Il mercato italiano dei droni professionali è finito sotto la lente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha avviato un'indagine per possibili pratiche anticoncorrenziali. Al centro dell'inchiesta ci sono DJI Europe, colosso cinese della tecnologia per velivoli senza pilota, e Nital, distributore italiano dei prodotti del marchio. Le due aziende sono sospettate di aver orchestrato un sistema per controllare i prezzi di vendita al dettaglio, impedendo ai rivenditori di praticare sconti e di competere liberamente sul mercato.
L'ipotesi investigativa si basa su un meccanismo che l'Autorità definisce come "resale price maintenance", una pratica vietata dalla normativa europea. Secondo quanto emerso dalle segnalazioni ricevute dall'antitrust, DJI e Nital avrebbero stabilito unilateralmente i prezzi ai quali i rivenditori italiani devono commercializzare i droni della categoria enterprise, quelli destinati all'uso professionale e industriale. Il sistema sarebbe stato accuratamente monitorato attraverso il confronto tra i prezzi applicati dai singoli punti vendita e quelli pubblicati sul sito ufficiale di Nital.
Quando venivano rilevate discrepanze, ovvero quando un rivenditore tentava di offrire condizioni più vantaggiose ai clienti, scattavano le contromisure. Le segnalazioni parlano di diffide formali, minacce di revoca dell'autorizzazione all'utilizzo dei marchi DJI e, nei casi più gravi, dell'interruzione delle forniture. Un sistema che, se confermato, avrebbe di fatto azzerato qualsiasi possibilità per i consumatori di beneficiare della concorrenza tra rivenditori attraverso sconti o promozioni.
L'architettura del presunto cartello non si fermerebbe qui. Per rendere ancora più impermeabile il sistema di controllo dei prezzi, DJI e Nital avrebbero ostacolato anche le importazioni parallele, cioè la possibilità per i rivenditori italiani di acquistare i prodotti all'estero a condizioni più favorevoli. Questa pratica avrebbe impedito ai distributori nazionali di sfruttare eventuali differenze di prezzo praticate in altri paesi europei per poi offrire tariffe più competitive sul mercato italiano.
La violazione contestata fa riferimento all'articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, norma fondamentale che vieta gli accordi tra imprese che abbiano come effetto quello di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato comune. L'Autorità italiana ritiene che il comportamento delle due società possa costituire una restrizione fondamentale ai sensi del Regolamento UE n. 720/2022 della Commissione europea, che disciplina specificamente le intese verticali tra produttori e distributori.
Per raccogliere elementi probatori, lo scorso 23 ottobre i funzionari dell'Antitrust, supportati dal Nucleo speciale della Guardia di Finanza, hanno effettuato ispezioni a sorpresa. Le verifiche hanno riguardato non solo la sede italiana di Nital, ma anche diversi rivenditori autorizzati di droni DJI della linea enterprise, quelli utilizzati in ambiti professionali come topografia, ispezioni industriali, agricoltura di precisione e servizi di emergenza.
L'avvio dell'istruttoria rappresenta solo la fase iniziale del procedimento. Le aziende coinvolte avranno modo di presentare le proprie difese e memorie, mentre l'Autorità dovrà raccogliere ulteriori prove per stabilire se effettivamente si sia configurata una violazione delle norme sulla concorrenza. In caso di accertamento delle condotte illecite, DJI Europe e Nital potrebbero essere soggette a sanzioni pecuniarie anche rilevanti, calcolate in percentuale sul fatturato, oltre all'obbligo di cessare immediatamente le pratiche contestate.