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Return to Monkey Island è una lettera d’amore a un’epoca | Recensione

La nostra recensione di Return to Monkey Island, il tanto atteso seguito di una delle migliori avventure grafiche di sempre.

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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Return to Monkey Island ci ha messo 25 anni ad arrivare. Esatto, è passato così tanto tempo dal nostro ultimo, vero incontro con il temibile pirata Guybrush Threepwood. Era il 1997, e il mondo conosceva La Maledizione di Monkey Island: un titolo che molti di noi portano nel cuore e che, nonostante uno stile grafico che fece storcere il naso ad alcuni appassionati, riuscì a incarnare appieno l’essenza di un franchise davvero unico nel suo genere.

Da allora il mondo delle avventure grafiche è cambiato più e più volte, con tanti alti e bassi ma, finalmente, con una bella ripresa soprattutto negli ultimi anni. È in questo contesto che, nell’aprile di quest’anno, Ron Gilbert e Dave Grossman hanno annunciato di essere al lavoro sull’attesissimo (e ormai insperato) nuovo capitolo della saga. L’attesa è finalmente finita, e oggi Return to Monkey Island è finalmente tra le nostre mani: sarà davvero valsa la pena aspettare? Vediamolo insieme in quella che, vi anticipo, sarà una recensione dal sapore molto nostalgico e personale. Chi vi scrive nutre da sempre un amore incondizionato verso ciò che LucasArts ha rappresentato per questa industria, ma ciò nonostante mi sforzerò di essere il più oggettivo e obiettivo possibile. Non perdiamoci in altre chiacchiere, che il viaggio abbia inizio!

Return to Monkey Island: dov’eravamo rimasti?

Lanciare il gioco e sentire in sottofondo quella musica già ascoltata e riascoltata decine di volte… È stata un’emozione davvero incredibile. Return to Monkey Island inizia proprio qui, da dove ci eravamo lasciati: sembra evidente sin da subito il desiderio, da parte di Gilbert e Grossman, di rievocare quei toni e quelle atmosfere che hanno consegnato alla storia la saga di Guybrush Threepwood. Un desiderio esaudito tramite tanti piccoli accorgimenti che andremo a snocciolare in questa recensione, partendo dai primissimi minuti di gameplay.

Il gioco parte… Dalla fine di Monkey Island 2, con un twist che va a ribaltare totalmente l’assurda ed enigmatica conclusione di un’avventura che in questo 2022 ha compiuto ben 31 anni. Avevamo lasciato il piccolo Guybrush e il fratello Chuckie al parco divertimenti Big Whoop, intenti a ricongiungersi con i propri genitori. Peccato che non si tratti proprio dei genitori dei due ragazzi, ma di due sconosciuti: ed ecco sconvolto quel finale che qualche decennio ci aveva lasciati con tante domande e tanti dubbi da risolvere.

I due si avventurano all’interno del parco in una primissima sezione che, fungendo da tutorial, riesce a mostrare un primo assaggio di quelle che saranno le dinamiche del gioco. Questo breve prologo si conclude con l’incontro tra i bambini e *rullo di tamburi* il vero Guybrush Threepwood, padre dei due pargoli pronto a raccontare la sua avventura alla scoperta del segreto di Monkey Island. Ha qui davvero inizio Return to Monkey Island, che ci porta subito indietro nel tempo in una serie di luoghi a noi già assai familiari: ci ritroveremo Mêlée Island dove, tra un salto allo Scumm Bar e un giro nel ridente (non proprio) centro cittadino, incontreremo tante facce note e faremo conoscenza di nuovi personaggi tutti da scoprire.

Come detto, l’avventura di Guybrush narrerà del suo viaggio alla scoperta del segreto di Monkey Island: per partire, però, servono una nave e un equipaggio. Senza contare che un altro temibile pirata pare avere le stesse intenzioni, e il che non sarebbe un problema se non si trattasse di *altro rullo di tamburi* LeChuck. Già, proprio lui. Starà al nostro protagonista studiare una soluzione per salpare alla volta di questo mistero, che tanti giocatori è riuscito ad appassionare nel corso di questi ultimi decenni.

A livello di gameplay siamo di fronte a un prodotto quantomai ligio a seguire uno standard già affermato e consolidato, senza portare praticamente nessuno sconvolgimento. Si tratta di base della classica struttura a cui le avventure grafiche ci hanno abituati da qualche decennio, per una formula che funziona pur rimanendo costante e regalando poche novità da questo punto di vista. Avremo il solito inventario dove custodire, esaminare e combinare oggetti nel modo che preferiamo, e anche qui non mancherà qualche divertente richiamo al passato in grado di strappare una risata ai giocatori più appassionati.

Il vero punto forte del ritorno di Monkey Island è la scrittura, con le firme di Gilbert e Grossman a riecheggiare imponenti su ogni singola linea di dialogo. E questo, a conti fatti, era tutto ciò che desideravamo sin dall’inizio. Le battute sono irriverenti, così come le situazioni che si creano e i personaggi che vi prendono parte: sembra quasi di ritrovarsi in mezzo a un gruppo di vecchi amici, dove anche qualche nuova conoscenza riesce comunque a ritagliarsi il proprio spazio. Stan, Carla, Elaine e persino il vecchio Cobb faranno infatti da contorno a quella che è un’altra grande avventura per il nostro caro Guybrush, in un’esperienza resa ancor più valida dalla presenza di un doppiaggio perfetto sotto ogni punto di vista.

Una menzione d’onore va fatta all’intero comparto artistico, con il gioco che risulta a livello estetico come una vera piccola opera d’arte: un design che si ispira un po’ a Day of the Tentacle e un po’ a Broken Age, riuscendo a distinguersi senza per questo venire meno alla natura di una saga storica come Monkey Island. Chi vi scrive era inizialmente restio di fronte al nuovo stile grafico ma, una volta ammirato per qualche ora, tutti i dubbi sono stati immediatamente spazzati via. Senza se e senza ma.

Impossibile poi non rimanere estasiati di fronte alla colonna sonora a firma di Peter McConnell e Michael Land, due compositori che hanno reso LucasArts una realtà iconica anche nel ripensare la concezione di audio all’interno di un videogioco. Dalle primissime sezioni sarà infatti possibile riascoltare non solo le melodie che tutti noi conosciamo, ma anche la riproposizione dell’allora rivoluzionario motore di gioco iMUSE. Una chicca per veri appassionati che, a conti fatti, rende Return to Monkey Island un mosaico ancora più ricco ed emozionante. Per tutti.

Una scimmia a tre teste?

Cosa rendeva le avventure grafiche LucasArts così uniche e speciali? Tantissime cose in realtà, ma soprattutto una serie di enigmi davvero eccezionali e totalmente fuori di testa. Anche da questo punto di vista il team di Terrible Toybox ha fatto un buon lavoro con rompicapi che, pur senza eccedere in termini di difficoltà, risultano divertenti e con quel pizzico di genialità che da sempre contraddistingue queste produzioni.I fan di vecchia data potrebbero trovare alcuni di questi forse un po’ troppo semplici, ma allo stesso tempo non manca qualche sezione con una bella dose di sfida anche per i più appassionati. All’inizio della nostra avventura sarà comunque possibile selezionare la difficoltà, un escamotage inserito in modo da rendere Return to Monkey Island accessibile anche a un pubblico di neofiti.

Altro elemento degno di nota è la possibilità di esplorare le diverse aree di gioco, spesso di dimensioni ridotte ma ricche di tanti segreti tutti da scoprire. Tra questi spiccano delle carte quiz collezionabili, che permettono al giocatore di mettere alla prova la propria conoscenza di Monkey Island: un’altra piccola aggiunta carica di nostalgia, elemento che apparirà preponderante in buona parte dell’esperienza di gioco.

Va però fatta una dovuta precisazione: il nuovo Monkey Island è sì carico di nostalgia e di un po’ di fanservice, con citazioni e situazioni che vanno a rievocare le fantastiche atmosfere del passato… Ma tutto ciò non va assolutamente frainteso, tutt’altro. Siamo infatti di fronte a un prodotto originale e con una sua anima, capace di prendere qualcosa dal suo trascorso senza rinunciare a crearsi una propria natura ben precisa. Return to Monkey Island, insomma, ha senso di esistere. Eccome.

L’ultima fatica firmata Gilbert e Grossman è una lettera d’amore a un genere e ai suoi appassionati che peraltro, ci sentiamo di dire, è assolutamente valsa i tanti anni di attesa. Si può parlare di capolavoro? Solo il tempo ce lo dirà, ma al momento non sembra un’eresia affermarlo. Su tutta la linea.

Il ritorno di Guybrush è un’esperienza pensata per gli appassionati di vecchia data ma che, grazie a tutta una serie di componenti, risulta in grado di catturare anche le nuove generazioni di videogiocatori. Un fattore questo che potrebbe farci pensare, senza ipotizzare date o quant’altro, come non sarà così impossibile assistere a un altro ritorno della saga. Se lo standard che è possibile raggiungere è questo, d’altra parte, noi non vediamo l’ora. Dunque dunque, siete pronti a salpare? Ah e, ovviamente, attenti alle scimmie a tre teste!

Voto Recensione di Return to Monkey Island - PC


9

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Un’avventura dal sapore old school, ma nuova e originale

  • La firma di Gilbert e Grossman c’è, e si sente

  • Comparto artistico fenomenale

Contro

  • Alcuni enigmi non particolarmente ispirati

Commento

Return to Monkey Island è esattamente ciò che ci si poteva aspettare: un’avventura grafica che strizza l’occhio al passato riuscendo, allo stesso tempo, a portare qualcosa di nuovo all’interno del genere. Un viaggio piacevole nel quale incontrare tanti vecchi amici, coi quali divertirsi in un’esperienza forse non troppo impegnativa, ma comunque capace di intrattenere in maniera autentica. A livello estetico siamo poi di fronte a una piccola perla, con alcuni scorci che non è esagerato definire delle vere e proprie opere d’arte. Monkey Island è insomma tornato: una vera gioia per chi, come noi, l’ha amato e atteso per tutti questi anni.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Return to Monkey Island - PC

Return to Monkey Island - PC