Il ray tracing non è abbastanza

Spesso si parla di videogiochi fotorealistici e nonostante di progressi se ne facciano costantemente, siamo ancora lontani dall'obiettivo. Quale tecnica riuscirà a non farci distinguere un film da un gioco?

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a cura di Tom's Hardware

Il ray tracing non è abbastanza

Il ricercatore Intel Daniel Phol ha rifatto diversi classici dei videogiochi, come Quake e Wolfenstein, usando il ray tracing. Pohl ha dimostrato il suo remake di Wolfenstein su un laptop, anche se si tratta di una sorta d'inganno. Il laptop non fa girare il gioco, si occupa solo di riprodurre le immagini provenienti da quattro server dedicati, tutti con coprocessori di fascia alta di Intel (Knights Ferry).

L'architettura delle demo di Pohl appare fotorealistica, così come il lampadario aggiunto in Wolfestein (che vedete qui sotto); la proiezione consiste in 1 milione di poligoni, renderizzati usando l'indice di rifrazione reale del vetro, un numero assegnato che rappresenta come la luce attraversa una sostanza.

Tuttavia le altre scene della demo hanno fallito il test del fotorealismo (qui un altro video). I soldati della demo di Wolfenstein di Pohl camminano tutti con un'andatura artificiosa e le fiamme, notoriamente difficili da animare, sembrano piatte e morbide, lontane anni luce dall'effetto reale.

La demo di Wolfensein di Pohl mostra come il fotorealismo significhi molto di più di una corretta illuminazione. "Il ray tracing da solo non è abbastanza per raggiungere il fotorealismo. Bisogna avere modelli 3D complessi, animazioni e tutti gli elementi che lavorano insieme per creare l'esperienza". Nel 2010 David Luebke, direttore della ricerca grafica di Nvidia, affermava che il metodo più corretto per gestire i calcoli richiesti dal ray tracing sarebbe integrare hardware a funzione fissa nelle future GPU. Per ora non è successo. 

Altri progressi sono stati fatti sul fronte dell'algoritmo radiosity, usato in titoli come Battlefield 3 in tempo reale, grazie allo strumento di gestione Enlighten di Geomerics. A differenza del path tracing, radiosity sfrutta i percorsi luminosi che partono da una sorgente e sono riflessi diffusivamente un certo numero di volte (anche zero) prima di colpire l'occhio. Si può dire che l'illuminazione in Battlefield 3 sia sublime, ma non possiamo certo parlare di gioco fotorealistico in senso completo.

Insomma, la strada è lunga e le innovazione da fare sia sul fronte hardware che software sono ancora molte. Parlare in termini di anni o decenni forse non ha senso: l'industria tecnologica cresce a livelli esponenziali e quello che oggi ci sembra lontano magari sarà risolto in pochissimo tempo. Almeno questa è la nostra speranza di appassionati di tecnologia. Incrociamo - tutti insieme - le dita!