L'eredità di LucasArts: il grande ritorno delle avventure grafiche

Avatar di Michele Pintaudi

a cura di Michele Pintaudi

Editor

Il mondo dei videogiochi, come ormai evidente soprattutto negli ultimi anni, è bello perché è vario: ognuno, infatti, può riuscire a trovare il prodotto perfetto per le proprie esigenze, potendo contare su una gamma di scelta davvero senza precedenti. In un panorama ricco e sfaccettato come questo si vanno a formare, inevitabilmente, alcune nicchie di utenti affezionati in modo particolare a tipologie di prodotto ben specifiche: LucasArts e la sua invidiabile produzione di avventure grafiche, ad esempio, rappresentano qualcosa di emblematico in tal senso.

Sulle pagine di Game Division abbiamo parlato a più riprese di ciò che LucasArts ha significato nella storia dei videogiochi: partendo da un overview su quella che è la sua storia si è poi svolta un’analisi di alcune delle personalità più rilevanti al suo interno, passando per un generale excursus sulla storia del genere in quanto tale. Ciò che Ron Gilbert, Tim Schafer e altri hanno portato all’interno dell’industria videoludica è qualcosa di realmente indelebile che, come andremo a vedere, è e rimane realmente tangibile ancora oggi.

Dopo una serie di alti e bassi, caratterizzata dall’esplosione e dal declino del genere, le avventure grafiche stanno pian piano tornando alla ribalta anche nel contemporaneo panorama del gaming: quello che vogliamo fare oggi è riflettere su questo fenomeno, comprendendo passato e presente di questo tipo di prodotti per prevedere, sempre analiticamente parlando, come il tutto si può tradurre in ottica futura. Prima di cominciare facciamo un piccolo salto indietro, fino alla seconda metà degli anni Ottanta…

LucasArts: ascesa e caduta di un mito

Fondata nel 1982 sotto il nome LucasFilm Games, la compagnia mirava a lasciare un’impronta importante nell’industria del videogioco allo stesso modo di come George Lucas stesso stava segnando la storia del cinema. La parola d’ordine era dunque “sperimentazione”, sostantivo che resterà col tempo il vero e proprio mantra dell’azienda di San Francisco. Dalla collaborazione con Atari nacquero Ballblazer e Rescue on Fractalus!, due action games capaci di raccogliere buoni riscontri da pubblico e critica.

La vera svolta giunse però nel 1986 quando – potendo sfruttare la licenza legata al noto film di Jim Henson con David Bowie – lo studio pubblicò Labyrinth: non un gioco indimenticabile a onor del vero, ma primo di una serie di titoli che andranno a cambiare per sempre la storia dei videogiochi. L’anno seguente sarà la volta di Maniac Mansion, un vero e proprio capolavoro del genere che ebbe peraltro il merito di introdurre SCUMM (Script Creation Utility for Maniac Mansion, ndr): un’applicazione creata da Ron Gilbert che fungerà come tool per lo sviluppo delle avventure grafiche che giungeranno in seguito, dando agli sviluppatori stessi l’accesso a una serie di strumenti in grado di controllare tutti gli elementi che vanno a caratterizzare il gioco in quanto tale.

Da quel momento LucasFilm Games, che nel 1990 cambierà definitivamente nome in LucasArts, cominciò a sfornare un capolavoro dopo l’altro. Praticamente ogni titolo uscito nel corso di quegli anni merita infatti una menzione a sé, in quanto capace in un certo modo di aggiungere qualcosa di sempre nuovo in un’industria che a molti sembrava già satura di idee. Titoli come Loom, The Dig, Indiana Jones and the Last Crusade e Sam & Max sono infatti esperienze che ancora oggi meritano di essere vissute da ogni videogiocatore degno di questo nome, anche soltanto per arricchire il proprio bagaglio culturale in tal senso.

L’opera meglio riuscita in assoluto è però con tutta probabilità la serie Monkey Island, cominciata nel 1990 e capace di raccogliere a sé una folta schiera di appassionati che ancora oggi ricordano con affetto le mirabolanti gesta del temibile pirata Guybrush Threepwood. Il secondo capitolo – Monkey Island 2: LeChuck's Revenge – è considerato da molti come la miglior avventura grafica mai pubblicata, nonché come il prodotto che più di tutti riesce ad incarnare lo spirito di LucasArts in tutte le sue componenti.

Alla base di ogni progetto della compagnia, da Zak McKracken a Grim Fandango, troviamo infatti una serie di elementi distintivi che rendono il quadro complessivo in qualche modo ancor più speciale. Non manca mai una forte attenzione ai personaggi e allo sviluppo degli stessi, raccontando tutto in modo appassionante senza mai rinunciare al taglio fortemente ironico che diverrà col tempo il vero marchio di fabbrica di LucasArts. Ciò che rende le opere di Gilbert e soci qualcosa di indimenticabile è proprio questo: la capacità di narrare storie avvincenti riuscendo sempre e comunque a divertire, in maniera semplice e genuina.

Come molte storie di questo genere, però, anche l’epopea LucasArts ha una sua naturale conclusione. Nel 2000 esce Fuga da Monkey Island, quarto capitolo della serie precitata che non riesce però a raggiungere il successo e gli standard qualitativi dei precedenti. Il pubblico e l’industria stavano cambiando, e lo studio non riuscì a rinnovarsi a sufficienza per rimanere al passo con i tempi. Il nuovo millennio portò a una conversione della produzione, con il passaggio dallo sviluppo delle avventure grafiche a quello improntato su titoli legati principalmente alla saga di Star Wars. Nel 2013, a seguito della cancellazione di molti progetti, Disney arrivò ad annunciare la chiusura definitiva della compagnia.

Sotto molti punti di vista, quel giorno segnò la fine di un’era. La realtà dei fatti mostra però come LucasArts fosse, ormai da anni, qualcosa di totalmente diverso da quello studio capace di esaltare decine di migliaia di giocatori in tutto il mondo: Ron Gilbert, David Grossman, Tim Schafer, Steven Purcell e gli altri creativi che avevano reso grande l’azienda avevano già da tempo preso strade diverse. Strade che, in modi diversi, ci portano dritte al giorno d’oggi: cos’è cambiato da quegli anni Novanta?

La rinascita di un genere?

Sia chiaro: LucasArts non è il solo e unico nome degno di nota quando parliamo di avventure grafiche. L’elenco sarebbe infatti sterminato, comprenderebbe di certo grandissime realtà come Revolution Software, Sierra, FunCom e tantissime altre. Allo studio di San Francisco va il merito di aver alzato sempre di più gli standard sotto molti punti di vista, riuscendo a rendere prodotti così di nicchia un qualcosa di fruibile anche a un pubblico mainstream.

Le avventure grafiche dovettero, come detto, affrontare una fase di enorme declino all’inizio degli anni Duemila: declino che porterà inevitabilmente a una drastica riduzione in termini di produzione, con sempre meno offerta presente sul mercato. Molte software house si spostarono su altri generi, optando per prodotti più affini ai gusti della nuova generazione di videogiocatori. Non mancano certo titoli degni di nota, tutt’altro, ma la sensazione fu di assistere in via pressoché definitiva alla fine di un ciclo.

Negli ultimi anni però qualcosa si è mosso, e lo sta facendo tutt’ora scuotendo i cuori di tutti gli appassionati di vecchia data che tanto speravano in un gradito ritorno. Possiamo qui distinguere due filoni principali: uno legato al passato e uno, da un certo punto di vista, volto al futuro. Il primo comprende nuove produzioni confezionate in grande stile da tutti quei nomi – da noi già citati – che hanno scritto la storia di questo genere. Prendiamo ad esempio Broken Age, racconto ideato dalla Double Fine di Tim Schafer e uscito tra il 2014 e il 2015. Un progetto capace di rifarsi ai grandi classici offrendo però qualcosa di nuovo, in pieno stile LucasArts insomma. Altro esempio emblematico in proposito è Thimbleweed Park di Ron Gilbert, uscito nel 2017 e sin da subito riconosciuto come uno dei migliori omaggi a uno dei migliori periodi della storia del videogioco.

L’altro filone comprende tutte quelle produzioni che, invece, sono riuscite a rievocare i fasti del passato dando sostanzialmente il via a questo grande ritorno delle avventure grafiche. Progetti in qualche modo figli dell’operato di LucasArts e delle altre, tra i quali meritano una menzione quelli targati Telltale ma anche prodotti più simili – in termini di meccaniche – al canone tradizionale come Machinarium, Yesterday e la serie Deponia.

Titoli del genere hanno di fatto risollevato il livello di interesse del pubblico, riuscendo a coniugare tradizione con modernità: è in questo modo che, in un mercato in continua evoluzione, si è riusciti a raggiungere uno standard capace di soddisfare gli appassionati storici attirando al contempo una nuova schiera di pubblico. A testimoniare il mai defunto amore per questi giochi, inoltre, troviamo ottimi riscontri in termini di pubblico e critica legati alle varie rimasterizzazioni messe in atto negli ultimi anni. Grim Fandango, Day of the Tentacle e tanti altri titoli, in una veste totalmente rinnovata, rappresentano oggi un ottimo modo per (ri)affacciarsi al genere.

Oggi il genere sta fondamentalmente vivendo una seconda giovinezza, e ha raggiunto consapevolezza nei propri mezzi grazie al sempre più forte riconoscimento di quello che è stato un passato incredibilmente glorioso. Passato su cui, mattone dopo mattone, si può costruire qualcosa di davvero importante. La parola passa ora a voi giocatori: vi invitiamo a raccontarci la vostra esperienza con LucasArts e con il genere in questione e, soprattutto, a dirci la vostra su quello sono per voi le avventure grafiche oggi. Stiamo davvero, insomma, assistendo a un grande ritorno?

Su GOG potete trovare tantissimi grandi classici targati LucasArts: oggi vi segnaliamo Maniac Mansion a un prezzo davvero molto interessante!