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Dauntless Recensione, la caccia è aperta a tutti

Andiamo ad analizzare i pregi e difetti di Dauntless, il nuovo gioco di caccia ai mostri creato da Phoenix Labs e Epic Games.

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Avatar di Alessandro Palladino

a cura di Alessandro Palladino

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Pubblicato il 01/06/2019 alle 12:30 - Aggiornato il 02/06/2019 alle 21:37

Dauntless è uno di quei giochi che arrivano silenziosamente nel mercato videoludico, passando per l’accesso anticipato e pubblicizzarsi nuovamente a ridosso del lancio. Non è mai stata un’esplosione inaspettata o una particolare mossa di mercato, piuttosto l’idea era quella di riuscire a creare una nicchia per un prodotto che prendeva il concept di Monster Hunter e gli applicava nuove idee ed ispirazioni. Non si può certo biasimare la cautela di Phoenix Labs: portare un prodotto derivato dalla “caccia ai mostri” non è facile, nonostante un team di ex membri di Riot Games, BioWare, Blizzard e della stessa Capcom.

Eppure il 21 maggio Dauntless è stato orgogliosamente lanciato su PC, PlayStation 4 e Xbox One, riscuotendo un enorme successo tra i giocatori, tanto da costringere la compagnia a duplicare i server a disposizione. La permanenza delle lunghe code e l’attività della community sono un chiaro segno di una formula che funziona, soprattutto per un titolo gratuito che fa del gioco cross-platform un vanto.

Epic Games prova – e riesce - quindi a vincere una nuova fetta di utenza proponendo la sua peculiare declinazione di un genere, similmente a quanto avvenne con Fortnite e PUBG. La sua vittoria o sconfitta sul lungo termine dipende solamente da quanto il team di sviluppo sia capace di proporre una declinazione abbastanza originale da rendere Dauntless un’esperienza introvabile altrove, sia nel presente che nel futuro.

Cacciatori del Cielo

Si parte da una premessa molto semplice: lontano dalla terra ferma, gli esseri umani immaginati da Phoenix Labs vivono su dei paradisi fluttuanti chiamati Isole Frantumate. Galleggiando tra le nuvole grazie all’energia naturale dell’aether, le città e le campagne hanno avuto una vita prospera al contatto con il cielo e gli astri, fino a quando non è comparsa la crudele minaccia dei Behemoth: creature gigantesche che si cibano dell’aether per sopravvivere e crescere. Chiaramente un simile equilibrio minaccia la stessa stabilità delle Isole Frantumate, le quali potrebbero cadere a terra nel caso in cui tale energia venisse completamente consumato.

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Viene quindi istituita una legione di Cacciatori addestrati per sfoltire le minacce più incombenti, calandosi sul campo di battaglia con armi e armature create dalle spoglie delle stesse bestie. Una linea narrativa sicuramente standardizzata ma che riesce a dare maggior rilievo alla giusta caratterizzazione del mondo di gioco, piuttosto che ai personaggi o all’epica storia del nostro alter-ego.

Dauntless, rispetto a Monster Hunter e God Eater, non crea un versione mistica del nostro eroe, bensì punta sul sentimento di unione comune contro una forza sovrannaturale in un ambiente lussureggiante. Una routine da ambientazione fantasy, indugiando maggiormente sul conflitto e lasciando da parte l’esaltazione eroica per promuovere il gioco di squadra e il consumo occasionale, senza forzarlo con missioni cinematiche da seguire o storie che conducono lontano dall’arte della spada.

Leggi anche Dauntless: versione mobile e Switch in arrivo a breve?

Anche i dialoghi sono ridotti all’osso e i loro testi sono comunque abbastanza superficiali e diretti. Il giocatore entra e gioca senza ulteriori intoppi salvo la coda all’entrata (comunque in via di risoluzione già mentre scriviamo). Può piacere o non piacere come approccio, alcuni lo riterranno un sintomo di manchevolezza, ma in realtà è forse il modo più corretto per evitare di scadere in una storia già solcata e tritata da molti altri.

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Dauntless funziona proprio perché appare leggero e digeribile in poche pillole disimpegnate, elemento essenziale per accattivare una enorme fetta di persone che non vogliono perdere tempo a sentirsi degli eroi in una composizione epica ma che, semplicemente, cercano solo di giocare per un paio d’ore.

I Ferri di Dauntless

Per arrivare a questo risultato serve un gameplay semplice e immediato, capace di soddisfare il giocatore occasionale e, al contempo, offrire spunti al veterano di mille battaglie. Dauntless propone quindi una serie di armi da poter scegliere e una pletora di livelli, maestrie, sfide e statistiche da tenere d’occhio per ottimizzare al meglio il proprio equipaggiamento. Ci sono consumabili creabili nell’alchimia, armamenti da forgiare con i pezzi di mostro ottenuti nelle caccie, ricompense da sbloccare al raggiungimento di determinati obiettivi e una serie di incentivi a giocare il più possibile e a frequentare il gioco giornalmente.

Una struttura classica per un titolo gratuito, la quale però viene ulteriormente approfondita da Phoenix Labs grazie a un saggio bilanciamento tra effettivi potenziamenti del personaggio (equipaggiamento, livelli) e riconoscimenti globali indipendenti dalla propria performance o figura statistica. L’importante, per l’economia di Dauntless, è partecipare più possibile alla grande battuta di caccia. Non ci sono chiusure o contenuti “bloccati”, solo aggiornamenti consistenti all’esperienza generale in base alla progressione e alle novità aggiunte periodicamente.

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Il gameplay vero e proprio, cioè quello sul campo, è invece il più classico possibile: un party di massimo 4 giocatori si ritroverà in un’area abbastanza aperta dove dovrà cercare il mostro e abbatterlo utilizzando gli strumenti a loro disposizione. L’impostazione di Dauntless è molto offensiva e le opzioni di parata sono quasi ridotte allo zero, lasciando alla schivata il compito di preservare la flebile vita del cacciatore. L’attacco è invece profondo e tiene conto anche delle resistenze elementali sia del mostro che dell’armatura del giocatore, indicandole preventivamente a inizio missione in modo da poter sopprimere a eventuali falle. Per fortuna esiste l’elemento neutro, il quale non porta né vantaggi né benefici ed è un buon modo per farsi le ossa nei primi scontri.

Leggi anche Dauntless: guida alle migliori armi per iniziare a giocare

Il combattimento è meno acrobatico e più tattico, lasciando che il grosso dell’azione sia affidato ai numeri e alle sinergie elementali piuttosto che alla combinazione di mosse che è possibile eseguire. Il moveset di ogni arma è unico e si basa principalmente sulla pressione di due tasti con variazioni sul tema in base alle capacità speciali di ognuna di esse.

La Lancia per esempio si basa pesantemente sul mandare a segno le varie combo per caricare la barra unica e rilasciare un potente colpo a distanza, così come l’Ascia permette di “caricare” gli attacchi e potenziare i propri danni in base a quanto si è in grado di riempire il metro del “fervore”. Anche nell’arte della lotta la filosofia di fondo è l’accessibilità e la fruibilità maggiore, scalando nelle varie tipologie offensive in base ai gusti e alle proprie capacità. La Spada rappresenta il perfetto equilibrio per il giocatore della domenica, mentre Martello e Pistole sono la controparte per cacciatori esperti.

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Parliamo di una struttura a livelli molto palese e che non fa nulla per nascondere l’obiettivo di distinguere i giocatori su diverse tipologie di piani. L’utente più sporadico non viene escluso dal ritmo generale del gioco, per quanto venga consigliato a giocare di più e a immergersi ulteriormente per invogliare il coinvolgimento nella parte ludica e, perché no, anche finanziaria. È importante però sottolineare come non si voglia tendere a renderlo un veterano, come fa Monster Hunter nel dare sempre più difficoltà crescente. Altresì, anche cacciando lo stesso debole mostro all’infinito o non dedicandosi al resto delle caccie più difficili, è possibile arrivare ad ottenere un livello competitivo sufficiente a rimanere quantomeno utile alla caccia, evitando quindi divisioni marcate nel cuore della community.

Il fatto che l’equipaggiamento non diventi mai obsoleto è un altro punto a favore della leggerezza con cui è possibile prendere in mano Dauntless, trasformandola in qualcosa di più quando viene vista attraverso la prospettiva delle Celle: una serie di potenziamenti ottenibili in maniera casuale attraverso delle “casse premio” o con il riciclaggio. Un meccanismo simile ai gioielli di Monster Hunter ma più chiaro e accessibile, lasciando che i bonus di questi pezzi siano ben graditi ma lontano dall’essere necessari per determinati utilizzi. Ne soffre la varietà delle build, meno complessa in Dauntless ma quantomeno più realizzabile proprio per via della struttura di potenziamento e creazione.

Il Colore della Ferocia

Fuori dai paragoni più o meno utili a comprendere le unicità di Dauntless, la vera carica del gioco di Phoenix Labs risiede nel suo fattore estetico che ricalca, come è evidente, una certa corrente artistica proprietaria di Epic Games. La vividezza delle frammentate terre fluttuanti è encomiabile, uno spettacolo per gli occhi sulle macchine più performanti anche grazie all'utilizzo del proprietario Unreal Engine 4. Mentre i personaggi e le armi hanno un design complesso ma abbastanza standardizzato, la vera unicità del colpo d’occhio è affidato completamente ai biomi lussureggianti. Non è tanto nel dettaglio o nella ricchezza che bisogna attribuire la forza visiva di Dauntless, quanto nell’armonia delle cromature e nell’utilizzo certosino degli effetti luminosi e dei cosiddetti godray, i quali donano densità e credibilità specialmente alle nebbie delle foreste e ai venti sabbiosi del deserto.

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Sul piedistallo della grafica siede la caratterizzazione dei mostri e del loro moveset. Essendo un titolo di caccia, è cruciale per il team di sviluppo riuscire a creare un bestiario intrigante, differente ed estremamente vario nel design sia nell’apparenza che nei pattern d’attacco. Dauntless riesce nell’intento alla mano abbastanza bene, fornendo ai mostri un’aura di ferocia senza però renderli delle creature troppo distaccate dall’ambientazione in cui vengono inserite. Il loro aspetto rispecchia la vividezza della natura di cui si cibano e, allo stesso tempo, viene anche traslato perfettamente nelle armi/armature derivate dai loro pezzi, sottolineando l’ecosistema circolare delle specie delle Isole Frantumate.

I pattern d’attacco sono unici e molto vari rispetto al semplice attacco e carica. I giocatori troveranno infatti creature in grado di creare armature da rompere con dei buff da raccogliere dai pipistrelli che li circondano, oppure capaci di creare delle spine elettriche che lanciano palle di fulmini in maniera autonoma, insieme a molte altre caratteristiche originali degne di lode riprese parzialmente dai boss dell’MMORPG più classico.

Leggi anche Dauntless: DLC e monete virtuali, ecco quanto costano

Allo stesso tempo rimane sempre presente l’anima dell’estrema semplicità, evitando di creare bestioni super complessi che snaturano l’esperienza leggera del gioco in favore di una sfida eccessivamente frustrante. Nessuna barriera di abilità personale vi vieterà di battere i mostri più tosti, a patto di avere una minima capacità di comprensione di funzioni logiche di base. L’unico neo nel design rimane nella presenza delle “variazioni” di alcuni mostri, le quali non sono altro che riproposizioni della stessa bestia ma con un elemento/colore diverso. Il gameplay muta più o meno sensibilmente per ognuna di esse ma è un brutto segno vedere una simile ripetitività, soprattutto in un genere che porta l’utente all’utilizzo degli stessi contenuti per un innumerevole quantitativo di ore.

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Le musiche subiscono pressappoco lo stesso effetto, presentando una varietà dalla buona qualità ma riducendosi un po’ troppo nella riproposizione dei vari brani. Il grosso dell’audio lo fanno gli effetti sonori, i quali non puntano al realismo e vanno dritti alla spettacolarizzazione dei colpi e delle esplosioni. D’altro canto, in poche ore di gioco si può notare come sia il sonoro a dare più l’effetto “cartoon”, piuttosto che la parte estetica. Al momento, inoltre, il doppiaggio del gioco presenta solamente la lingua inglese, lasciando quella strana sensazione di sentire una regione del gioco chiamata Ostia, la quale sicuramente comporterebbe non poca ilarità in una probabile traduzione italiana. Nei testi però potrete trovare la nostra localizzazione presente, così come quella delle lingue più conosciute.

La vera nota dolente, oltre all’assenza di un agganciamento della telecamera e una minimappa poco chiara, ricade sulla conversione per console, la quale da un punto di vista squisitamente tecnico è un mezzo disastro. Il punto più grave del problema è un costante calo di frame-rate che avviene in qualsiasi istanza, peggiorandosi negli scontri più concitati e con stuttering abbastanza evidente nella città che fa da HUB. La fluidità è un requisito essenziale per questo genere ed è davvero frustrante dover combattere anche contro il proprio sistema durante la lotta ai mostri, specialmente se sulla stessa console un titolo più ricco come Monster Hunter World non presenta gli stessi problemi. Un’ottimizzazione che fa desiderare ma che potrebbe essere corretta, mentre su PC il titolo è più appagante che mai.

Dauntless è disponibile gratuitamente, con acquisti in-game opzionali, su Epic Games Store, PlayStation Store e Microsoft Store.
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