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Grim Fandango compie 25 anni, riscopriamo il capolavoro Lucas

Grim Fandango compie ben 25 anni, riscopriamo un capolavoro senza tempo!

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Avatar di Michele Pintaudi

a cura di Michele Pintaudi

Editor

Pubblicato il 31/10/2023 alle 13:02

Ci sono giochi che, per un motivo o per l’altro, finiscono troppo spesso o troppo presto nel dimenticatoio. Titoli capaci di trasmettere grandissime emozioni ma che, vuoi per sfortuna o vuoi per scelte non completamente azzeccate, finiscono col trasformarsi subito in poco più di uno sbiadito ricordo. Molto spesso però vale la pena scavare a fondo nella memoria per rievocare esperienze che ancora oggi possono regalare molte soddisfazioni a un qualunque videogiocatore.

Dopo avervi parlato di Halo: Reach, capolavoro del passato che di sicuro avrebbe meritato ancor più fortuna di quella che ha comunque avuto, oggi cambiamo completamente genere facendo un salto indietro fino agli anni Novanta: quella che, con poche riserve, ci sentiamo di definire come una delle epoche più belle per i videogiocatori di tutto il mondo.

Doom, Metal Gear Solid, i migliori Final Fantasy, Half-Life... Sono passati ormai due decenni, ma titoli come questi riescono e riusciranno sempre e comunque a emozionare chiunque li senta nominare. La grandissima scelta presente in quegli anni è però, forse, uno dei motivi per cui il titolo di oggi non ha avuto tutto il successo che meritava: vi ricordate di Grim Fandango?

Grim Fandango: la rivoluzione delle avventure grafiche?

La domanda ovviamente è retorica: per quanto spesso sottovalutato e non riconosciuto a dovere Grim Fandango resta comunque un caposaldo della storia dei videogiochi, riconoscibile ancora oggi per il suo stile singolare e per la grande cura riversata all’interno della componente narrativa. Perché allora è stato a tutti gli effetti “un successo a metà”? Parliamone insieme partendo come sempre dal principio, dall’anno 1995…

Reduce da prodotti di ottima qualità e dai buoni riscontri in termini di vendite come Day of the Tentacle e Full Throttle, Tim Schafer è ormai divenuto una vera e propria stella all’interno di LucasArts: una delle software house che, a conti fatti, hanno contribuito a scrivere un’importantissima pagina della storia dei videogiochi.

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Il ruolo di Schafer nel team divenne sempre più importante e, a seguito dei notevoli risultati commerciali di Full Throttle, la compagnia vide in lui l’uomo più adatto a guidare l’ambiziosa produzione di una nuova avventura grafica. Prendendo ispirazione dal suo enorme interesse per il cinema noir, oltre che da alcune letture sulla cultura azteca da lui scoperte in quegli anni, Schafer partorì “Deeds of the Dead”: titolo che sarà immediatamente cambiato in Grim Fandango su richiesta del collega Hal Barwood, convinto di quanto inserire la parola “morte” in un titolo potesse portare solo sfortuna.

Grim Fandango si basa sulle cosiddette “calacas” e sulla concezione di morte del popolo azteco: secondo la tradizione, le anime dei defunti devono compiere un viaggio attraversando la Terra dei Morti prima di giungere, infine, nell’aldilà. Nel gioco vestiremo i panni di Manny Calavera, un agente di viaggio incaricato di vendere questi “pacchetti” come condanna per ripagare un debito contratto in vita. Giorno dopo giorno la routine appare sempre più logorante fino all’arrivo di Mercedes Colomar: una donna senza alcun peccato commesso in vita, e che può perciò rappresentare una vera via d’uscita per il nostro protagonista. Le cose però non andranno come previsto e, complici una serie di misteri e il coinvolgimento di criminali senza scrupoli, Manny si troverà a dover compiere un viaggio di quattro anni nella Terra dei Morti.

La struttura di gioco presenta, rispetto alle classiche avventure grafiche di casa LucasArts, un grosso cambiamento: Grim Fandango segna infatti l’addio al motore SCUMM in favore del nuovo GrimE, con il passaggio da un’interfaccia 2D alle tre dimensioni. Una rivoluzione non apprezzata da tutti ma quantomai necessaria, anche e soprattutto a fronte della costante evoluzione dell’industria videoludica.

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I restanti elementi del gioco vanno a riprendere quelle meccaniche  e gli stili tanto apprezzati dai fan sin dagli albori di LucasArts. Non manca infatti una componente narrativa di altissimo livello, capace di raccontare una tematica importante come la morte sia con serietà che con il classico approccio ironico tipico di queste produzioni. Un ottimo lavoro lo ritroviamo anche nella caratterizzazione dei personaggi: oltre al nostro protagonista, Grim Fandango è un concentrato di tutto ciò che è possibile rintracciare nell’umanità, dall’egocentrismo all’ingenuità. Il tutto narrato in maniera magistrale, con occhio critico e capace di intrattenere e spingere a riflettere.

A tutto ciò va aggiunta la presenza, come nei precedenti titoli LucasArts, di una colonna sonora ottimamente confezionata dal compositore Peter McConnell: una serie di sinfonie jazz con forti tinte noir, perfetto per accompagnarvi durante il vostro viaggio nella Terra dei Morti. Sorge dunque spontanea una domanda: alla luce di tutte queste qualità, cos’è mancato a Grim Fandango per essere un successo in piena regola?

La fine di un’era, o forse no?

Enigmi complicati, un cast eccezionale, una sceneggiatura di altissimo livello e un comparto sonoro di ottima fattura. Grim Fandango aveva tutto tranne una cosa: una buona dose di fortuna. Il gioco uscì su PC verso la fine del 1998 vendendo appena 95.000 unità in cinque anni per quel che riguarda il mercato nordamericano, ottenendo risultati anche inferiori nel resto del mondo.

Fu solo sfortuna? Ancora oggi se lo domandano in molti: gli ingredienti per un’opera indimenticabile c’erano tutti, ma i tempi stavano cambiando in maniera inesorabile. Le avventure grafiche furono per molti IL genere videoludico degli anni Novanta ma, alla luce di un’offerta man mano sempre più ampia, rinnovarsi era come detto fondamentale. Le cose però non andarono come previsto, e se Grim Fandango si rivelò comunque un prodotto di ottima qualità – Tony Mott lo inserì nel volume “1001 Video Games You Must Play Before You Die” – il seguente titolo di casa LucasArts scrisse la parola fine su una bellissima storia iniziata con Labyrinth nel 1986.

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Escape from Monkey Island fu un errore sotto molti punti di vista, risultando macchinoso e privo di quel mordente che avevo contraddistinto LucasArts negli anni precedenti. L’era delle avventure grafiche, almeno per il momento, era finita. Il grande nemico di Grim Fandango fu dunque il tempo, unito a una campagna di marketing non particolarmente efficace e ad un pubblico che stava cambiando anno dopo anno.

Dopo anni in cui il titolo sembrava finito nel dimenticatoio – se non per una ristretta nicchia di affezionati – nel 2015 Double Fine Productions, lo studio di Tim Schafer, pubblica a sorpresa Grim Fandango Remastered: una versione rinnovata del titolo che offre la possibilità agli appassionati del genere di scoprire, o riscoprire, una delle più belle storie mai raccontate da un videogioco.

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Negli ultimi anni abbiamo poi assistito ad un rinnovato interesse nel genere, che ha portato a produzioni di livello come i vari Life is Strange, ai titoli targati Telltale e a moltissime chicche dal panorama indie: prodotti moderni, pensati per il nuovo pubblico che strizzano l’occhio a LucasArts e ai suoi grandi capolavori. In un contesto del genere, riproporre Grim Fandango è stata una mossa quantomai azzeccata: anche oggi, a più di vent’anni dalla sua uscita, ci sentiamo infatti di consigliarvi quella che è un’esperienza da vivere almeno una volta.

Vi lasciamo invitandovi a raccontarci la vostra esperienza con Grim Fandango o, qualora non l’aveste mai provato, a dargli una possibilità: noi di Game Division siamo certi che non ve ne pentirete affatto.

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