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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

Interfaccia

La nuova interfaccia pensata per PS5 è un connubio di novità e continuità. Le varie schede riguardanti i giochi sono tutte posizionate orizzontalmente ma, a differenza del passato, ora sono più piccole nelle dimensioni e posizionate in alto a sinistra quasi come a voler lasciare spazio alle informazioni di ogni applicazione, rispetto a far troneggiare una libreria di copertine di giochi e applicazioni.

Ogni applicazione che selezioneremo dalla lista posta in alto a sinistra, infatti, mostrerà al centro dello schermo diverse informazioni, o opzioni di gioco, che potremmo consultare. Questo sistema, ribattezzato da Sony CARDS, permette di svolgere diverse operazioni molto intuitive, oltre che tenere d'occhio, nel caso dei giochi, i nostri progressi nei vari livelli e nel conseguimento dei vari trofei. Una cosa che abbiamo apprezzato particolarmente è la capacità di far partire un gioco da un punto esatto di un livello utilizzando un sistema di checkpoint latente e che si integra ai salvataggi presenti in memoria. Vi facciamo un breve esempio: con Astro's Playroom nelle CARDS si possono visionare i progressi fatti nelle varie aree di gioco, se si clicca su una di queste schede, si viene direttamente lanciati nell'azione all'inizio di quella specifica area di gioco.

Per chi se lo stesse chiedendo, PS5 non sfrutta un sistema simile al Quick Resume, ma ne integra uno chiamato Switcher, che permette di sospendere fino ad un gioco alla volta. Molto utile per cambiare rapidamente gioco o applicazioni tra gli ultimi avviati.

Le CARDS, infine, sono divise in numerose sezioni che permetteranno agli sviluppatori le più disparate proposte: inserire guide, brani musicali, aggregare video... l'unico limite sarà soltanto la volontà delle software house nello sfruttarle al meglio. Le restanti parti dell'interfaccia, invece, seguono lo stile già visto nelle due precedenti generazioni, i comandi sono invariati, le funzioni basilari pure e nell'insieme il tutto si mostra come un evoluzione esteticamente più minimale, e ordinata, in grado di dare la classica "ventata di novità" che un'interfaccia dovrebbe presentare a ogni cambio generazionale.

Nel corso della prossima settimana vi parleremo in maniera più approfondita della nuova interfaccia utente, approfondendo i trofei, la categoria Media, lo store e tanto altro.

Controller DualSense

Sin dai tempi di PlayStation 3, Sony ha da sempre cercato di migliorare il proprio controller, cercando di integrare tecnologie sempre più innovative. Il DualShock 3 e 4, infatti, introducevano il giroscopio, lo speaker audio e la touchbar, tutti elementi senz'altro interessanti, ma che non hanno mai davvero spinto le aziende ad investirci sopra. Questo ha portato i precedenti controller ad essere poco memorabili, nonostante avessero delle potenzialità notevoli sotto il profilo ludico.

Voi credete che questo abbia scoraggiato Sony? Certo che no, anzi, ha convinto a fare l'esatto opposto, investendo molto di più nella ricerca e sviluppo di un controller potenzialmente rivoluzionario: il DualSense.

Proprio come accenna il cambio di nome, il gamepad di PS5 non è più un solo mezzo di input, ma anche di output. Noi possiamo comunicare normalmente con il videogioco, muovendo gli analogici e premendo i grilletti, ma quest'ultimo ci risponde letteralmente, facendoci provare una determinata sensazione con l'ausilio del feedback aptico e dei trigger adattivi.

Il DualSense è infatti costituito da una serie di motori a vibrazione, che riescono ad attenuare o ad accentuare la propria intensità a seconda di quello che sta accadendo su schermo. Immaginate di avere le onde intorno a voi, la sabbia ai vostri piedi o anche solo di essere accanto a un treno in movimento, queste sono tutte delle situazioni sensoriali che riusciamo a percepire con il controller di PS5, magari non sempre nella maniera migliore possibile, ma certamente in un modo senz'altro mai visto prima.

Se il feedback aptico è una tecnologia che in parte abbiamo già vista applicata su diversi prodotti, quella dei trigger adattivi è già più diversa, nonché anche quella più unica e sorprendente. Per farvi un esempio pratico, in Astro's Playroom possiamo trasformarci in una molla, questo porta i grilletti a divenire più duri da premere, riuscendo a ricreare la stessa forza applicabile ad una molla. Il risultato emoziona e lascia esterrefatti, ma che ci hanno portato a riflettere su diverse considerazioni.

Innanzitutto va detto che solo Astro's Playroom riesce nell'intento di sfruttare al 100% questo controller, e che i giochi della lineup finora testati, come Devil May Cry e Spider-Man: Miles Morales, non ci hanno particolarmente sbalordito, permettendoci di giocare in maniera piuttosto classica e senza un valore realmente aggiunto alla componente ludica. È chiaro, quindi, che il feedback aptico, unito ai trigger adattivi e al nuovo speaker - che tra le tante cose comprende anche un microfono incorporato - siano potenzialmente rivoluzionarie per il gaming, ma va anche detto tutto questo dovrà essere necessariamente sfruttato in maniera egregia da parte degli sviluppatori, interni in primis, ma anche e soprattutto terze parti.

Considerando ciò che è accaduto in passato, siamo un po' spaventati dall'idea che tutto questo ben di dio venga preso in considerazione da pochi designer, soprattutto sul lungo periodo. Noi non possiamo fare altro che pensare ad esempio al maestro Kojima, che certamente starà già pensando al modo di sfruttarlo appieno, ma anche ad altri talenti dell'industria quali gli Arkane, che potrebbero davvero sorprenderci in meglio con le loro idee su come supportare il DualSense.

Dal punto di vista strutturale il pad è leggermente più grande del Dualshock 4, abbandona i colori dei simboli iconici, presentandosi più minimale e futuristico. Il led di contorno della touchbar è ora più visibile ed è abbinato a un'altra luce posizionata vicino allo speaker, necessario per segnalare il muto del microfono incorporato. I grilletti e dorsali, al di là delle potenzialità, non sono qualitativamente eccezionali, cosa che invece è, come da tradizione consolidata, la croce direzionale.

Il grip, ricreato attraverso una serigrafia che richiama i simboli iconici di PlayStation, ci è sembrato meno performante rispetto alla concorrenza, offrendoci sensazioni contrastanti e risultando più come una superficie, semplicemente, ruvida piuttosto che un vero e proprio grip in grado di offrire la giusta presa e una corretta frizione con la pelle. Il controller monta una batteria interna da 1560 mA, ricaricabile tramite cavetto type-c già compreso all'interno della confezione. Dal punto di vista della longevità, il DualSense ci è durato circa 10 ore e 48 minuti, una durata buona ma non elogiabile.

In conclusione il DualSense è davvero un pad interessante, da una parte monta tecnologie che potrebbero divenire uno standard e che puntano a rivoluzionare il concetto ludico; dall'altra, però, rimane tutto da valutare sul lungo periodo, soprattutto considerando che, a parte Astro's Playroom, non abbiamo avuto modo di testare esperienze definibili davvero significative. Costruttivamente non fa urlare al miracolo per i materiali scelti, e in più di una occasione ci siamo interrogati sull'effettiva solidità delle varie componenti, bisogna, però, fare un plauso a Sony per quello che ha realizzato, nella speranza che il tutto porti la maggior parte delle software house a investire il proprio tempo dietro al supporto completo del controller. Se l'obbiettivo verrà centrato, preparatevi a cambiare per sempre, il modo di approcciare i videogiochi.