Lo scontro tra SCEA e Geohot sulla giurisdizione del processo tra la divisione statunitense della casa nipponica e l'hacker di PS3 continua senza soste. Nuovi documenti fanno emergere la linea difensiva dell'hacker a fronte delle recenti accuse.
George Hotz nega con fermezza di aver creato un account sul Playstation Network usando una delle quattro Playstation 3 in suo possesso. L'hacker, a detta di Sony, avrebbe creato un account con il nickname "blickmaniac" e l'indirizzo IP associato sarebbe stato identificato a Glen Rock, nel New Jersey, cittadina dove risiede il giovane.
Se Sony riuscisse a dimostrare che l'account Playstation Network è stato aperto da Hotz avrebbe in mano una carta decisiva. L'apertura di un account implica la sottoscrizione dei termini di servizio di SCEA e per l'azienda sarebbe più facile portare il caso in California, in territorio amico.
Secondo il legale di Hotz, però, il numero seriale che Sony ha associato all'account blickmanic non corrisponde a quello della PS3 Slim acquistata dal suo assistito - al momento non sono noti i seriali degli altri tre sistemi PS3 usati acquistati da Hotz.
Secondo la casa nipponica il numero seriale è CG221368477-CECH-4489, ma una foto allegata alla documentazione della difesa dimostrerebbe che la PS3 Slim di Hotz ne ha uno diverso. Al momento quindi non c'è la conferma che Hotz abbia aperto quel famigerato account. Tutto si potrebbe risolvere mostrando una ricevuta d'acquisto, che potrebbe servire a confermare o smentire la tesi di una delle due parti. Per ora non è saltata fuori.
L'avvocato di Hotz fa inoltre riferimento a un commento apparso sul blog del ragazzo, in cui un vicino di casa si prende "la colpa" della creazione dell'account e dell'indirizzo IP riconducibile all'abitazione di Geohot. "Ragazzi, c'è un equivoco. La console di cui Sony parla è mia e l'account è stato creato da me. Vivo accanto a George Hotz e siamo sempre stati buoni amici. Nel periodo in cui ho comprato la console aspettavo la connessione a Internet dal mio ISP e quindi ho chiesto a Hotz se potevo usare la sua. Un rapporto di buon vicinato, tutto qui".
Il seriale della PS3 Slim di Hotz
Nel corso di una deposizione sotto giuramento Hotz ha dichiarato di non essere a conoscenza dell'esistenza di SCEA e della sua sede in California. L'hacker credeva che la PS3 fosse un prodotto di Sony Japan, come indicato sulla scatola e il firmware. Hotz non ha nemmeno aperto i manuali (come dimostrato da una foto allegata agli atti dal suo avvocato), in cui invece SCEA è ampiamente citata.
Difficile credere che Geohot non fosse a conoscenza dell'esistenza di una sede statunitense di Sony, ma trattandosi di una dichiarazione sotto giuramento i casi sono due: o ha dichiarato il falso oppure la verità . Non possiamo saperlo, ma i dubbi rimangono.
Infine Sony ha fatto mettere agli atti una guida all'hacking di PS3 in cui si proverebbe il coinvolgimento di Hotz. Secondo l'avvocato dell'hacker solo due parti si riferiscono a programmi o dati creati o rilasciati dal ragazzo. Per Sony questa è un'altra prova che evidenzia come il codice di Hotz permetta di giocare a titoli pirata. L'avvocato dell'hacker fa invece notare che il lavoro di Hotz riguarda solamente una parte successiva all'hack del sistema.
Ricordiamo che tutto il procedimento verte attorno all'hacking di Playstation 3. Sony è scesa in campo contro l'hacker reo di aver aggirato le difese della console, mettendo a rischio l'intero business fatto di giochi, film e servizi. L'accusa è violazione del Digital Millennium Copyright Act (DMCA).
Geohot ovviamente nega tutto e ha più volte dichiarato che il suo lavoro di hacking è stato sempre rivolto all'installazione di Linux sulla PS3, una funzionalità presente in passato, ma rimossa da Sony con un aggiornamento del firmware.