Death end re;Quest Recensione

Idea Factory propone un nuovo jRPG dopo aver portato sul mercato la saga di Hyperdimension.

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a cura di Mario Petillo

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Lanciarsi a capofitto in un jRPG che non ha dalla sua il nome di una saga nota è sempre un'avventura particolare: è risaputo, d'altronde, che insieme con i GDR, ci troviamo dinanzi a uno dei generi più dispendiosi dal punto di vista delle ore da impiegare per portare a termine la propria avventura, così come dall'altro lato diventa fondamentale avere degli elementi che possano spingere il giocatore ad arrivare fino in fondo. Con Death end re;Quest, titolo molto originale del nuovo jRPG di Idea Factory, questi elementi in gioco vengono messi abilmente in discussione a causa di alcune problematiche, che andiamo ad affrontare.

Lo sviluppo, per chi avvezzo al genere, è stato affidato agli stessi autori di Hyperdimension Neptunia, una serie che ha saputo conquistarsi una nicchia di mercato e offrire una visione sicuramente atipica del genere jRPG, senza però conquistare il grande pubblico. Per re;Quest potremmo dire, in maniera preliminare, la stessa cosa: un prodotto che non si conquisterà i grandi palcoscenici, ma che sicuramente prova a offrire qualcosa di particolare. Innanzitutto chiariamo subito che ci troveremo dinanzi a una commistione tra una visual novel e un RPG, con il primo che rappresenta uno dei generi di più complessa comprensione da parte degli occidentali. Per metà della nostra avventura ci ritroveremo nei panni di Shina Ninomiya, una ragazza rimasta intrappolata in una realtà virtuale à la Sword Art Online.

Sparizione nell'internet

Dopo una presunta sparizione di un anno, Shina si risveglia in World's Odyssey (W.O.D.) in pieno attacco di amnesia, che gradualmente le farà ricordare il suo nome, il suo ruolo e il suo impegno, ma convincendosi di appartenere al mondo all'interno del quale si ritrova, al pari degli altri NPC che incontrerà ne suo cammino. Inoltre attorno alla sua vita vedrà anche delle zampe di ragno, che le sono spuntate praticamente dai fianchi, in maniera sempre molto in linea con quelle che sono le docili curve dei personaggi giapponesi. Quando non sarete nei panni di Shina, per l'altra metà del gioco, invece, sarete impegnati in una vera e propria visual novel che vi farà conoscere Arata Mizunashi, la persona che si nasconde dietro Shina. Arata è un game developer che ha lavorato per W.O.D. e che è partita in missione per ritrovare il suo personaggio smarrito e risolvere il mistero legato al mondo virtuale.

L'avventura, insomma, strizza moltissimo l'occhio a Sword Art Online, come già detto, e al successo che ha avuto la serie prima anime e poi videoludica. C'è da dire, però, che le sessioni di visual novel risultano essere estremamente prolisse e verbose, offrendo una qualità di dialoghi decisamente inferiori a Danganronpa, Steins;Gate e altri del genere, o anche a quelli di Persona, per far riferimento a un'altra nota commistione di generi. Ritrovarsi quindi dinanzi a numerose interruzioni che smorzano il ritmo già di per sé non velocissimo del gioco non sarà sempre gradevole. Parliamo d'altronde di ritmo non eccellente proprio a causa del battle system, che prova ad avvicinarsi a un action ma senza farcela, pur offrendo qualcosa di particolare.

Combattimenti all'arma bianca

Tutti i combattimenti si gestiscono sulla mappa una volta approcciato l'avversario, il che vi fa già capire che in re;Quest si è deciso di eliminare completamente gli scontri casuali, per la felicità del progresso del genere. In maniera molto simile a Persona 5 ci sarà un susseguirsi di turni che permetteranno ai vari combattenti di sferrare il proprio colpo. Diversamente, però, dagli aspetti più tradizionali di un turn-based combat system ci ritroveremo dinanzi a dei tentativi di innovazione che appartengono al potersi muovere liberamente all'interno di un cerchio che delimita la zona di combattimento e anche collocarvi strategicamente in un punto preciso della zona di battaglia, così da evitare eventuali danni e avvantaggiarvi sui vostri avversari. Questo perché alcuni vostri attacchi, soprattutto quelli speciali, avranno degli effetti ad area e quindi avvicinarsi a una data zona del cerchio dove i nemici si sono raggruppati vi permetterà di colpire in maniera più solenne ed efficace. In alcuni casi abbiamo riscontrato, però, alcuni problemi in fase di combattimenti: la difficoltà, infatti, è sembrata molto randomica, tant'è che ci è capitato di subire delle instant kill da alcuni boss, nonostante il nostro livello non fosse così basso. Un aspetto che costringe sin dalle prime battute a un grinding che smorza ancora di più un ritmo che già subisce l'influsso di una visual novel che esaspera la narrazione e la rende quasi noiosa da seguire.

Per quanto riguarda la costruzione del personaggio, trattandosi di un jRPG a tutti gli effetti, ci ritroveremo dinanzi alle classiche stats che offriranno a ogni combattente del vostro party determinate capacità: Lily sarà abile negli attacchi da lontano e nella cura, Celica utilizza un'enorme spada che vi permette di gestire al meglio gli attacchi in mischia e coì via. La particolarità di re;Quest è che l'intero titolo offre soltanto personaggi giocabili femminili, il che giova tantissimo all'aspetto estetico, che ha permesso ai disegnatori di lavorare molto con i vestiti e i look delle protagoniste. Il problema principale è che per quanto siano tutte gradevoli da vedere a schermo e l'intera produzione sia chiaramente orientata verso un anime, nessun personaggio riesce a diventare davvero memorabile o rimanervi impresso nella mente. Un chiaro segnale di una piattezza non solo narrativa, ma anche di personaggi proposti.

Una lenta visual novel

In aggiunta c'è da dire che il plot del titolo di Idea Factory non è proprio il punto di forza in assoluto, il che non aiuta la sua natura di visual novel. A parte qualche sporadico dialogo interessante, l'intera narrazione è abbastanza noiosa, senza grandi colpi di scena: tra l'altro il design delle mappe e delle creature, salvo per quanto riguarda qualche boss, risulta essere davvero scarno e privo di inventiva. L'intera avventura andrà a snodarsi su mappe tridimensionali, che vi metteranno dinanzi a degli enigmi ambientali e nemici da affrontare in maniera abbastanza atipica, il che può portarci a dire che il battle system, tranne che sul lungo periodo, può offrire delle varianti interessanti. Oltre alle dinamiche che abbiamo già citato, ci ritroveremo a usare anche le abilità Glitch, che si sposano bene con quella che è la natura del titolo, che ci trattiene all'interno di una realtà virtuale. Dovrete portare il personaggio oltre l'80% di livello di corruzione per poter utilizzare una di queste abilità, andando in alcuni casi anche a evocare alcuni dei boss sconfitti in precedenza.

In aggiunta, tra gli elementi più affascinanti della vicenda, c'è la presenza dei bivi narrativi: purtroppo il fascino è abbastanza legato a una patina superficiale, dato che nel caso in cui doveste scegliere la direzione sbagliata vi ritroverete dinanzi a un terribile game over. A tal proposito, le schermate che ci portano alla sconfitta sono molto fantasiose e cariche di splatter, come d'altronde anche la scena iniziale del titolo. Un aspetto interessante e maturo, ma che non riesce a lanciare il cuore oltre l'ostacolo. Il game over vi riporterà all'ultimo salvataggio, che sarà tra l'altro anche manuale attraverso determinati punti dedicati.