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Giappone e vendite digitali: ecco perché i giocatori preferiscono ancora i dischi

Il Giappone è spesso visto come tecnologicamente avanzato, eppure i giocatori apprezzano ancora i giochi su disco. Ecco un'analisi della situazione.

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Avatar di Luca Romagnolo

a cura di Luca Romagnolo

Pubblicato il 08/11/2019 alle 16:11

Quando si pensa al Giappone si ha l’idea di un paese all’avanguardia nel settore tecnologico, delle infrastrutture, dei trasporti, ma nonostante questo se focalizziamo il discorso generale all’ambito dei videogiochi, e a questo ci limitiamo, noteremo che l’occidente è più avanti rispetto al paese nipponico, sotto un certo punto di vista.

Con la diffusione di massa dei computer e internet all’inizio degli anni 2000, numerose arti hanno visto, chi lentamente, chi velocemente, passare la distribuzione del prodotto da fisico a digitale. Aveva cominciato la musica già sul finire degli anni 90 per poi passare ai libri e di recente al cinema, e quindi il videogioco non poteva che essere la tappa successiva. La trasformazione sul come vengono venduti i videogiochi però è stata più veloce in occidente, basti pensare che già 2 anni fa nel Regno Unito la vendita in digitale aveva superato quella classica nei negozi: naturalmente si parla nell’ambito delle console, perché su PC già da più di un decennio si è abbandonato il supporto ottico.

giappone-vendite-digitali-60862.jpg

Vediamo di descrivere e analizzare la situazione in Giappone, perché appunto si presenta come una “mosca bianca” nell’ambito dell’utilizzo della distribuzione digitale. Il paese nipponico non è nuovo a questo genere di cose, basti pensare che persino l’utilizzo delle carte di credito e quindi della moneta elettronica era parecchio limitato e solo negli ultimi anni grazie a numerosi incentivi e proposte è riuscito a farsi largo tra i consumatori. La situazione nasce anche dal fatto che in Giappone il tasso di criminalità è così basso che non c’è da preoccuparsi a girare per strada, persino di sera, con il portafoglio ben fornito di banconote da 5000 o 10000 yen, per cui l’utilizzo del contante è rimasto parecchio popolare fino a qualche anno fa.

La vendita in digitale dei videogiochi anche ha incontrato, anzi incontra tutt’ora, parecchie difficoltà; quando si prova a cercare il motivo di questa situazione la prima cosa che viene in mente è la presenza, molto radicata sul territorio, di negozi che vendono materiale usato tra cui appunto i videogiochi e questo frena la diffusione della vendita digitale. Anche in occidente esistono catene che acquistano e vendono videogiochi ma nonostante questo la distribuzione digitale è decollata nel corso degli ultimi anni. La differenza è che in Giappone ci sono molte più catene, sia dedicate ai videogiochi e non, che trattano materiale usato e, cosa ancor più importante, per i titoli rilasciati da poco sul mercato il prezzo di ri-acquisto da parte del negozio è parecchio alto, tanto che può arrivare anche al 70% o più del prezzo di listino.

In questo modo se una persona acquista un gioco e dedicandoci molto tempo riesce a finirlo nell’arco di una o due settimane, recandosi in un negozio d’usato riesce a rientrare di buona parte del denaro speso per cui è come se si “incentivasse” il consumatore ad acquistare un gioco su supporto fisico, anche perché se non per casi eclatanti (come i titoli sportivi) anche dopo diversi mesi, se non addirittura anni, dall’uscita si rientra in possesso di una parte del denaro speso, cosa che invece con la vendita digitale non è possibile fare.

Leggi anche Giappone, uomo modifica e vende una PS3: la polizia lo arresta

Andiamo quindi a vedere un po’ di dati che sicuramente danno un quadro migliore e più chiaro della situazione: lo scorso anno i dieci giochi più venduti su console erano 8 titoli per Switch e 2 per PS4; tra questi solamente 4 hanno avuto una percentuale di vendita maggiore del 10%, ovvero:

  • PS4 – Monster Hunter World, 30,6%
  • SWI – Minecraft, 24%
  • PS4 – Call of Duty: Black Ops IIII, 23,2%
  • SWI – Super Smash Bros Ultimate, 11,6%

Come si nota siamo ben lontani dalle percentuali dell’occidente, specie considerando che Monster Hunter World con le quasi 900.000 copie digitali vendute ha stabilito il nuovo primato nel paese (record battuto il mese scorso proprio dall’espansione Iceborne che ha superato il milione) e rappresenta quindi l’eccezione in un mercato nel quale, quando il digitale arriva a un quarto del totale venduto di un determinato titolo, è già un ottimo risultato.

Passando invece a quest’anno, e più precisamente fino al mese di Agosto, le percentuali di vendita digitale per le due piattaforme principali si attestano al 26,7% per PS4 e al 16,1% per Switch. L’utenza Sony si dimostra più “aperta” verso l’acquisto in digitale, ma è un cambiamento che ha interessato vari settori, basti pensare agli ottimi risultati di alcuni giochi occidentali (GTA5 ha venduto tra PS3 e PS4 quasi un milione di copie, mentre l’anno scorso il già citato Black Ops IIII è arrivato al mezzo milione) e generi come gli FPS che fino a 5-6 anni fa erano parecchio osteggiati.

nintendo-switch-50523.jpg

Da lato Nintendo invece si nota come i titoli più forti abbiano percentuali molto basse di vendita in digitale, se non in casi eccezionali dovuti a carenza di scorte nei negozi (come era accaduto per Animal Crossing su 3DS), mentre titoli molto meno “forti” a volte hanno percentuali di vendita digitale molto alte, vuoi per la bontà del gioco o del passaparola, che oggigiorno grazie ai social ed al mobile è più incisivo rispetto a 15-20 anni fa.

Vi è poi una differenza altrettanto marcata tra il tipo di utenza tra le due piattaforme e anche qui è una cosa storica che parte già dal 1994, quando Sony si affacciò sul mercato: gli adolescenti passarono in massa all’acquisto della PlayStation mentre il pubblico più giovane rimase su Nintendo. Oggigiorno le cose non sono molto differenti, diciamo che Nintendo è vista come un prodotto per un target giovanissimo e per le famiglie e quindi l’acquisto digitale per i primi diventa un problema (mancanza della carta di credito) e per i secondi quasi un impiccio specie considerato che un gioco usato, magari da regalare ai figli, costa notevolmente meno di uno sul negozio digitale. L’adolescente al contrario è più avvezzo alla cosa, tra Spotify, Netflix ed Amazon acquistare un prodotto online è una cosa ormai naturale.

In ultimo c’è il discorso del prezzo: non solo la differenza tra retail e digitale è alquanto risicata, in media una decina di euro in meno, ma sono anche i due store principali che hanno una carenza di offerte, a differenza di quanto accade in occidente. Come si è visto con Steam, che ha basato buona parte del suo successo sugli sconti periodici, sono appunto le offerte a determinare il successo di un negozio digitale. Nel corso degli ultimi anni le cose sono un po’ migliorate ma a mio parere un motivo che frena ancora molta gente dal rivolgersi all’acquisto in digitale è appunto la stretta forbice di prezzo che c’è tra le due offerte.

giappone-vendite-digitali-60861.jpg

Rimane ancora una domanda: perché se giocare su cellulare (il quale è ovviamente solo digitale) in Giappone ha creato così alti profitti da diventare uno dei tre mercati più importanti, la stessa cosa non avviene sulle console? Sostanzialmente le ragioni sono due, la tipologia di giochi e, di nuovo, il prezzo.

Su mobile escono tantissimi giochi, molti di più che su console, ma a guardare bene i titoli più famosi (Pokemon, Dragon Quest e Monster Hunter, giusto per citare i 3 brand attualmente più forti), hanno sempre i titoli principali destinati al mercato delle console. Su mobile bene o male il gioco è mordi e fuggi e le microtransazioni la fanno da padrone. Questo introduce il secondo punto, ovvero il prezzo. I giochi su mobile o costano pochissimo oppure sono gratuiti con acquisti possibili all’interno dello stesso, nessuno si sognerebbe mai di proporre un Monster Hunter main su cellulare al prezzo di 60 euro: il solco è così ben tracciato che persino Nintendo si è dovuta adattare, se ricordate il gioco di Mario era a pagamento e ricevette per questo tantissime critiche, nonostante si trattasse di una decina di euro, e da lì in poi (Pokemon, Fire Emblem, Animal Crossing, Mario Kart) sono usciti con il classico metodo “free to play”.

Non si pensi però, alla luce di quanto esposto finora, che i giochi in digitale non vendano, semplicemente le vendite migliori risultano essere per i titoli meno importanti e spesso quelli che hanno meno copertura come distribuzione nei negozi, come testimonia il dato complessivo: nel 2018 il totale delle vendite digitale era appena il 16% mentre ad Ottobre 2019 ha già superato il 20%. E con l’arrivo della prossima generazione di console nel 2020 mi viene difficile pensare che questi numeri non potranno che essere migliorati nel corso dei prossimi anni, anche se probabilmente rimarranno ancora indietro a quelli dell’occidente.

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