PlayStation Home: il sogno avveniristico infranto da Sony

Ricordate PlayStation Home, lanciato su PS3 nel 2008? Vi raccontiamo di un sogno avveniristico, dal quale però Sony ci ha bruscamente risvegliati.

Avatar di Federica Pantaleo

a cura di Federica Pantaleo

Vi ricordate di PlayStation Home? Mi ha letteralmente rapita dal primo momento in cui ne ho sentito parlare. Inizialmente, sembrava agli occhi di tutti un progetto rivoluzionario. Ricordo ancora l’entusiasmo e il fervore che provavo, quando ne parlavo con i miei amici. All’epoca, mi piaceva spendere il mio tempo su The Sims e mi divertivo a riprodurre in game i personaggi della mia quotidianità sul piccolo schermo della mia stanza. Al contempo, era l’età dell’oro di MSN, della sua fantastica piattaforma web blogging – Windows Live Spaces – nonché dei più svariati forum online. Chi ha vissuto quel periodo, ricorderà bene la popolarità di questi strumenti, nonché dell’affascinante significato dell’interconnessione che un adolescente poteva provare in quegli anni. La sola idea di poter ritrovare tutto questo in una dimensione videoludica targata Sony, dove non si interagiva con il computer, ma con vere e proprie persone, virtualmente e in free-to-play mi elettrizzava non poco.

Per chi non ha avuto l’opportunità di provarla con il proprio controller, PlayStation Home era una comunità virtuale sviluppata da SCE London Studio, pubblicata da Sony Computer Entertainment e approdata su PlayStation 3 l'11 dicembre 2008. Tale servizio era stato pensato come modalità di intrattenimento online, in cui vari utenti potevano incontrarsi virtualmente, anche in occasione di alcuni eventi pensati per questo hub. L’applicazione era scaricabile gratuitamente, ma come prevedibile vi erano alcuni contenuti disponibili mediante microtransazioni. Aveva davvero un enorme potenziale.

In cosa consisteva?

Inizialmente, non era chiaro se Sony avesse voluto renderlo uno spazio pubblicitario per PS3 o trasformarlo in un concreto gioco a parte. Di fatto, divenne una piattaforma sociale in cui conoscere persone di diversa provenienza geografica, divertendosi insieme e condividendo le proprie esperienze. Oggi, vi sembrerà forse scontato, banale, ma provate a pensare ad un progetto del genere in anni in cui internet non aveva la stessa espansione dei giorni nostri. Un tempo, se si provava ad accedere ad internet con il cellulare, si chiedeva subito aiuto alla prima divinità pensata per non esaurire il credito e se già oggi la connessione è un limite per molti, figuriamoci all’epoca. Per coloro che, invece, avevano la possibilità di usufruire di un simile servizio, si trattava di un'occasione allettante.

Ebbene, l’esperienza su PlayStation Home, iniziava dal proprio appartamento privato, un monolocale con vista su un porto, che si poteva arredare a proprio piacimento scaricando degli oggetti e all’interno quale era possibile anche invitare altri utenti. Usciti dalla propria casa, si aveva accesso alla Piazza Centrale, principale luogo di ritrovo in cui chattare e svagarsi e in cui era possibile giocare a scacchi e a dama in alcune aree dedicate. Era adornata da cartelloni pubblicitari e consentiva l’accesso anche ad altri luoghi. Tra questi, vi era l'Home Theatre, un cinema virtuale in cui erano proiettati i trailer dei film usciti in DVD/Bluray, visualizzabili anche a schermo intero. Poi c’erano la Sala da Bowling", in cui si poteva giocare anche a biliardo e il Centro Commerciale, all’interno del quale vi erano dei veri e propri negozi, utili per l’acquisto di contenuti volti a personalizzare il proprio avatar. Non solo, si potevano acquistare anche dei mobili per la propria casa e nuovi HomeSpace, come la Casa Sul Mare. Inoltre, nel piano superiore del centro commerciale vi erano altre postazioni per giocare a scacchi e un videoschermo.

Il fallimento

Il grande pubblico era pronto a dare il benvenuto alla produzione di Sony – inizialmente previsto per ottobre 2007. Il colosso nipponico aveva anche scherzosamente aperto l’E3 di Los Angeles collegandosi direttamente dal mondo di Home. Dunque, le aspettative nei suoi confronti erano altissime, poiché si trattava di un progetto dalle enormi potenzialità. Addirittura, si parlava di un sistema di supporto ai cellulari per la piattaforma, tramite il quale si poteva accedere ad un sito web supplementare – che fungeva da social network – in cui si potevano anche lanciare dei giochi. Tuttavia, i mesi passavano e di PlayStation Home ancora non vi era traccia.

In aggiunta, come un fulmine a ciel sereno, Phil Harrison – il suo padre fondatore – abbandona il progetto a febbraio 2008, prima ancora che la sua creazione fosse pubblicamente rilasciata. La notizia aveva sconcertato il team di Harrison, molti sviluppatori, nonché tutti i videogiocatori che aspettavano di saperne di più. Si temeva fortemente per le sorti di tutto il lavoro svolto fino a quel momento. Ciò nonostante, si continuò a lavorare per la realizzazione di Home sotto la direzione di Oscar Clark – all’epoca noto come l’Home Architect di PlayStation. Quest’ultimo, però, si rivelò distante dall’idea originale portata avanti da Harrison, senza negare che alcune cose secondo lui “semplicemente non funzionavano”. Dopo una lunghissima attesa, la beta di Home è stata pubblicamente rilasciata a dicembre 2008 – dopo oltre un anno dal lancio previsto.

L’enorme ritardo con cui PlayStation Home si era presentato al pubblico aveva già infranto l’entusiasmo di molti giocatori. Una volta varcate le porte d’ingresso al nuovo mondo creato da Sony, questo malcontento si diffuse ulteriormente, al punto da frazionare letteralmente l’utenza. PlayStation Home non si è rivelata la rivoluzione che si pensava potesse compiere in origine. Le aspettative erano più alte del concreto appagamento offerto. Di fatto, nonostante le interessanti premesse, Home non ha mai raggiunto gli obiettivi originariamente delineati. Certamente, non mancarono i sostenitori dell’hub di Sony, tuttavia il numero di giocatori occasionali o disinteressati al servizio era elevato. Tra i limiti riscontrati, alcuni non hanno gradito l’eccessiva legnosità e freddezza dell’interazione con gli altri utenti. Un’altra nota dolente che ha infastidito l’utenza era la lentezza imbarazzante dell’apertura dell’applicazione e del caricamento delle mappe del gioco. Alla lentezza di utilizzo e alla tediosità nell’interazione lamentata da alcuni, si aggiungeva l’incomodo di dover scaricare praticamente ogni cosa.

Eppure, Home ci ha provato a regalarci momenti di leggerezza e di svago. Pensate ai numerosi incontri casuali, in cui alcuni videogiocatori iniziavano a ballare in modo disarmonico e goffo, strappandoci un sorriso. Di ballerini, infatti, ne era piena la community di PlayStation Home. Inoltre, tra i contenuti che hanno notevolmente impreziosito questo spazio, non possiamo non menzionare il lancio di Pottermore – un’ampia area esplorabile, interamente dedicata al magico mondo di Harry Potter. Ricordo che, per l’occasione, anche in me si era riacceso l’entusiasmo, considerando che era possibile vestire il proprio personaggio a tema, partecipare a diversi giochi ed esplorare i luoghi tipici dati alla luce da J. K. Rowling. Anche qui, però, la brillante premessa non ha dato giustizia a questo strumento. Forse, Pottermore è arrivato troppo tardi. Ad ogni modo, non è stato supportato come avrebbe meritato.

PlayStation Home VS social network

Parallelamente, durante il ciclo vitale di Home, i social network cominciavano a diffondersi e a penetrare nelle vite di ognuno di noi. Le piazze virtuali cominciavano a distanziarsi parecchio da quelle in voga nei primi anni 2000, descritte antecedentemente. Inoltre, lo sviluppo significativo dei dispositivi smartphone ha influenzato notevolmente lo sviluppo di tale fenomeno, fino a diventare ad oggi quasi irrinunciabili. Tutto questo porta a pensare che PlayStation Home sia stata una bellissima idea, ma concretizzata nel periodo sbagliato. Com'è noto, i giovani adorano trascorrere del tempo insieme agli amici, condividere le loro esperienze e confrontarsi. È stato sempre così, in ogni epoca storica. Nella nostra, questo bisogno si relaziona con la capacità di amplificare la modalità di condivisione, poiché i social attuali abbattono le barriere spazio-temporali, grazie anche ai flussi di informazioni che si muovono in tempo reale. Allora, perché i giovani avrebbero dovuto scegliere PlayStation Home, con i suoi numerosi problemi, quando i social network più noti soddisfacevano meglio le loro esigenze?

Allo stesso tempo, probabilmente nemmeno la stessa Sony ci ha creduto così tanto. Non si tratta soltanto di una questione di guadagni che non coprivano i costi, quanto più una mancanza di fiducia nello strumento stesso già in partenza, amplificata dall’abbandono di Phil Harrison e dall’arrivo di Oscar Clark. Secondo quando dichiarato in origine, infatti, Sony avrebbe dovuto fornire tutta una serie di strumenti nel tempo in grado di conferire agli utenti di PlayStation Home maggiori possibilità creative. Allo stesso modo, i giocatori avrebbero potuto riprodurre online la propria quotidianità, ascoltando musica e guardando insieme ad altri utenti filmati salvati sul proprio hard disk, all’interno del loro appartamento – proprio come si poteva fare su The Sims, ma relazionandosi con persone vere.

Inoltre, la mancanza più grande percepita dagli utenti è stata, sicuramente, l’assenza della tanto celebrata Stanza dei Trofei ottenuti nella propria ‘carriera’ su PS3. In più, molti spazi di gioco erano saturi e non si poteva interagire con la stessa libertà pensata in origine. Infine, non ci fu mai la volontà di migliorare concretamente questo spazio, di dare giustizia alle milioni di amicizie intraprese grazie ad Home – sebbene la scomodità di interazione spinse anche me all’acquisto di una tastiera per PS3 all’epoca. Poi, un giorno, arrivò il triste annuncio della chiusura di PlayStation Home, avvenuta di fatto il 31 marzo 2015, senza mai approdare su PS4.

Sarebbe stato bello se...

La prima volta che si è parlato di PlayStation Home, fu presentato come “un gioco 3.0”. Erano riusciti letteralmente ad incantarci, designandoci un mondo tutto digitale, popolato da personaggi a nostra immagine e somiglianza, in grado di comunicare, condividere esperienze, interagire e socializzare. Molti utenti ci hanno creduto davvero in questa realtà, festeggiando sulla piattaforma dei compleanni virtuali, condividendo del tempo insieme giocando a biliardo o a bowling e instaurando delle relazioni di amicizia – nei casi più fortunati convertite in amore –  che ancora oggi perdurano nel tempo. Dunque, legami che hanno resistito alla scomparsa di Home. Se tutto questo vi sembra assurdo o paradossale, vi invito a muovere le lancette del nostro “giratempo”, tornando indietro di un anno. Non avete già visto qualcosa di simile? Esatto, Animal Crossing New Horizons.

Considerando il delicato momento storico che stiamo vivendo, l’originaria idea di Phil Harrison avrebbe avuto sicuramente maggior successo ai giorni nostri. PlayStation Home era stato concepito come un’opportunità per vivere una seconda vita, più vantaggiosa di quanto avrebbero potuto offrire i più noti social network che usiamo nella nostra quotidianità, poiché le interazioni erano animate, antropiche. D’altronde, i nostri stessi profili online ci spingono a creare un’immagine virtuale di quella che è la nostra persona, non lontano da quanto potrebbe fare un avatar, utilizzando semplicemente un altro codice comunicativo.

Tuttavia, il punto di arrivo è il medesimo. Sony non ha creduto abbastanza in questo progetto, al punto da spingere il suo creatore al licenziamento, probabilmente per non assistere in prima persona allo spegnimento del suo ambizioso sogno. PlayStation Home non ha avuto una solida campagna di marketing alle spalle. Forse, gli unici che gli hanno reso giustizia sono stati proprio i destinatari del prodotto, i videogiocatori – più precisamente, una fetta minore di questa enorme platea, ma non per questo irrilevante. Sicuramente, chi ha visto nascere Home – come me – conserverà sempre nel cuore un romantico ricordo del suo arrivo nel lontano 2008. Ammiro anche coloro che hanno supportato questa realtà fino all’ultimo minuto, quando sopraggiunse l’interruzione del servizio. Decine di “Goodbye”, abbracci e ultimi simpatici e bizzarri balletti per concludere questo viaggio comunque con un sorriso. Poi, dopo un countdown di gruppo, la comparsa di: “Network Error! The connection to the server was lost M-10 [D3505]”. Si concluse così l’ultima pagina di un interessante capitolo della storia di PlayStation, un "addio" immeritato.

Questa piattaforma aveva provato a lanciare degli eventi, come quello dell'8 gennaio 2009 inerente al Red Bull Air Race. A pensarci, queste idee sono valide ancora oggi, ma sono state presentate meglio da altri, che sono riusciti a riproporre una ricetta già nota ma servita più abilmente, in una location più adatta. Ve lo immaginate se PlayStation Home fosse stato attivo durante la pandemia? Avrebbe potuto essere il luogo ideale per lo svolgimento di eventi Live, come sport e concerti. Se ci ha pensato Fortnite, certamente Home non sarebbe stato da meno.

PlayStation Home tornerà?

Negli ultimi giorni, si è vociferato molto in merito ad un eventuale ritorno di Home. A farlo pensare è il terzo rinnovo del marchio in un anno, nonché nel giro di tre mesi, da parte di Sony. Come se qualcosa effettivamente stesse bollendo in pentola. Al momento, però, si tratta solamente di voci di corridoio. Dunque, è bene prendere queste notizie con le pinze, ma la speranza è lecita. Tuttavia, forse l’unico che ha creduto realmente al progetto tra i ‘dietro le quinte’ è stato il suo padre fondatore. Poiché ha lasciato il progetto ancora prima che nascesse e nessuno ci ha mai creduto come Harrison, può indurci a pensare che nessuno sarà in grado di sponsorizzarlo, promuoverlo e rassicurare l’utenza come sarebbe stato in grado di farlo lui.

Eppure, dato che le console di nuova generazione hanno promesso all’utenza di cambiare e modernizzare parecchio l’esperienza di gioco, un eventuale ritorno di Home con le moderne tecnologie ed un’offerta esperienziale senza precedenti, potrebbe concretamente stuzzicare l’utenza. Il realismo grafico, l’incredibile velocità di caricamento, la potenza grafica e la restituzione sensoriale consacrata dal DualSense, unito all’utilizzo di un PS VR, potrebbe regalarci un’esperienza memorabile. Probabilmente PlayStation Home era troppo in anticipo con i tempi, ma questa volta la nuova PS5 potrebbe essere una preziosa alleata nel caso di un presunto ritorno, conferendo al marchio un nuovo fascino. Quale sarebbe, inoltre, la reazione di tutti quei sostenitori di vecchia data che potrebbero così ritrovare i propri amici sulla Piazza Centrale di Home? Non escludo che, se avessimo avuto l’opportunità di ritrovarci virtualmente durante le malinconiche giornate del primo grande lockdown del 2020, avremmo trovato tutti in PlayStation Home un rifugio dal mondo reale, un luogo in cui ritrovarsi, sentirci al sicuro, nonché come da tradizione a Casa.

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