Perché abbiamo ancora bisogno di giochi come Balan Wonderworld

Abbiamo deciso di osservare Balan Wonderworld attraverso degli occhi diversi, più giovani e meno contaminati dal nostro passato videoludico.

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a cura di Andrea Maiellano

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Raramente in questo settore scriviamo in prima persona. É un onore, o un onere se preferite, che viene riservato a quei rari casi in cui si espone un pensiero personale o un’esperienza vissuta in prima persona che possa mutare un giudizio o dare vita a un punto di vista che si voglia condividere con i lettori. La vera sorpresa è che sia stato proprio Balan Wonderworld, il tanto chiacchierato titolo degli autori di Nights, il galeotto che ha dato vita al flusso di coscienza che state per leggere.

Tutto è cominciato qualche mese fa, quando mi ritrovai a provare la demo di Balan Wonderworld. Una prova breve, giusto una ventina di minuti stiracchiati ma che mi lasciarono con più dubbi che certezze. Tutto mi sembrava troppo colorato, frivolo e disimpegnato. Architetture ampie, nemici privi di mordente, collezionabili pressoché sempre in bella vista e un’atmosfera generale che mi ricordava una puntata di uno show per bambini, con i personaggi che si muovevano in maniera compassata e ridondante, lasciando alla gestualità, più che alle linee di dialogo, il compito di narrarti cosa stava succedendo. 

La demo di Balan Wonderworld, nella sua semplicità, mi lasciò con uno degli stati mentali più difficili da digerire per una persona che deve analizzare un prodotto… l’incapacità di leggerlo. Non riuscivo a relegarlo frettolosamente nella categoria dei “brutti giochi” perché, alla fine, tutto quel marasma di colori, musiche e buoni sentimenti pareva avere un senso… ma non riuscivo a comprenderlo e mi ripromisi di riprenderlo in mano una volta che la versione definitiva fosse diventata disponibile. 

Una settimana fa Balan Wonderworld è stato rilasciato senza grosse campagne mediatiche di supporto e le poche valutazioni negative reperite in giro mi ricordarono quella prova fatta qualche mese prima… e il mio conto aperto con  quel mondo colorato e disimpegnato. Decisi quindi di sfruttare il weekend per dedicarmi a Balan Wonderworld e, sorprendentemente, lo finii in un paio di giorni senza nemmeno accorgermene. Gameplay ridotto all’osso, storia leggera, sfida pressoché nulla e un backtracking costante hanno svuotato la mia mente lasciandomi con le stesse sensazioni della demo provata qualche mese prima.

Non capivo se fosse la poca sfida che Balan Wonderworld offriva, se fossero i temi troppo infantili o il gameplay eccessivamente semplice, ma non riuscivo a trovare niente di realmente interessante nella nuova produzione di Yūji Naka. Mi sembrava di giocare quei platform tanto in voga nel periodo della prima PlayStation dedicati ai più picc… eccola la risposta! Offuscato dal cercare una sfida impegnativa e le meccaniche di gioco che mi riportassero alla mente i pomeriggi spesi su Nights, mi ero completamente dimenticato che ora ho 36 anni e che non sono più l’unico tipo di videogiocatore esistente al Mondo. 

Balan Wonderworld mi aveva offerto esattamente le stesse sensazioni che mi dava completare Hercules in un pomeriggio da ragazzino. Quella sensazione di frustrazione per aver raggiunto i titoli di coda in totale scioltezza, senza una sfida degna di essere chiamata tale. Probabilmente Balan Wonderworld andava “letto” in maniera diversa: non come un gioco pensato per me che amavo Nights a metà degli anni 90 ma come una produzione che permettesse a nuove generazioni di giocatori di provare quelle stesse sensazioni, senza la frustrazione che provai io quando passavo le estati a ripetere quei pochi livelli di Mega Man 3 che riuscivo a superare con le capacità che si potevano avere a 6 anni. 

Alla fine basta pensarci un attimo. Quante volte sentiamo parlare di videogiochi per quel target di età? In quante occasioni possiamo leggere recensioni di un titolo dedicato a Paw Patrol, giusto per fare un esempio. Si è creato nel corso degli anni una sorta di filtro per le quali le produzioni pensate per quello specifico target non vadano considerate nemmeno dei videogiochi, colpa anche di un mercato che ai bambini propina produzioni di fattura davvero discutibile e che portano l’opinione generale a non pensare che giochi come Balan Wonderworld possano indirizzarsi a quegli utenti. Senza contare l’ego che risiede in ogni “giocatore d’annata” per il quale ogni gioco deve essere pensato anche per lui. 

Con le supposizioni non si ottiene granché, quindi il passaggio successivo è stato comprovare questa mia teoria e per farlo ho semplicemente fatto la cosa più ovvia: far provare Balan Wonderworld a un bambino di 5 anni. E con un soggetto che aveva, praticamente, zero esperienza in campo videoludico, la nuova produzione di Square Enix ha assunto connotati completamente diversi: le architetture semplici, i nemici lenti e poco aggressivi e le sezioni platform prive di natura punitiva offrivano a quel bambino delle sfide reali. Impensabile per un adulto di 36 anni che lo aveva finito in un paio di pomeriggi senza nemmeno prestargli attenzione, eppure quel gioco stava assumendo un’identità ben precisa: quella di un fatato biglietto d’ingresso per un mondo che mi fa compagnia da quasi trent’anni.

Vederlo ammaliato da quei colori e da quei personaggi mi riportò alla mente i pomeriggi passati da bambino a fantasticare su quell’accozzaglia di pixel che il mio NES trasmetteva sulla televisione. Vederlo felice per aver superato un livello mi generò una genuina invidia pensando alle molteplici volte in cui mi rifugiavo nei cartoni di Bim Bum Bam perché Snake Man era troppo forte per me… e finalmente ero riuscito a “leggere” Balan Wonderworld. 

Non fraintendetemi, non sto dicendo che Balan Wonderworld sia il miglior esponente del genere platform da anni a questa parte, ne voglio cominciare un paragone fra lui e i titoli dedicati ai più piccoli… perché il buon Balan straccerebbe buona parte della concorrenza, a esclusione di un paio di produzioni di Nintendo. Voglio solo fare un particolare tipo di mea culpa per un giudizio affrettato nato da un’arroganza che 30 anni di videogiochi possono generare. 

Se si hanno 36 anni, Balan Wonderworld è indubbiamente un gioco privo di mordente, basilare nelle meccaniche e poco interessante. Il problema è che non esistono solo giocatori adulti. Per un bambino di 5 anni Balan Wonderworld può essere l’equivalente di quello che per noi è Crash Bandicoot 4. Un platform colorato, con la giusta sfida per un novizio, comandi semplici e una narrazione leggera che viene spiegata attraverso la musica e la fisicità dei protagonisti. Ha senso dargli una valutazione? Per chi vi scrive la risposta è no, ha un senso maggiore spiegare che tipo di produzione sia e magari consigliarla a chi vuole iniziare un bimbo a questo magico mondo fatto di pixel ed emozioni.