AT&T compra T-Mobile USA, ma l'Antitrust dice no

L'Antitrust statunitense è contraria all'acquisizione di T-Mobile USA da parte di AT&T. L'operazione da 39 miliardi di dollari potrebbe andare in fumo, ma non è detto che l'epilogo sia scontato. Il rischio per il mercato è che i prezzi possano salire: gli operatori mobili nazionali passerebbero da quattro a tre.

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a cura di Dario D'Elia

L'Antitrust statunitense si è espressa negativamente sull'acquisizione dell'operatore T-Mobile USA da parte di AT&T. L'acquisizione da 39 miliardi di dollari annunciata nel marzo scorso potrebbe così saltare perché gli effetti sulla competizione nel settore sarebbero (pare) devastanti. I dirigenti AT&T non vogliono neanche pensare a una possibilità del genere, se non altro perché sarebbero costretti a risarcire Deutsche Telekom (holding di T-Mobile USA) con 3 miliardi di dollari, un pezzetto di spettro wireless e una serie di accordi commerciali obbligati.

T-Mobile USA e AT&T

Ovviamente non è detto che l'epilogo della vicenda sia scontato: già nel 2004 ad esempio Oracle riuscì a vincere la sfida con il Dipartimento di Giustizia portando a casa PeopleSoft. Insomma, l'unica certezza è che l'operazione sarà più complicata del previsto. 

Resta il fatto che secondo l'Herfindahl-Hirschman index la share di mercato generata da questa acquisizione sarebbe oltre i limiti definiti dalla legge. Senza contare che spogliando il dibattito di ogni chiacchiera gli operatori mobili nazionali passerebbero da quattro a tre, con la scomparsa del più concorrenziale.

La prima questione che il Dipartimento di Giustizia deve affrontare è capire nei dettagli se la fusione potrebbe influenzare i prezzi – sopratutto al rialzo. Al momento sostiene che questo potrebbe concretizzarsi insieme alla riduzione dell'offerta prodotti e di innovazione.

AT&T ovviamente risponde che le acquisizioni avvenute negli ultimi anni non hanno pregiudicato la riduzione delle tariffe.

A onore di cronaca per un italiano sarebbe un sogno assistere a un confronto di tale livello. Siamo abituati a rilevare da parte del Garante per la Concorrenza comportamenti assimilabili a quelli di notaio più che di un giudice. Per altro il silenzio di fronte ad alcune operazioni è diventato assai meno imbarazzante rispetto alle sanzioni che commina ogni anno. Ma qui bisogna ammettere che la responsabilità è sopratutto dei legislatori che ne hanno limitato la capacità offensiva.