Red Dead Redemption II: quando una storia racconta noi stessi

Red Dead Redemption II e la sua narrazione: come una storia parla della vita

Avatar di Nicholas Mercurio

a cura di Nicholas Mercurio

Un cervo in lontananza nascosto nel bagliore e nella nebbia, un mustang che trotta a passo lento verso l’orizzonte e un uomo con la testa bassa assorto nei suoi pensieri. Siamo a cavallo tra il 1899 e il 1900, in uno spaccato storico in cui la frontiera sta diventando il passato e la civiltà si sta estendo oltre i suoi margini. Siamo a cavallo, letteralmente, perché la storia del West è stata scritta a cavallo proprio come Red Dead Redemption II, il capolavoro di Rockstar Games pubblicato ormai quattro anni fa che ha primeggiato con God of War per la vittoria del gioco dell’anno nel lontano 2018.

Le avventure di Arthur Morgan, John Marston e della banda di Van Der Linde si sono ritagliate uno spazio importante nel panorama dei videogiochi, arrivando in un momento saturo di opere narrative e produzioni incentrate più sul racconto che sul gameplay, dirette al pubblico di Rockstar Games e in generale ai giocatori che non hanno mai sentito parlare dello studio di sviluppo newyorkese se non per Grand Theft Auto. Ovviamente Red Dead Redemption II, per chi non lo conoscesse, è un action adventure che ha venduto più di settanta milioni di copie in tutto il mondo, collocando tra i migliori videogiochi della storia del medium.

Storie di un West dimenticato

Ma Red Dead Redemption II (a tal proposito, ecco la nostra recensione) non è rappresentato soltanto da numeri da capogiro, non è solo un nome e un franchise che macina milioni di dollari. È una storia che propone delle tematiche attraverso una narrazione chiara, emozionante e intensa che riguarda ognuno di noi. Spesso capita di trovarsi davanti dei videogiochi con delle storie striminzite, strutturate in modo maldestro e messe lì solo per compensare, per ingannare il giocatore e lasciarlo alla mercé di pochi spunti su cui riflettere.

Oltre a ricreare fedelmente uno spaccato del West come era stato fatto in passato con Tex Willer o con gli spaghetti western di Sergio Leone, Red Dead Redemption II non si accontenta di inscenare un racconto con dei personaggi cupi, esagerati e dal passato discutibile. La produzione riguarda la vita in ogni sua sfumatura e si interfaccia con le esistenze di ciascuno dei protagonisti accentuando le loro debolezze, andando a fondo nella loro caratterizzazione attraverso un modello stilistico inedito visto solamente nelle rappresentazioni cinematografiche più memorabili.

È una scelta narrativa precisa e mirata che si concentra a dare un’umanità meglio delineata ed incisiva non soltanto al contesto ma anche a chi vive all’interno del mondo di Red Dead Redemption II e ne affronta i cambiamenti e le mutazioni. Il periodo storico vede il passato della frontiera, dei luoghi montani e delle scorribande diventare sempre più vicine a quelle delle grandi città come Saint Denis, una rappresentazione fittizia ma ispirata a Jackson, fondata dai coloni franco-canadesi al largo del fiume Mississippi prima dell’Indipendenza Americana.

La storia è fatta dalle persone

Se da una parte abbiamo i mandriani e la logica della frontiera, dall’altra c’è un progresso incontrollabile che arriva direttamente dall’Europa. Questi venti di cambiamento si incastrano nella narrazione di Red Dead Redemption II offrendo un contesto ancora più azzeccato e coinvolgente rispetto a molte altre opere, dando sfoggio di un’ottima fedeltà storica nonostante siano ambientazioni fittizie. Mentre la banda di Dutch Van Der Linde è in fuga dal gruppo degli O’Driscoll, i dialoghi dei protagonisti si incentrano su come stia cambiando il loro mondo e quanto sia complesso essere liberi dalla società, che ora si staglia ben oltre i margini della frontiera con tutte le sue conseguenze e ipocrisie. Questo passaggio permette di capire come Rockstar abbia scritto i suoi personaggi, inserendoli in un mondo di gioco vivo e pulsante, strutturato a sua volta per rappresentare gli NPC in un modo diverso dal solito e dando loro delle personalità, oltre a una routine. È un elemento utile per capire la narrazione e la costruzione di un mondo dal grande valore ludico e narrativo che si basa, a sua volta, su tematiche importanti e derivazioni storiche.

Ascoltare le parole di un veterano sudista, che nella sua miseria cerca le nostre attenzioni mentre noi cavalchiamo chissà dove, riassume perfettamente il discorso fatto sugli avvenimenti casuali all'interno della produzione. Rockstar Games è riuscita a incastrare la nostra routine ludica con quella degli NPC attraverso delle conversazioni che, seppure limitate dal punto di vista contenutistico, offrono dei siparietti divertenti e riflessivi. Aiutare qualcuno diventa una parte integrante del game design, che in ogni sua caratteristica dà modo di creare una nostra storia basata sull’etica e la moralità importante sia per il finale del gioco che per il nostro percorso. Ecco perché la vita, in Red Dead Redemption II, ha un valore empirico rilevante e imprevedibile, con i riflettori che puntano verso i personaggi principali e i loro racconti.

Come la frontiera di Red Dead Redemption II parla al giocatore

Arthur Morgan e John Marston affrontano il loro presente per diventare uomini migliori mentre si proiettano in un futuro di incognite. Affrontano un destino che è più tagliente di un pugnale arroventato, scontrandosi con i cambiamenti sociali dell’America a cavallo tra il 1899 e il 1900. La loro caratterizzazione ha messo in mostra un lavoro certosino di scrittura, perché li ha delineati in modo che il giocatore provasse empatia per entrambi, calandosi nei loro panni coinvolgendo le emozioni negli avvenimenti che si ritrovano a vivere sin dal principio.

Arthur Morgan parte come un personaggio truce ma leale, convinto che le decisioni e i piani di Dutch siano sempre giusti e diano delle soluzioni ai problemi più gravi che la banda si ritrova ad affrontare. La sua evoluzione è lenta ma ponderata: avviene nel momento in cui si accorge che ormai è inutile resistere alla civiltà. Nel frattempo, vive gli spostamenti e le mutazioni come se fosse il narratore della storia, appuntando nel suo taccuino cosa vede come se ogni panorama avesse una propria storia da raccontare.

Da giocatori è inevitabile restare affascinati dalla sua maturazione e dal suo cambiamento. Arthur è un uomo che ha perso un figlio, che tiene la foto di sua madre accanto al letto e che prova amore verso una donna fuggita via dalla sua vita pericolosa e diversa da tutte le altre mentre cerca di non pensare al passato. Parla al giocatore mostrando i suoi punti di forza prima che le sue debolezze, aprendosi proprio nel momento in cui si ritrova a dover ammettere a sé stesso di avere paura dell’oscurità e della morte. È sicuro che, a causa delle scelte sbagliate fatte in passato, la sua redenzione sia ormai lontana come il cervo che vede quando accetta il suo fato, come un guerriero ormai sicuro che la sua fine è solo la prima tappa di un viaggio. L’eredità di John Marston, protagonista di Red Dead Redemption, è quella che Arthur Morgan lascia a noi giocatori nel momento più triste del secondo capitolo del franchise, mentre l’oscurità, ormai incontrastata, domina le esistenze dei membri della banda.

Prima di arrivare a quel momento, viviamo un mondo costruito con un’architettura decisa e coinvolgente concentrata sui dettagli mentre cavalchiamo in groppa al nostro mustang nelle montagne innevate di Ambarino, una delle tante regioni di Red Dead Redemption II, il nostro posto preferito dove cacciare. Se da una parte le grandi città come Saint Denis e le aree come Rhodes regalano lo spaccato di un mondo che sta entrando nell’età moderna, dall’altra le atmosfere create da Rockstar Games offrono uno spaccato primordiale nel quale, a volte, parlare non serve. Basta infatti ascoltare il fischio del vento mentre gli alberi, spinti da una gelida brezza che arriva da nord, ci aprono il percorso verso la nostra prossima meta, parlandoci come se la frontiera avesse una sua voce.

Le atmosfere di gioco, in tal senso, hanno la capacità di incastrarsi in modo egregio nella narrazione e nella storia, mostrando come il talento di Rockstar Games abbia confezionato un’opera sfaccettata in ogni sua componente, dimostrando una cura azzeccata e intelligente nell’ambientazione e nelle atmosfere, proponendo una trama e un gameplay unici che rappresentano la summa del perché Red Dead Redemption II sia un capolavoro e perché valga la pena giocarlo.

Come le tematiche di Red Dead Redemption II parlano al pubblico

Red Dead Redemption II è un grande calderone di emozioni diverse. Un viaggio che parte in una regione fredda e si conclude con l’orizzonte mentre in bilico rimane soltanto la nostra etica. Parlare a un pubblico vasto non è semplice e non lo è neppure cercare di farlo con una narrazione capace di convogliare diverse sfumature per farle esprimere in modo coerente in una narrazione costruita per sorprendere e incantare. C’è un viaggio che compiamo e scegliamo di percorrere quando c’è la possibilità di trovare noi stessi in una storia che parla di redenzione, paure e sogni da raggiungere. A differenza di molte altre, il racconto di Red Dead Redemption II attraversa tematiche delicate che, a loro volta, si incastrano nella narrazione di gioco.

Il periodo storico è un protagonista silenzioso ma rilevante perché spiega come il razzismo e la lotta per i diritti civili vengano raccontati e coinvolgano non solo Arthur Morgan ma anche noi, dando modo di comprendere in maniera didascalica come Rockstar Games abbia deciso di raccontare l’America del Vecchio West a un pubblico più vasto, parlando alle loro coscienze. La narrazione emergente è caratterizzata da momenti di gameplay unici nel loro genere che colpiscono e arrivano all’obiettivo attraverso i racconti dei giocatori.

Assistere alle lotte femministe farsi largo nelle strade di Saint Denis è un momento di fedeltà storica da condividere, come lo è andare a caccia e ritrovarsi un grizzly inferocito pronto a dilaniarci, o come lo è ascoltare un veterano di guerra e il suo triste racconto. Tutto è concentrato perché ogni elemento – anche quello più irrilevante – racconti una storia. Se non altro, la nostra è fatta di un West che abbiamo vissuto a regola d’arte, plasmandone il suo corso. Red Dead Redemption parla di noi con delicatezza, infilandoci in un periodo storico brutale e di grandi cambiamenti sociali. Al trotto abbiamo vissuto la storia di Arthur Morgan, mentre al galoppo siamo stati protagonisti della nostra all'interno del mondo di gioco. 

“May I stand unshaken,Amid, admist a crashing world” …

Unshaken – D’Angelo.