Aziende hi-tech, soffiarsi i dipendenti sarà più facile

Con un accordo firmato presso il Dipartimento di Giustizia statunitense sei delle più grandi aziende tecnologiche del mondo s'impegnano a non ostacolare la mobilità dei propri dipendenti. In precedenza si firmavano accordi specifici per evitare la fuga di cervelli verso la concorrenza.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Le grandi aziende tecnologiche non potranno più accordarsi tra loro per limitare la mobilità dei lavoratori. È questa la sostanza di un accordo imposto dal Dipartimento di Giustizia (DoJ) ad Apple, Adobe, Google, Intel, Intuit e Pixar. Secondo le autorità questo tipo di intese è lesivo per la concorrenza.

Carta canta, si dice. Di solita quella intestata degli avvocati.

Gli accordi al centro della questione vedono le aziende impegnarsi reciprocamente a non "soffiarsi" i dipendenti offrendo loro posti di lavoro con migliore retribuzione. Accordi che si rafforzano con vincoli imposti direttamente al lavoratore, con clausole sul contratto d'assunzione. In questi casi, per esempio, Apple s'impegna a non fare offerte di lavoro ai dipendenti Adobe, a meno di richieste dirette. Allo stesso tempo il lavoratore Adobe non può andare da Apple se si dimette (caso riservato solo a un numero ristretto di incarichi).

Le indagini del DoJ sono andate avanti per quasi un anno, ma non si arriverà al tribunale. Le aziende citate hanno infatti preferito impegnarsi ufficialmente a non stipulare più accordi simili. In passato ci sono state intese in tal senso, pensiamo ad Apple e Google (2006), Apple e Adobe (2005), Apple e Pixar (2007), Google e Intel (2007), Google e Intuit (2007).

Il Dipartimento di Giustizia - che è arrivato a parlare di collusione - continua a indagare su altre aziende potenzialmente coinvolte in simili pratiche. La soluzione trovata sarà ora vagliata dalle autorità. Tra sessanta giorni, salvo incidenti, sarà effettiva e valida per cinque anni.

Con il nuovo accordo le aziende cambieranno atteggiamento, almeno pubblicamente. La concorrenza  potrebbe ricevere un nuovo stimolo e per i lavoratori più qualificati sarà più facile trovare retribuzioni più alte, come si legge sul comunicato del DoJ.

I giovani talenti potranno scegliere più serenamente.

La posizione delle aziende tuttavia è l'esatto opposto. Chi si è pronunciato sostiene di aver agito nell'ambito della legalità, e "di non aver fatto male a nessuno". Anzi, si ritiene che questi accordi fossero proprio uno strumento per favorire l'innovazione e la collaborazione tra le aziende.

Le aziende dovranno trovare altri modi per tenersi stretti i dipendenti migliori e assicurarsi il controllo dei talenti più spiccati. Il problema riguarda naturalmente anche il passaggio d'informazioni delicate. Per trattenere un dipendente ora non restano che gli accordi fatti con il lavoratore stesso. In passato però è stato già dimostrato che non è facile difendere le proprie posizioni se si arriva in tribunale (Papermaster querela IBM).