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Recensione

Humanity | Recensione - Un titolo incredibile che va oltre il puzzle game

La nostra recensione di Humanity, il nuovo esaltante puzzle game che va ben oltre il puzzle game svilupato dal talentuoso Tetsuya Mizuguchi

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a cura di Nicholas Mercurio

Vi è mai capitato di vedere l'umanità in balia di sé stessa, completamente avvolta da un velo di malinconia, incertezza e paura? Cosa accadrebbe se ogni sentimento umano, dal più travolgente al più accessorio, non fosse mai realmente approfondito a dovere, e si passasse il tempo a basarsi su poche, inutili sensazioni che porterebbero al vuoto cosmico, lo stesso che muove fin troppe persone a commettere sempre lo stesso errore, senza mai effettivamente svoltare la propria esistenza?

A queste domande risponde Humanity, che del genere umano ne parla con grande rispetto, brancolante in un'oscurità composta da incertezze, non comprendendo mai come interfacciarsi con la vita. Alla regia di questa storia, già apprezzato dai giocatori e dai fan di lunga data, c'è Tetsuya Mizuguchi, che esordì in SEGA sin da giovanissimo e portò tanta novità, visione e innovazione nello scenario videoludico dell'epoca. La sua nuova opera, incentrata sull'umanità, è la prova di quanto - in termini qualitativi - si possa realizzare affidandosi a pochissimi elementi di gioco ben studiati.

Bastano uno spazio, degli scenari, dei capitoli e una storia capace di avvolgere totalmente il giocatore per arrivare all'obiettivo, trasportandolo in una realtà che, oltre ad affascinare e a colpire, mostra caratteristiche essenziali che contraddistinguono le produzioni che qualcosa intendono raccontarla. Humanity potrebbe raccontare di me, di te, e di chiunque altro sia alla ricerca della propria identità. Qualche settimana fa, sempre su queste pagine, ne avevo parlato con tono entusiastico, valutando quanto avevo provato in modo positivo. Attraverso quelle stesse parole, infatti, torno a sottolineare la qualità e l'espressione massima di uno dei game designer più talentuosi del panorama videoludico, guardando con il suo sguardo e i suoi occhi proiettati verso l'ignoto, vestendo i panni di un protagonista ben diverso da un gatto miagolante alla ricerca di qualcosa di ben diverso da un gomitolo di lana.

Una storia che parla al cuore dell'umanità

A essere ben più rilevante all'interno di Humanity, invece della mera trama che affascina e colpisce sin dalle prime ore, è il contesto, sorretto da una scrittura semplice e leggera che non lascia al caso alcunché, prendendosi l'onere di approfondire i lati umani in tutte le sue caratterizzazioni. Anche se può sembrare un tema ricorrente, specie in produzioni di questo calibro che tentano di raccontare una storia, Humanity rappresenta esattamente quel genere di produzione che, oltre a mostrare un lato affascinante, mette il giocatore a vestire i panni di un cagnolino che rappresenta la sola luce del modo in un mondo irrisolto, prosciugato dalla linfa che lo manda avanti e lo fa sentire appagato.

Attraverso questo canovaccio, intelligente e condensato con eleganza, la luce che il cucciolo emana è la salvezza per qualunque essere umano travolto dal dubbio. Il vuoto è rappresentato senza alcun bordo che ne tratteggi i margini, poiché fa parte di un coacervo di sensazioni che parlano al cuore di chiunque sia pronto ad abbracciare approcci alla vita capaci di sottolinearne la meraviglia. C'è la magia, che è totale. C'è pure la curiosità, che è inevitabile. E poi c'è la speranza, che muove chiunque a poter contare realmente sul resto, specie sulle poche ma fondamentali verità che il genere umano cela sapientemente, tentando di non mostrarle totalmente.

Sebbene possa sembrare una tematica non certamente nuova, specie in un panorama che ormai offre produzioni che ne cavalcano il messaggio, Tetsuya Mizuguchi riesce a differenziarne il messaggio facendo leva sulla connessione fra individui e lo stesso cane. La razza scelta, peraltro, non è casuale: il protagonista è uno Shiba Inu, che qualcuno di voi ricorderà sicuramente grazie ad Hachiko - Il mio miglior amico. Non preoccupatevi, perché qui non si piangerà, a meno che la dolcezza di questo amico a quattro zampe non vi coinvolgerà inaspettatamente fino a tenervi letteralmente con il fiato sospeso.

Le difficoltà che incontrerete, ben più radicate, saranno di relative a cosa proverete risolvendo gli enigmi e le aree che rappresenteranno delle vere sfide. Anche se ho impiegato sedici ore per vedere i titoli di coda, ammetto, specie in zone estremamente complesse, di aver sbattuto la faccia di fronte a enigmi che credevo impossibili. Ho faticato, sia chiaro, ma alla fine sono arrivato alla loro conclusione, viaggiando attraverso un'avventura che oltre a raccontare un contesto, propone al contempo una struttura inedita e ben condensata dal punto di vista ludico.

Tutte le sfumature di Humanity

Se con la mia anteprima avevo raccontato marginalmente l'architettura ludica della produzione, pensando di aver toccato la punta dell'iceberg, è perché non avevo superato il prologo e i primi due capitoli. Come accennavo prima, Humanity è un puzzle game in cui è possibile muovere la telecamera per non perdere di vista il cane, che si muove attraverso dei ben orchestrati livelli ottimamente implementati. Oltre a offrire uno scenario che va ben oltre le attese e approfondendo un game design semplice e caratteristico al tempo stesso, Humanity si focalizza dapprima sulla scoperta e, successivamente, sulla risoluzione degli enigmi.

L'opera d'arte di Tetsuya Mizuguchi, che cattura grazie alla costruzione di un game design preciso quanto semplice nonché ricco di diverse sfumature, mette alla luce sin da subito l'attenzione su una struttura ludica affascinante. Ogni sezione si diversifica e amplia in modo inaspettato, mettendo il giocatore ad approcciare i livelli come se avesse davanti a sé un Tetris tridimensionale da risolvere in cui non ci sono tetramini ma persone che cercano la luce nell'abisso, sospese sia nella paura che nell'incertezza - anche se questa non mai fine a sé stessa, non come la immagineremmo se ci trovassimo al posto di chi sta cercando la propria luce.

Oltre a muovere il cane liberamente per il game design, è possibile passare di persona a persona, agevolando i propri tempi per la risoluzione degli enigmi. Man mano che si avanza, infatti, i vari poteri sbloccabili consentono agli umani di saltare, alleggerirsi per arrivare con più facilità da una sponda all'altra e seguire un percorso per affrontare ulteriori sfide. A diversificarsi, oltre agli stessi enigmi, sono gli approcci che si possono seguire. Anche se inizialmente sarà complesso riuscire a fare propri tutti i Goldy sparsi per i livelli, si sarà tuttavia costretti a prenderli per avanzare nell'avventura. Nonostante possa sembrare una costrizione, questi umani ben più alti degli altri e dorati sono figure che consentono di approcciarsi a nuove sfide e aree. Meglio non sottovalutarle, specie se si intende arrivare a una consapevolezza maggiore di cosa si abbia realmente di fronte.

Attraverso questa struttura ludica, Tetsuya Mizuguchi racconta l'umanità come se la conoscesse e fosse al corrente di ogni anima che occupa uno spazio vitale in un mondo così vasto, periglioso e stratificato. Il game design è uno dei più brillanti e originali che mi siano mai capitati fra le mani, amalgamato a una qualità narrativa e a un contesto che affascinano. Pensavo fosse complesso superarsi, specie per gli standard odierni e la vasta proposta nel panorama videoludico, ma è proprio merito di queste espressioni che il panorama dei videogiochi sia in termini qualitativi, sia per valore e differenziazione di proposte, assume un ruolo culturale che va ben oltre la semplice interazione, coinvolgendo elementi ancora più trascinanti e coinvolgenti, misurati, estesi e impossibili da controllare se riflettiamo a opere come Humanity.

Brillante, originale e intelligente, Humanity offre un'esperienza ludica presentando uno dei migliori gameplay degli ultimi anni. Tetsuya Mizuguchi si prende l'onere di superare addirittura la propria bravura, oltre a quella di tanti stimati colleghi, arrivando all'apice della sua carriera con un videogioco che non lascia nulla al caso, ma confeziona un'esperienza tratteggiata intensamente, imperdibile per chiunque. Già, non per pochi: per chiunque. Anche per chi non conosce giochi di questo calibro.

La magia dell'umanità in tutta la sua meraviglia

Le opere straordinarie si realizzano dopo tanto studio. Tetsuya Mizuguchi, nel suo storico, è cresciuto nel panorama dei videogiochi com'è accaduto a Hidetaka Miyazaki e a Hideo Kojima. Può sedersi al fianco di Fumito Ueda, accarezzando il cane che lo ha portato ancora una volta a svettare fra questi grandi nomi del panorama. Humanity è un'opera affascinante, colma di vita e speranza, di critica sociale e di grande compostezza. Precisa ma mai punitiva, attenta ai dettagli ma proposta con cura nei particolari, affascinante e mai scontata, risulta un'opera che trascina il giocatore in un vaste ampolle di vetro d'acqua che lo immergono fino a soffocarlo, lasciandolo libero su un terreno pianeggiante che lo trasporta altrove.

Altrove, già. A volte qualcuno lo cerca assiduamente, in altre occasione un uomo si perde in un abisso creato dalla stessa Selva Oscura, e spesso chi è perduto raramente trova la strada di casa. Forse l'uomo deve affidarsi agli animali, specie per riscoprire il miglior lato di sé. Di sicuro, non mi aspettavo un'opera che connettesse due esseri tanto diversi fra loro ma legati da un filo conduttore unico. Il sogno di Humanity è per chiunque.

Voto Recensione di Humanity - PlayStation 5


9.4