Gamer pacifisti, finire Skyrim senza uccidere si può

I videogiocatori pacifisti non usano la violenza e non uccidono. Si tratta di un ristretto gruppo di persone che ha deposto le armi per colpire con l'astuzia. Un messaggio di pace o solo il bisogno di uscire dagli schemi e rendere il gioco più difficile?

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a cura di Manolo De Agostini

I videogiocatori pacifisti esistono, sono tra noi e si stanno moltiplicando. Sono coloro che giocano senza usare la violenza, che ripudiano le uccisioni - anche in titoli che ne prevedono in abbondanza come Skyrim. Il Wall Street Journal ha cercato di analizzare il fenomeno intervistando i diretti interessati.

Daniel Mullins, diciannovenne appassionato del gioco di Bethesda, ha deciso di andare controcorrente, creando un personaggio mezzo-gatto/mezzo-uomo, Felix the Peaceful Monk, che non uccide ricorrendo alla magia. Ad esempio quando un assassino cerca di colpirlo con un coltello, Mullins usa l'incantesimo della calma per evitare di doversi difendere usando le armi.

Uccidi nei videogiochi? E se poi te ne penti?

È una sorta di Ghandi dei videogiochi, un hippy che professa il credo "fate l'amore non fate la guerra". Sarebbe un testimonial eccezionale per la Croce Rossa, che vuole giochi in cui vi sia maggiore etica. "A quanto pare qualcuno mi vuole morto. Ma questo non significa che [l'assassino] meriti di morire", ha spiegato Mullins al WSJ. 

La morale del mondo reale entra in quello virtuale, dando vita a sessioni di gioco pacifiste che molti non hanno nelle corde, ma che potrebbero rivelarsi addirittura più divertenti dei gameplay più cruenti e sanguinari. Ovviamente quest'approccio ai giochi non può essere applicato a tutti i generi, ma Skyrim si presta bene e non è l'unico.

Il sito Kotaku ha pubblicato testimonianze simili, tra cui quella di un giocatore che ha completato "Fallout: New Vegas" senza spargimenti di sangue. Stephen Totila, caporedattore di Kotaku, ritiene che il pacifismo nei giochi non sia solitamente "una decisione morale", ma piuttosto "il bisogno di rompere le regole" e rendere il gioco più difficile.

Le parole di Totila sembrano inquadrare bene le ragioni dello stile di gioco adottato da questi appassionati. Non pensiamo che vogliano farsi portatori di veri messaggi di amore e fraternità tramite i giochi - almeno coscientemente e soprattutto non tutti. E con l'ingresso nei videogiochi delle decisioni morali e di maggiore libertà d'azione e personalizzazione dei personaggi, i pacifisti potrebbero perdere il grado di gruppo esclusivo per diventare un fenomeno più ampio.

Chissà, in futuro i giochi potrebbero contemplare trofei e bonus non solo per il numero di uccisioni o il modo in cui sono state effettuate, ma anche per chi riesce a uscire dalle situazioni più intricate senza muovere un filo d'erba. Siete pronti a un atto di fede?