Rapture di Bioshock e quell’incredibile somiglianza con EPCOT di Walt Disney

Rapture è una delle ambientazioni più simboliche del panorama videoludico... ma se vi dicessimo che l'ha concepita Walt Disney?

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a cura di Andrea Maiellano

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Era inevitabile! La recente presentazione di Judas durante gli scorsi The Game Awards ha fatto riemergere il mio amore incommensurabile per Ken Levine e quelle realtà distopiche che solo lui riesce a farmi piacere. La reazione conseguente è stata quella di reimmergermi negli abissi dell'oceano atlantico per compiere l'ennesima gita turistica in quel di Rapture che, dall'agosto 2007, è diventata una delle mie mete di villeggiatura preferite.

Questa volta, però, perdermi nei corridoi Art-Decò di Rapture, riscoprirne le origini e analizzarne i dettagli, mi ha ricordato quanto la oramai defunta Irrational Games capitanata da Levine si fosse ispirata, senza mai dichiararlo pubblicamente, al progetto più visionario, avveniristico e utopico di una delle figure più importanti del 1900: Walt Disney.

Ovviamente non si tratta della scoperta del secolo, le teorie in merito al fatto che Andrew Ryan sia basato sulla figura di Walt Disney proliferano da anni sulle pagine virtuali di Reddit, ma c'è un progetto in particolare che mostra un numero impressionante di analogie con Rapture… un'utopia di cui non tutti i fan del papà di Mickey Mouse conoscono l'esistenza.

The happiest place at the bottom of the sea…

"Sono Andrew Ryan… e sono qui per provi una domanda. Un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte? No, dice l’uomo di Washington, appartiene ai poveri. No, dice l’uomo in Vaticano, appartiene a Dio. No, dice l’uomo di Mosca, appartiene a tutti. Io rifiuto queste risposte. Piuttosto scelgo qualcosa di diverso, scelgo l’impossibile, scelgo… Rapture! Una città in cui un artista non debba temere la censura; dove lo scienziato non sia limitato da ridicoli moralismi; dove il grande non venga confinato dal piccolo. Col sudore della vostra fronte, Rapture può diventare anche la vostra città."

Nella versione italiana di Bioshock, è la voce di Diego Sabre a recitare questo monologo al giocatore, il quale si trova all’interno di una piccola batisfera impegnata a discendere nelle profondità dell’oceano Atlantico, per raggiungere Rapture, un’enorme città sottomarina realizzata dalla mente visionaria di Andrew Ryan.

Rapture fu fondata il 5 novembre del 1946. La sua ubicazione non è mai stata rivelata ufficialmente ma, attraverso i progetti multimediali collaterali usciti in seguito a Bioshock, si è scoperto che fosse situata a circa 433 chilometri dalla capitare islandese di Reykjavik (63° 2 'N, 29° 55' W), ovviamente sul fondale marino. La grande metropoli mostrava un’architettura simile alla Manhattan degli anni quaranta, con enormi grattacieli collegati fra loro da imponenti tubi, realizzati in vetro e acciaio, attraverso i quali sia i cittadini che le batisfere pensate per i trasporti commerciali, potevano spostarsi fra i vari quartieri della città. 

Rapture era completamente autosufficiente e questo risultato fu possibile proprio in virtù della sua ubicazione, adiacente alle bocche vulcaniche di Hephaestus, le quali riuscivano a produrre l’energia necessaria per garantire alla città l’elettricità per alimentare la depurazione dell’aria, i sistemi di difesa automatizzati e le reti di pompaggio, e di filtraggio, dell’acqua. Il ricambio di ossigeno, invece, veniva garantito dalle foreste artificiali realizzate nei numerosi parchi dislocati all’interno dei vari quartieri di Rapture. 

Un progetto incredibile sotto molteplici aspetti, realizzato partendo dal sogno di un singolo uomo, Andrew Ryan, il quale dopo essere fuggito dalla Russia lavorò duramente per diventare un magnate industriale negli Stati Uniti. La situazione politica di quegli anni, però, lo disgustava profondamente. Non riusciva a convivere con i pensieri dei sindacati dei lavoratori, considerati da Ryan dei covi di comunisti, le dichiarazioni dei collettivisti di sinistra, le campagne politiche piene di falso altruismo e l’ombra della religione (paragonata da Ryan a un’organizzazione di parassiti atta a rovinare la vita dell’uomo con falsi dogmi). Continuava a credere che fosse possibile realizzare una società nuova, per certi versi chiusa, composta solo dagli uomini che credevano nel potenziale dell’individuo… le menti migliori del mondo raggruppate in un unico posto, protette dal marcio della società di quegli anni e libere di prosperare e realizzare un futuro migliore.

Al termine della seconda guerra mondiale, con la corsa al nucleare da parte della Russia, le paranoie di Andrew Ryan in merito all’arrivo di un conflitto che avrebbe sancito la fine del genere umano, e del mondo come lo conosciamo, gli diede la forza di mettere in atto il suo progetto. Dopo aver comprato diverse società, aver trovato l’ubicazione perfetta per la sua “città del futuro” e aver formato un gruppo di uomini che abbracciassero la sua stessa filosofia, Ryan diede il via ai lavori per costruire Rapture.

La città fu realizzata in gran segreto, sfruttando le numerose aziende acquistate da Ryan e dai suoi soci, e il 5 novembre 1946 Rapture fu pronta per accogliere i primi residenti. I lavori non furono ancora ultimati per quella data e, seppur la metropoli fosse pienamente in grado di offrire il sostentamento necessario ai suoi abitanti, ci vollero ancora 5 anni prima di poter mettere la parola fine al progetto Rapture. 

La città aveva l’obiettivo principale di creare una società libera dalla religione e dal governo, un posto dove ogni cittadino potesse, e dovesse, lavorare in primis per il suo tornaconto personale e solo in seguito per gli eventuali bisogni della comunità. Andrew Ryan credeva fortemente che la scoperta scientifica fosse sempre stata limitata dalla morale imposta dalla società. Una morale che a Rapture non sarebbe stata presente e che avrebbe permesso ai suoi brillanti abitanti di intraprendere percorsi di ricerca considerati immorali per il mondo in superficie. Una visione che portò i cittadini a raggiungere numerosi traguardi tecnologici e scientifici decine di anni prima rispetto al mondo che tutti conosciamo.

Oltre alla creazione dei Plasmidi, gli abitanti della metropoli sommersa realizzarono un sistema avanzato di sicurezza robotico, un processo di rigenerazione delle cellule vegetali, e umane, porte automatizzate per accedere negli edifici, e la creazione di alcuni dispositivi portatili dedicati alla registrazione audio.

Per quanto Rapture si ergesse sulla ferrea volontà di Ryan di realizzare un'isola felice priva di qualsivoglia forma di stato o associazione pubblica, c’erano delle regole che andavano rispettate per essere ammessi, e soprattutto poter restare, a Rapture. Il concetto alla base della “società del futuro di Ryan” era molto semplice: ogni cittadino avrebbe lavorato per se stesso, mettendo al servizio della comunità i suoi servigi.

Questo avrebbe permesso all’operato individuale di ognuno degli abitanti di far prosperare la società in un ambiente, fondamentalmente, privo di regole. Bastava lavorare, essere una mente brillante e abbracciare la filosofia del fondatore di Rapture. Se utopicamente l’idea di Ryan poteva sembrare il paradiso, ben presto Rapture si trasformò in un incubo. 

La privatizzazione di ogni servizio (sanità, cibo, distribuzione dell’ossigeno) fece emergere la scintilla dell’avarizia in numerosi abitanti, i quali innalzarono il prezzo del proprio operato per creare delle classi sociali anche all’interno della metropoli, generando il malcontento di una parte della popolazione.

Lo scontento si fece sempre più spazio fra le strade di Rapture, specialmente nel momento in cui una parte dei ricchi abitanti della città si ritrovarono a non avere più una vita agiata, iniziando a sfiduciare Ryan e il suo operato, e a creare gruppi di rivolta politica. Il tutto, come è possibile immaginare, si evolse in una serie di lotte sociali, sfociate in seguito in una vera e propria guerra civile che sancì la fine di Rapture nel 1959, un anno prima degli avvenimenti raccontati da Bioshock.

Non volendo sciorinare spiacevoli anticipazioni a chi non avesse mai avuto la possibilità di immergersi nella splendida produzione firmata Irrational Games, mi fermo qui con il mio racconto, ma se vi state cominciando a chiedere come tutta questa storia possa essere collegata a Walt Disney… forse non avete mai sentito parlare di EPCOT.

The community of tomorrow, that will never be completed!

"EPCOT sarà la città del futuro e prenderà spunto dalle nuove idee e dalle nuove tecnologie che stanno emergendo dai centri creativi dell'industria americana. Sarà la comunità di domani, che non sarà mai completata... ma che introdurrà, testerà e proporrà costantemente nuovi materiali, nuove tecnologie e nuovi sistemi. EPCOT sarà sempre una vetrina per il mondo dell'ingegno e dell'immaginazione della libera impresa americana."

Come tutti saprete, Walter Elias Disney fu un disegnatore, un animatore, un produttore cinematografico, un regista, un doppiatore e un imprenditore. Se raccontarvi la sua storia risulterebbe inutilmente prolisso, considerando che là fuori ci sono centinaia di documentari che parlano della sua vita, della sua morte, delle controversie che lo hanno visto protagonista e dei motivi per cui è considerato uno degli uomini più importanti del 1900, è importante, in questo contesto, ricordare che Walt Disney fu un visionario che credeva fortemente che il mondo moderno sarebbe stato forgiato da grandi uomini “capaci di lasciarsi alle spalle i problemi delle civiltà passate per poter ricominciare da capo”.

Con questo mantra che riecheggiava sovente nella sua mente, nel 1962 Disney iniziò a realizzare quello che sarebbe dovuto essere il progetto più ambizioso della sua carriera: EPCOT.

L’Experimental Prototype Community of Tomorrow venne presentato al mondo per la prima volta nel 1966, in un Docufilm realizzato dallo stesso Disney, pochi mesi prima della sua triste dipartita. Il concetto alla base del progetto era un inedito, e visionario, equilibrio fra un parco di divertimenti e una comunità vera e propria.

Il progetto urbanistico si basava su tre punti interconnessi fra loro: realizzare una vetrina mondiale per le industrie americane, abitata da un nuovo prototipo di comunità indipendente e che fosse in grado di stare al passo con i tempi, anticipare il futuro e riuscire a proporre, costantemente, le più avanzate scoperte scientifiche e tecnologiche.

In alcuni documenti rinvenuti solo negli anni seguenti alla morte di Walt Disney si scoprì, inoltre, che EPCOT avrebbe avuto anche l’obiettivo di svilupparsi internamente, concentrandosi sulla tutela, e sulla difesa, del benessere dei suoi abitanti (e dei turisti che l’avrebbero visitata) e realizzando un centro scientifico proprietario in grado di sviluppare nuove soluzioni che rispondessero ai problemi della sua comunità.

Per poter iniziare a progettare EPCOT, Walt Disney scese a patti con la sua ferrea volontà di non realizzare un secondo parco tematico (per lui doveva esistere solo la prima Disneyland, inaugurata nel 1955 ad Anheim, California), e decise di inserire EPCOT in un progetto più ampio, che andasse a comprendere il nuovo Walt Disney World. Basta, però, dare una fugace occhiata al Docufilm rilasciato nel 1966, per capire, attraverso l’entusiasmo profuso dallo stesso Walt, che il nuovo parco tematico non era assolutamente “l’attrazione principale” del suo nuovo, e innovativo, progetto urbanistico.

Attraverso varie società fittizie, Walt Disney acquistò 27.800 acri di palude della Florida (due volte la dimensione dell'isola di Manhattan) situati tra le città di Orlando e Kissimmee. Questo terreno sarebbe poi diventato il Walt Disney World Resort.

"Qui in Florida abbiamo goduto di qualcosa di cui non abbiamo mai goduto a Disneyland: la benedizione delle dimensioni. Qui c'è abbastanza terra per contenere tutte le idee e i progetti che possiamo immaginare", disse Walt Disney, riferendosi al fatto che, in passato, ebbe poco controllo sull'area circostante a Disneyland.

Disney presentò anche una petizione alla legislatura dello Stato della Florida per conferire alla Walt Disney Productions la giurisdizione municipale sui terreni acquisiti. Questo per assicurarsi che Walt Disney potesse avere il pieno controllo su ogni parte della proprietà, inclusa la costruzione degli edifici. Walt stava progettando nuove idee di vita urbana e non voleva che il governo interferisse in alcun modo.

Nell'ottobre del 1966, due mesi prima della sua morte, Walt Disney realizzò il celebre Docufilm per mostrare al mondo i suoi piani per il progetto Florida, allora chiamato "Disney World". Nel filmato, Walt stesso spiega brevemente come verrà utilizzata la proprietà della Florida e come EPCOT funzionerà in perfetta sinergia con gli altri aspetti di Disney World.

Lo scopo principale del Docufilm era quello di convincere, e incoraggiare, l'industria americana e le varie società associate a essa a collaborare con la Walt Disney Productions nella creazione, e nella gestione, di EPCOT. Nel mediometraggio, Disney incoraggiò le società industriali a proporre le loro migliori idee tecnologiche, in modo che queste potessero essere continuamente presentate, migliorate e perfezionate nella nuova città del futuro.

Con l'aiuto di concept art e animazioni limitate, Disney mostrò l'aspetto, e il funzionamento, di EPCOT, ricordando costantemente agli spettatori che gli schizzi, e i dipinti, erano solo un punto di partenza nella concettualizzazione di EPCOT.

Tutti sarebbero entrati, e usciti, da Disney World nella stessa, identica, maniera. Arrivati all'aeroporto di Disney World, nella parte meridionale della proprietà, gli ospiti sarebbero stati trasportati con una monorotaia al Disney World Welcome Center. Lì, sarebbero stati accolti da host e hostess in grado di parlare nella loro lingua madre. Dopo aver pianificato ogni aspetto del loro soggiorno, si sarebbero imbarcati nuovamente sulla monorotaia per poter raggiungere EPCOT.

Prima del loro arrivo, gli ospiti avrebbero avuto l'opportunità di visitare il Parco Industriale, dove gli uffici e i laboratori sarebbero stati occupati da importanti aziende americane che avrebbero utilizzato le strutture per sviluppare nuove tecnologie da utilizzare all’interno della città.

Gli ospiti di Disney World avrebbero potuto visitare la struttura, comprenderne il funzionamento e, nel caso delle menti più brillanti, venire ispirati dal lavoro delle società presenti in EPCOT. Walt Disney sperava che questo importante aspetto stimolasse le persone a tornare nelle loro comunità e a incoraggiare la crescita tecnologica nel luogo in cui vivevano.

Come vi accennavo poc’anzi, Walt non volle mai realizzare una nuova Disneyland, ma quando presentò le sue idee visionarie in merito a EPCOT al Consiglio di Amministrazione, questi furono scettici e vollero la certezza che i turisti sarebbero venuti a visitare questo innovativo "Disney World". Volevano un successo sicuro, volevano un parco… e Walt glielo diede.

Disney, molto semplicemente, sfruttò il volere del Consiglio di Amministrazione a suo vantaggio, sciorinando informazioni su ipotetici turisti che sarebbero entrati e usciti dall’enorme proprietà in Florida e collocando il parco tematico nell'angolo più a nord della proprietà. Walt voleva che tutti sperimentassero il resto… che tutti ambissero a vivere a EPCOT.

La città, facendo riferimento ai concept presentati nel film, era basata su un design molto semplice e innovativo: il radial concept. Strutturata in maniera analoga alla Dinseyland del 1955, EPCTO si sarebbe irradiata, come una ruota, partendo da un nucleo centrale, mostrando una diminuzione della densità urbana man mano che la città si allargava.

EPCOT sarebbe stata collegata agli altri punti nevralgici di Disney World attraverso un’unica linea di trasporto: la monorotaia. Gli spostamenti interni alla città, invece, sarebbero stati garantiti dagli innovativi, almeno per l’epoca, PeopleMover. Originariamente, questo inedito sistema di trasporto non si sarebbe dovuto fermare mai, grazie a un ingegnoso progetto che si basava su dei motori incorporati direttamente nei binari, anziché nei veicoli.

I PeopleMover avrebbero dovuto trasportare, a qualsiasi ora del giorno e della notte, i residenti di EPCOT dal centro metropolitano alle aree residenziali esterne. Grazie a queste due modalità di trasporto, i residenti di EPCOT non avrebbero mai più avuto bisogno di un'auto nella vita di tutti i giorni. La macchina sarebbe diventato uno strumento accessorio, da utilizzare "solo per i viaggi di piacere del fine settimana".

Eh sì, perché in EPCOT non erano previste strade per le auto. Ogni veicolo commerciale, o privato, sarebbe passato sotto il centro della città, eliminando il rischio di incidenti pedonali e abbracciando appieno la filosofia di Walt Disney del non mostrare le attività dietro le quinte. Chi sarebbe vissuto a EPCOT, o l’avesse semplicemente visitata, doveva sperimentare in ogni istante la visione di Walt della “città del futuro”.

La forma radiale di EPCOT fu concepita per offrire una città dalla quale i suoi abitanti non avrebbero mai sentito il bisogno di andarsene, laddove la parte centrale presentava hotel, un convention center, laboratori e tutto ciò che avrebbe dovuto rappresentare la “vetrina del futuro”. I cerchi più esterni avrebbero ospitato ristoranti, campi sportivi, attività commerciali, scuole e ospedali.

Ai margini della città sarebbero stati collocati degli appartamenti ad alta densità abitativa e un quartiere residenziale. Qui avrebbero vissuto i 20.000 cittadini che, originariamente, avrebbero dovuto popolare EPCOT. Disney non ha mai parlato nel dettaglio delle abitazioni presenti nella città, ma ha più volte rimarcato che nessuno a EPCOT sarebbe stato proprietario di un terreno e che non ci sarebbe stata alcuna differenza tra un appartamento e una casa.

Gli affitti sarebbero stati modesti e competitivi con il mercato circostante. Inoltre, gli alloggi sarebbero stati costruiti in maniera tale da garantire la facilità di cambiamento, in modo da poter sperimentare sempre nuove soluzioni di arredamento e gestione degli spazi interni. Nella visione futuristica di Disney, il costante sviluppo tecnologico della città avrebbe permesso agli abitanti di EPCOT di venire accolti, al termine di una dura giornata di lavoro, da elettrodomestici nuovi di zecca sistemati nelle loro abitazioni dagli altri membri della comunità.

Come vi ho accennato poc’anzi, nessuno degli abitanti di EPCOT sarebbe stato proprietario di un terreno o di una casa, e quindi non avrebbe avuto alcun diritto sulla sua abitazione. Walt Disney voleva esercitare questo controllo per poter cambiare facilmente la tecnologia disposta all’interno delle case, e quindi le abitazioni sarebbero state considerate alla stregua di lussuose camere d’albergo.

Tutti gli abitanti di EPCOT, infine, avrebbero dovuto avere un lavoro. Nella città non c’era spazio per pensionati, baraccopoli e ghetti. Tutti avrebbero dovuto impegnarsi per mantenere vivo il progetto e, anche se non si faceva parte di quelle brillanti menti d’America dedicate allo sviluppo e alla ricerca, un posto di lavoro sarebbe sempre stato disponibile all’interno del parco a tema, nelle aree commerciali, nell'hotel, nel centro congressi, nell'aeroporto, nel Welcome Center o nella zona industriale. Bastava voler lavorare e credere nella visione di Walt per poter vivere a EPCOT.

Un’eredità dislocata fra reale e virtuale

Ovviamente nulla di quanto detto finora vide mai la luce, poiché Walt Disney morì nel 1966 e, dopo un paio di anni dalla sua dipartita, il progetto EPCOT venne pesantemente modificato, fino a diventare un parco tematico dedicato alla celebrazione della realizzazione umana, della tecnologia, dell'innovazione e della cultura internazionale.

"A tutti coloro che vengono in questo luogo di gioia, speranza e amicizia: benvenuti. Epcot Center è stato ispirato dal genio creativo di Walt Disney. Qui le conquiste umane sono celebrate attraverso l'immaginazione, le meraviglie dell'intraprendenza e i concetti di un futuro che promette nuovi ed entusiasmanti benefici per tutti. Che l'Epcot Center vi possa divertire, informare e ispirare. E soprattutto instillare un nuovo senso di fiducia e orgoglio nella capacità dell'uomo di plasmare un mondo che offra speranza a tutte le persone."

Ma del progetto originale di Walt Disney, quella città utopica che non vide mai la luce, non è rimasto solamente lo spirito all’interno dei padiglioni dell’EPCOT Center. Oltre alla gestione dei parchi tematici, che mantiene ancora quella filosofia del non mostrare il “dietro le quinte” e di far immergere completamente i visitatori in un mondo magico privo di contaminazioni con la vita di tutti i giorni, la The Walt Disney Company fondò una città, nel 1996, provando a rendere parzialmente reale la visione di EPCOT.

Celebration, in Florida, fu fondata nel 1994 a poca distanza dal Magic Kingdom. Si tratta di una città in cui vennero costruite abitazioni progettate secondo 6 differenti stili architettonici: classico, vittoriano, coloniale, costiero, mediterraneo e francese. Come è possibile immaginare, specialmente se si conosce la storia della Disney di metà anni '90, il costo della vita fu incredibilmente costoso, portando Celebration a essere abitata esclusivamente da dipendenti della Disney e fan veraci della compagnia.

La città fu vittima di controversie di ogni tipo, a cominciare dal regolamento interno di 160 pagine, che ogni nuovo abitante era tenuto a leggere e a rispettare, fino alla cattiva gestione della città, al decadimento delle strutture e alla pessima istruzione delle scuole.

La città venne venduta nel 2004 ma, visto che la maggior parte degli abitanti che vi soggiornano tuttora sono fan della Disney, l’azienda riuscì a far sottoscrivere, nell’atto di vendita, che alcune regole comportamentali, e stili architettonici, venissero mantenuti negli anni a venire.

Dopo il fallimento di Celebration, la Disney ci riprovò con Golden Oak, una comunità fondata, e conseguentemente gestita, dalla compagnia nel 2010. A differenza della precedente, questa nuova proprietà si presenta come una comunità residenziale di lusso all'interno del Walt Disney World Resort a Lake Buena Vista, in Florida. Non provando a seguire le orme di un progetto che, apparentemente, solo Walt poteva vedere completamente, Golden Oak è ancora oggi una realtà, anche se di molto lontana dalla visione originale di EPCOT.

Discorso diverso, invece, va fatto per il mondo virtuale che in più di un’occasione ha presentato il concept della “città del futuro”, anche se il più evidente esempio di analogie con il progetto originale di EPCOT resta la Rapture immaginata da Ken Levine e Irrational Games.

Per quanto il celebre autore di Bioshock non abbia mai rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito alle analogie fra EPCOT e Rapture, limitandosi a sostenere che la figura di Andrew Ryan si ispirasse semplicemente a tutti quei visionari che avevano segnato la storia americana (uno fra tutti il celebre Howard Hughes), la moltitudine di citazioni presenti nelle sue due opere più famose lascia ben pochi dubbi in merito alla presenza dello spirito di Walt Disney nelle strutture Art-Decò dell’iconica metropoli sottomarina, così come nelle festose strade della fluttuante Columbia.

Senza considerare le similitudini fra il concept della “comunità sperimentale di domani” di Walt Disney, e quello della “città del futuro” di Ryan, sono numerose le analogie fra le due opere urbanistiche, a cominciare dal faro di Bioshock, unico modo per poter raggiungere la batisfera che porta a Rapture, tranquillamente paragonabile all’accesso unico di EPCOT attraverso l’aeroporto.

Alla stessa maniera si possono comparare gli sferici mezzi di trasporto che permettono gli spostamenti fra i vari quartieri di Rapture, ai PeopleMover immaginati da Walt Disney. Regolamenti interni da rispettare, sistemi di sicurezza innovativi, apertura a un futuro che, in primis, avrebbe dovuto migliorare la vita degli abitanti della città… sono davvero tanti gli aspetti che accomunano Rapture a EPCOT, così come sono altresì numerose le ispirazioni dei parchi tematici Disney all’interno di Bioshock Infinte. Basta pensare alle similitudini fra le strade di Columbia e la Main Street, presente in ogni parco Disney, o a quanto i Motorized Patriots, uno dei temibili antagonisti di Infinite, ricordino gli animatronic situati nella Hall Of Presidents del Walt Disney World Resort.

Ovviamente, senza la conferma diretta dei creatori di Bioshock, tutte queste similitudini rimarranno delle semplici, seppur evidenti, supposizioni, un ghiotto pasto per quegli utenti affamati di leggende metropolitane di stampo videoludico… ma non è proprio quell'alone d'incertezza che ammanta queste storie a renderle, di fatto, così speciali?