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Predator: Hunting Grounds | Recensione

Gli autori di Venerdì 13 tornano sul mercato con una nuova ip multiplayer dedicata al famoso personaggio Predator. Ecco la nostra recensione.

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Avatar di Yuri Polverino

a cura di Yuri Polverino

@Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 28/04/2020 alle 17:29
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  • Pro
    • - 5 giocatori capaci possono dar vita a match entusiasmanti
    • - i fan della saga cinematografica potrebbero apprezzarlo
  • Contro
    • - Gameplay non all’altezza
    • - Tecnicamente deficitario
    • - Bilanciamento inadeguato

Il verdetto di Tom's Hardware

5

Predator: Hunting Grounds fallisce sotto troppi aspetti. Gameplay mediocre, tecnicamente poco rifinito e bilanciamento troppo distratto. Rimane il rammarico perché il concept aveva grandi potenzialità, e con un’impostazione più “survival horror” si sarebbe secondo me espresso molto meglio. Anche nel caso in cui stiate cercando prodotti da giocare in compagnia, il titolo IllFonic non dovrebbe stare in cima alla vostra lista.

Informazioni sul prodotto

Da ragazzino Predator era uno di quei mostri che mi terrorizzava ma al contempo mi affascinava: la sua natura da feroce cacciatore unita ad un look tutto sommato accattivante creava quel sentimento di curiosità/paura che, alla fine, mi portava quasi a dire “hey, mi piace!”. Al contrario di Alien per esempio, che mi faceva tantissima paura e basta. Sarà per questo che, da un punto di vista squisitamente personale, Alien contro Predator mi piacque tanto da diventare uno degli action che all’epoca amavo di più.

Ovviamente guardai anche tutti i film dedicati sia allo xenomorfo che al temibile predatore extraterrestre; quest’ultimi, devo dire, non mi facevano impazzire ma avevano comunque quel qualcosa che mi portava a guardarli ancora e ancora. Più avanti, capii che l’elemento che mi intrigava era il potenziale concept da videogame che avevano quelle pellicole. Un gruppo di militari, una bestia cacciatrice e mille modi per ucciderla o, ahimè, morire.

Qualche annetto dopo IllFonic arriva sul mercato con un titolo dedicato proprio a quest’idea: Predator: Hunting Grounds è un gioco squisitamente multiplayer che ci permetterà di giocare sia nei panni dei militari che del Predator, all’interno di una mappa ovviamente studiata ad hoc e all’interno della quale potremo utilizzare armamenti e gadget d’ogni tipo. Il progetto, sulla carta, aveva del potenziale. Purtroppo però il risultato non è stato all’altezza della situazione, adesso vi racconto il perché.

predator-hunting-grounds-47384.jpg

Militari allo sbaraglio

Una volta avviato il matchmaking vi sarà la possibilità di scegliere se impersonare i militari, oppure il Predator. Partiamo dai primi. Il team è composto da quattro persone e avrà una serie di missioni da portare a termine girovagando per la mappa. Solitamente si tratta di raccogliere oggetti, sventare un traffico di droga oppure eliminare determinati obbiettivi. Nel compiere queste azioni, ci saranno altri militari controllati dall’IA che, in teoria, dovrebbero renderci la vita più facile.

In realtà, ve lo assicuro, i nemici sembrano degli Stormtrooper in pensione, nel senso che non riusciranno quasi mai a colpirci o diventare delle vere e proprie minacce. Per la stragrande maggioranza del tempo questa parte di gameplay è poco stimolante e poco complicata, con l’unica vera variante rappresentata dal Predator che, una volta entrato in gioco, si assume la responsabilità di dare un senso al match.

Il gioco, nei panni dei Marines, è sostanzialmente un FPS molto classico, caratterizzato da un gunplay poco incisivo e una varietà di approcci e situazioni decisamente scarsa. In qualche modo è comprensibile porre l’attenzione sulla sfida fra giocatori e Predator, ma anche in questo senso i problemi sono diversi. In primis il bilanciamento, completamente a sfavore del cacciatore, e poi ci sono i cali di frame rate, le animazioni datate e, addirittura, la possibilità di vincere la partita senza sfiorare neanche con un proiettile la bestia. I Militari infatti potranno aggiudicarsi la vittoria semplicemente completando le loro missioni e tornando alla base per raggiungere il luogo d’estrazione. Altresì, uccidere il Predator terminerà prima il match, vanificando anche il concentrarsi sulle singoli fasi della missione.

Attenzione non sto dicendo e non voglio dire che il gioco sia “tutto sbagliato”; qualche momento di tensione particolarmente riuscito c’è, ma viene eclissato da un lato tecnico troppo ballerino e da un game design che non riesce quasi mai ad esprimersi al meglio.

predator-hunting-grounds-47469.jpg predator-hunting-grounds-47470.jpg predator-hunting-grounds-48711.jpg

In balia della bestia

Impersonando il Predator, il gioco cambia telecamera adottando la formula della terza persona. Cambia anche tutto il gameplay: il nostro scopo sarà quello di attaccare furtivamente i nemici senza farci scoprire, utilizzando non solo i gadget classici del mostro ma anche l’ambiente circostante. Come vi dicevo poco fa, però, il bilanciamento compromette quasi tutto: l’azione deve essere ben pensata e molto ben programmata, in quanto gli attacchi sconsiderati saranno puniti molto rapidamente con la morte. La lentezza dei movimenti e la poca efficacia offensiva del Predatore mi ha costretto a giocare quasi da codardo, lanciando qualche sterile offensiva per poi battere in ritirata.

Mi sono scordato molto presto le mirabolanti e violente azioni viste nei film; qui lo Yautja è in netto svantaggio, e dovrà giocarsela con più astuzia e meno forza bruta. Un vero peccato, perché un po’ di fluidità in più e qualche soluzione più coraggiosa avrebbero reso questa parte del gioco particolarmente interessante. Di fatto, si tratta invece di un prodotto molto acerbo e incerto che diventa obsoleto e poco divertente troppo in fretta.

predator-hunting-grounds-47472.jpg

Hunting Grounds propone anche un sistema di crescita che, salendo di livello, permette di sbloccare armi, gadget e abilità passive non solo per il Predator ma anche per i militari. Insomma giocando di più, l’esperienza si arricchisce ma, ancora una volta, viene compromessa dal bilanciamento. Prima di tutto perché tutto ciò che si sblocca contribuisce ad aumentare il dislivello fra le varie classi, ma soprattutto perché il matchmaking (e questo è davvero inconcepibile) non funziona. Mi sono trovato troppo spesso compagni di squadra meno livellati di me o, al contrario, troppo avanti con le ore di gioco rispetto al sottoscritto. Stessa cosa per i Predator: alle volte incontravo dei killer, altre volte dei completi sbarbati - e questo a prescindere dal mio livello e quello degli altri.

Il quadro finale è dunque un prodotto che non raggiunge la sufficienza nonostante le potenzialità. Il risultato è davvero troppo mediocre e poco rifinito: un gioco “distratto” che non riesce mai ad essere all’altezza del nome che porta.

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