Hang-On, Out Run, Ghosts 'n Goblins, Bubble Bobble e chi più ne ha più ne metta. Il sogno di molti era di avere uno di questi fantastici cabinati a casa e così gli appassionati facevano a botte per accaparrarsi i porting casalinghi, spesso scadenti, dei propri arcade preferiti. Il confronto però non reggeva: la sala giochi restava superiore sotto tutti i punti di vista e specialmente sotto il profilo audiovisivo.

Prima c’erano stati gli 8 bit con pochi colori e suoni incomprensibili, poi presero piede i 16 bit con grafiche bidimensionali più colorate ed accattivanti ed un audio più piacevole. Fu tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta che però accadde qualcosa di sensazionale: il mondo dell’illusione videoludica stava per compiere un prodigioso balzo in avanti introducendo grafiche tridimensionali ed effetti sonori realistici. Questo stava avvenendo sia nelle sale giochi sia sui computer casalinghi, che ormai avevano conosciuto il sistema MS-DOS. E quali furono i primi giochi a beneficiare in maniera convincente di questa implementazione? I giochi di guida, che tra i vari cabinati andavano piuttosto forte.

Fu così che esordirono timidamente Winning Run di Namco, basato sul Namco System 21, Indianapolis 500: The Simulation di Papyrus, Hard Drivin’di Atari e Virtua Racing di Sega, forte della piattaforma Model 1. Erano giochi visivamente rozzi, incentrati su blocchi monocromatici e squadrati o su un mix di poligoni e sprite, ma abbastanza efficaci da iniziare a piantare i chiodi sulla bara che racchiudeva tutto ciò che li aveva preceduti. È però tra il 1993 ed il 1995 che esplode la bomba: arrivarono, prima in sala giochi e poi su console, Ridge Racer e Daytona USA ed il mondo non fu più lo stesso.

Il cambiamento

Tra 3D complesso e coloratissimo, 60 fps, una miriade di elementi in movimento su schermo, texture mapping, risoluzione a 640x480, goraud shading, musiche accattivanti ed effetti sonori lifelike, in sala un giro su questi giochi di auto prodigiosi era diventato praticamente obbligatorio per chi voleva godere del futuro dell’intrattenimento. Relativamente al mercato casalingo, nel caso di Daytona USA per Saturn si ebbe a che fare con un porting un po’scadente, mentre con Ridge Racer Namco riuscì a compiere un piccolo miracolo facendo girare il suo titolo in maniera sfavillante, seppur con alcune semplificazioni, pure sulla prima PlayStation. Inutile dire che il successo fu travolgente, arrivando a spingere non poco le vendite della neonata console di Sony. La sala giochi era entrata nel salotto di casa, stavolta per davvero e questo fu l’inizio della fine!

Negli anni novanta Namco, Sega ed altri valorosi sviluppatori si impegnarono a portare, sia nei cabinati sia ovviamente sulle più redditizie piattaforme casalinghe, incredibili progressi tanto a livello tecnologico che di giocabilità. I videogame si aprivano alle masse, una qualità audiovisiva superiore entrava nelle abitazioni degli utenti, internet emetteva i primi vagiti e la pirateria videoludica diventava un fenomeno dilagante a suon di dischi copiati. Nascevano marchi destinati ad imprimersi per sempre nella mente di tutti: Doom, Duke Nukem 3d, Need for Speed, Quake, Half Life, Tekken, Virtua Fighter, Gran Turismo, Tomb Raider e molti altri.

Con sempre maggiori leccornie a disposizione dell'utenza domestica, prima in Europa e poi in America, le sale giochi, a partire dalla fine degli anni novanta, hanno dovuto gradualmente chiudere i battenti. Le ultime strutture sopravvissute o presentavano giochi vecchi o si trasformavano in un tripudio di macchine sputa-biglietti destinate ai più piccoli. Infine è arrivato il Covid che ha dato l’ultima batosta ad una realtà praticamente decrepita. Persino in Giappone, paese dove gli arcade erano rimasti saldamente legati alla cultura popolare anche dopo che Dreamcast e PlayStation 2 avevano definitivamente sancito il pareggio tecnologico tra arcade e porting casalingo, un po’ per le tasse un po’ per la pandemia il settore sta lentamente andando in rovina. D’altronde abbiamo già visto Sega perdere i colpi, con la chiusura di una sala giochi storica ad Akihabara e con la vendita di decine di strutture in giro per il Giappone.

Non c’è stato scampo: ha vinto la comodità delle mura casalinghe ed oggi rimpiangiamo un’epoca diversa fatta di folle attorno ad un cabinato e di gettoni tintinnanti in tasca. Io ho avuto la fortuna di vivere gli ultimi echi di queste realtà accedendo ai coin-op di certe sale giochi sulla spiaggia, di strutture inserite in parchi divertimento e di piste da bowling. Una scazzottata a Tekken, qualche tiro a biliardo, una sparatoria a Time Crisis, quattro rullate a biliardino ed ovviamente una corsa con qualche gioco di auto.

E i giochi racing arcade?

Ma torniamo all’inizio e più precisamente ripartiamo dalla questione lanciata col titolo di questo articolo: che fine hanno fatto i bei giochi di corse di una volta? Che fine hanno fatto giochi di auto eccellenti come Ridge Racer e Daytona USA per l’appunto? In periodi differenti ho avuto modo di provare entrambi i titoli sia in versione cabinato che in versione casalinga ed è così che mi sono appassionato ai videogame racing arcade. Prima di scrivere questo articolo però mi sono chiesto: cosa significa davvero arcade? La risposta che mi sono dato è: arcade è tutto ciò che si ispira allo stile da sala giochi.

Inizialmente tutto partiva dal concetto di “prendere e giocare”, “easy to learn and difficult to master”: tutti possono iniziare, ma pochi possono padroneggiare il gioco a tal punto da vincere o da ottenere il punteggio migliore. In sala giochi non c’era quasi spazio per una giocabilità simulativa, che invece poteva essere approfondita maggiormente in un ambiente casalingo. I cabinati puntavano maggiormente sullo spettacolo, sui colori, sul coinvolgimento emotivo ed in generale su un’esperienza veloce ed esplosiva. Ridge Racer e Daytona USA rispondevano proprio ai canoni anzidetti: erano giochi veloci ed avvincenti, pervasi da un’atmosfera festosa e colorata, con uno stile di guida surreale fatto di derapate estreme, facili da prendere in mano ma difficili da addomesticare. Si correva su circuiti di fantasia con vetture inventate di sana pianta, mentre si godeva di fantastica musica creata appositamente per il gioco.

Mi domando: che fine hanno fatto questi titoli? C’è ancora posto per una formula del genere? Cos’è accaduto a queste opere lo vedremo tra breve, mentre la risposta alla seconda domanda è: forse no, lo spazio per questa categoria videoludica è quasi esaurito . Volete sapere se mi piacerebbe mettere le mani su un nuovo capitolo mainstream di questa tipologia di giochi? Certamente, ma poi mi chiedo: in quanti saremmo ancora disposti a comprare questo genere di videogame? Certamente in meno di quanti possiate immaginare.

Una dura realtà

I giochi di corse arcade così come li conoscevamo si sono ridotti ad occupare una nicchia. Sono passati gli anni, sono arrivati nuovi concorrenti ed il mercato è fortemente cambiato. I primi simulatori nascevano grazie a Papyrus alla fine degli anni ottanta. Indianapolis 500: The Simulation con la sua grafica pixellosa ha aperto la strada ad una dinastia di giochi volti a riprodurre in maniera fedele e senza fronzoli una vera esperienza di guida e NASCAR Racing ha continuato sul percorso già tracciato.

Nel frattempo, nel 1994 nasceva per il mercato casalingo un franchise arcade che va avanti ancora oggi: Need for Speed. A differenza di Ridge Racer tale titolo non aveva una controparte da sala giochi, ma vantava un nutrito parco macchine fatto di modelli su licenza, inseguimenti con la polizia e una grafica 3d sfavillante. Negli anni novanta gli arcade andavano forte e i simulatori restavano relegati principalmente all’utenza pc. In sala giochi uscirono Ridge Racer 2 e Rave Racer. Su PlayStation arrivarono Ridge Racer Revolution e Rage Racer. Daytona USA proseguiva la sua corsa tra gli arcade accompagnato da un fantastico Sega Rally.

Poi però giunse il 1997 e tutto cambiò in un battibaleno: era arrivato Gran Turismo, un gioco mastodontico che aveva dato i natali ad un nuovo genere, quello dei simcade, un giusto compromesso tra realismo e divertimento che univa il meglio dei due mondi e permetteva agli utenti di divertirsi assaporando però meccaniche di guida più verosimili. Gran Turismo aveva decine e decine di auto su licenza, una struttura da GDR, la possibilità di modificare i veicoli ed un impianto audiovisivo sbalorditivo. Il gioco di Polyphony Digital era andato molto più lontano di dove qualsiasi gioco uscito in precedenza aveva osato spingersi. Me lo ricordo bene quel videogame: non divertiva nell’immediato ma era capace di regalare grandi soddisfazioni a chi pazientava. Ripenso ancora con affetto alla mia potentissima Mitsubishi GTO modificata. Era capace di far mangiare la polvere anche agli avversari più tenaci.

Nel 1998 arrivarono le controproposte di Namco, che ci regalò quello che a mio parere è uno dei racing arcade più belli di sempre, Ridge Racer Type 4, in grado di spremere audiovisivamente la PlayStation come un limone, con un design da urlo, dotato persino di una trama e con una giocabilità davvero ben calibrata, e di Sega, che in sala giochi con Daytona USA 2 portò la qualità grafica del mercato videoludico a livelli pazzeschi, effettivamente raggiungibili dalle piattaforme casalinghe solo qualche anno più tardi. Personalmente ho preferito Ridge Racer Type 4 a Gran Turismo. Quel gioco non era solo un bel contenitore di auto e circuiti, era piuttosto un’opera con un anima, capace di emozionare. Gran Turismo era sì grandioso, ma per quanto mi riguarda era anche un po' sterile. Nessuna opinione personale può però annullare il grandissimo successo commerciale che ebbe il simcade di Kazunori Yamauchi.

Una dura realtà, parte due

Tanto calava la sala giochi, tanto saliva il mercato delle console casalinghe. Nasceva la celebre saga di Colin McRae Rally, che oggi conosciamo col nome di Dirt, avanzava TOCA Touring Cars e nasceva il concetto di racing open world con Driver, Midtown Madness, Crazy taxi ed infine col rivoluzionario GTA 3. Daytona USA non riuscì mai veramente ad affermarsi sulle piattaforme casalinghe mentre Ridge Racer ebbe più fortuna, ma iniziò a declinare lentamente presentando seguiti buoni ma mai davvero eccellenti.

La gente era rimasta ammaliata del modello Gran Turismo, dal concetto di mondo aperto e da un certo Fast and Furious, film che a partire dal 2001 stregò gli appassionati di veicoli, alta velocità ed azione serrata. Da quel momento tutti volevano auto vere, tuning e personaggi carismatici e così i giochi cambiarono volto. Fu l’epoca dei Midnight Club, dei Need For Speed a base di auto modificate, dei Juiced, ma anche di Burnout e Flatout, titoli cult a base di combattimento stradale. Sega tornò a far brillare per un momento i racing arcade puri grazie ad OutRun 2. Giunsero nuovi episodi di Gran Turismo, arrivò la generazione delle console hd e Forza Motorsport, Project Gotham Racing ed altri ancora si affermavano come nuovi marchi.

La presenza dei mondi aperti, di macchine su licenza e di modifiche divenne sempre più una costante e così arrivò Forza Horizon, poi atterrò la generazione PlayStation 4 / Xbox One, di cui ancora fatichiamo a liberarci a causa della penuria di console e schede video. Daytona USA è tornato in azione nel 2017 con l’ennesimo rifacimento poco convinto (per me si salva solo Daytona USA 2001 per Dreamcast) destinato esclusivamente alla sala giochi, ma che in molti sono riusciti a giocare sui computer casalinghi a causa di una clamorosa svista da parte di Sega. Ridge Racer invece si è ridotto a fare per lo più da gioco di lancio per le varie console uscite negli anni, fino al terribili Unbounded e Ridge Racer Vita. Dopo questi capitoli la serie ha ripiegato sul mercato mobile, ma è scomparsa a breve distanza non lasciando più alcuna traccia.

Insomma allo stato attuale Ridge Racer e Daytona USA sono morti, sono relitti di un passato che ci scalda il cuore ma che non esiste più. Dobbiamo accettarlo, il mercato mainstream è cambiato molto rispetto ai primi anni novanta. Innanzitutto abbiamo degli arcade open world aperti all’azione multiplayer, con veicoli su licenza e canzoni famose: Forza Horizon, The Crew, Need for Speed ecc. Poi abbiamo vari simcade accessibili e realistici al tempo stesso che offrono di pari passo qualità e quantità: Gran Turismo, Forza Motorsport, WRC, F1, Project Cars ecc. Infine abbiamo vari sim estremamente curati e soddisfacenti: Assetto Corsa, iRacing, rFactor ecc. Come se non bastasse c’è pure Dirt che cambia formula di episodio in episodio proponendosi una volta più arcade, una volta più simulativo.

E adesso?

In tutto questo marasma, con un’offerta videoludica così varia e profonda mi chiedo di nuovo se possa esserci ancora spazio per giochi come Ridge Racer e Daytona USA. E ancora una volta la risposta che mi do risulta fortemente negativa. Daytona USA sembra essere qualcosa di irripetibile, fortemente ancorato al coin-op del 1994, Ridge Racer ha dimostrato di poter evolvere e di riuscire ad offrire contenuti per un tempo più lungo, ma ha bisogno di uno svecchiamento che però non vada a snaturare la giocabilità di base del titolo. Pertanto dico no ad un approccio alla  e sono invece favorevole ad una rivisitazione paragonabile a ciò che fu un Burnout Paradise rispetto alla saga di Burnout.

Così come sono, le vecchie formule di gioco di Namco e Sega possono trovare spazio solo lontano dal mercato mainstream, in una nicchia ormai di scarso appeal, là dove sono Xenon Racer o Rise: Race the future, in certi revival, come Drift Stage, Hotshot Racing, Horizon Chase Turbo e Inertial Drift o nel mercato mobile. In quest’ultimo infatti spesso si ripropongono, per motivi diversi rispetto al passato, le formule tipiche da sala giochi, ovviamente con un livello di difficoltà più casual. In tale settore è necessaria una giocabilità più immediata ed arcade, vuoi un po’ per la difficoltà di controllare in maniera efficace un veicolo col touch vuoi un po’ per l’utilizzo più orientato al mordi e fuggi con una partita qua e là nei tempi morti.

Sul mercato mobile Ridge Racer ha provato a proporsi prima con Accelerated poi con Slipstream i quali, forse a causa di un’operazione di riciclo esagerata, hanno avuto poco successo. C’è da dire però che titoli come Ridge Racer e Daytona USA, opportunamente potenziati, per me potrebbero decisamente funzionare anche su smartphone e tablet. Il mercato mobile sembra fatto apposta per gli arcade: basta osservare il successo di titoli come Asphalt, Rebel Racing, Sport Racing e compagni. Bisogna considerare che al massimo su mobile sarà possibile trovare qualche simcade alla stregua di Grid Autosport, ma simulatori ovviamente nemmeno a pensarci.

Il cuore sull’alettone, la mente sul cofano

Chiedo scusa se nelle mie elucubrazioni non ho citato giochi di moto come MotoGP, titoli di combattimento veicolare alla Carmageddon o videogame di kart come Super Mario Kart, ma non c’era proprio spazio per affrontare tutto. Comunque, mettiamoci il cuore in pace: il passato è passato e non torna più. Le sale giochi in occidente sono solo un ricordo lontano e certe formule che andavano forte per i giochi racing di inizio anni novanta ora non funzionano. Conserviamo in fondo al cuore il ricordo di questi giochi che ci hanno fatto tanto divertire e che hanno segnato positivamente gli anni più belli della nostra vita, ma allo stesso tempo andiamo avanti. Il mercato è cambiato, le esigenze del pubblico sono cambiate. Noi magari saremmo ancora disposti a divertirci secondo le regole degli anni novanta ma la gente di oggi ha bisogno di altro.

Se mai Ridge Racer e Daytona USA dovessero decidere di tornare in pompa magna dovranno farlo tenendo fede alla propria natura, ma al tempo stesso aprendosi alle nuove regole del settore. Se questo articolo vi ha riempito di nostalgia e se volete riscoprire uno dei capitoli più belli della saga di Ridge Racer nel frattempo non posso che consigliarvi l’acquisto di una PlayStation Classic Mini con incluso Ridge Racer Type 4. Ah, comunque, vi dice nulla “Gentlemen, start your engines!” o “Move into the beat, can you feel the heat? when your tires kiss the street”? Dai, chi se lo scorda più? Insomma, è stato bello, finché è durato...