Stonature - Roberto Buonanno

É con il motto "Finish The Fight" che Microsoft presenta Halo 3, l'ultimo capitolo della fortunata serie di Master Chief. Com'è questo terzo capitolo? Semplicemente fantastico!

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a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

Stonature

di Roberto Buonanno

Sono l'unico al mondo a cui Halo 3 non entusiasma. Contagiato dalla frenesia  della serata di lancio, mi precipito a casa e dopo un fugace saluto a gatta e compagna getto il gioco tra le fauci della mia Xbox. Inizio a giocare alle 21. Alle 21 e 10, nonostante sia uno dei pochi fortunati a poter giocare questo favoloso titolo prima dell'uscita ufficiale, spengo la console. Ci riprovo poco dopo, ma il gioco proprio non mi prende. Ci rifletto un po'. Non mi mancano gli elementi tattici alla Gears of War, né tantomeno le splendide scenografie art decò di Bioshock.

Niente da dire sulla splendida grafica e sulla grande fluidità. Belli anche scenari e architetture e magnifica la profondità di campo di alcune scene.

Ma sapete cosa manca in Halo 3? La sensazione di violenza gratuita e insensata dei capostipiti del genere. Chi si è appassionato con i vari Doom e Quake sa di cosa parlo. Il cuore che ti salta  in gola quando il subwoofer canta le glorie del fucile a pompa; i nemici che vanno in pezzi mentre danzi in punta di motosega, sangue e pezzi di corpi ovunque. Halo 3 invece è asettico, edulcorato, quasi "politically correct". Gli avversari cadono come mosche, ma non senti soddisfare quell'insano e impronunciabile istinto ferale che, il cielo volendo, riserviamo solo alle nostre sessioni di videogioco.

Confrontate l'inizio di Halo 3 con quello di Quake 2. So che puzza del solito amarcord polveroso e pateticamente nostalgico, ma fatelo. E ditemi se c'è differenza di feeling tra iniziare l'avventura pistola alla mano con un riff di chitarra distorta di sottofondo e il primo nemico che si fa subito sotto oppure con un idiota che ti dice "Chief guarda in alto. Ora in basso".