Faccio lo startupper, invento business fallimentari

La maggioranza delle startup italiane non spicca il volo e non si trasforma in attività di business sostenibile. I numeri sono molto negativi.

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a cura di Dario D'Elia

In Italia abbiamo "più incubatori ed acceleratori che startup con reali prospettive di successo", sostiene Francesco Inguscio, fondatore e Ceo di Nuvolab, venture accelerator e società di advisory per l’innovazione. È una doccia gelata più che un'intervista quella che rilascia l'esperto a Il Sole 24 Ore. Eppure la sensazione che il mondo startup stesse prendendo una brutta piega era nell'aria.

Ormai si stimano più di 5.800 startup, 41 incubatori certificati e almeno altri 100 di dubbia identificazione. Gli investimenti languono e nel 2015 ci sono stati solo 10 exit – semplicisticamente si potrebbe dire la vendita - su 600 titolate. Secondo Tech.eu lo scorso anno l'Italia è stata protagonista di sole 9 operazioni sulle 594 europee, contro le 119 tedesche. A livello di contratti (deal) l'Italia è al 15° posto, un terzo della Svizzera e un quinto della Svezia.

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E dire che il numero dei professionisti delle startup è in aumento costante, come all'estero, ma quelle che si inventano non spiccano il volo. "Le fonti di reddito solo marginalmente, soprattutto nel breve periodo, sono i proventi delle exit, bensì primariamente sponsorship da parte delle aziende del territorio, consulenze di vario tipo (spesso finalizzate alla formazione e al supporto di programmi di corporate innovation), eventi, affitto spazi e, solo eventualmente, qualche exit", prosegue l'esperto.

Insomma, le infrastrutture tendono a fare business sulle startup più che con esse. Gli incubatori d'altronde nascono per fare consulenze in molti casi. "Con dinamiche simili al più noto 'brain drain' stiamo assistendo ad un meno visibile ma altrettanto rilevante 'startup drain'. Gli imprenditori, dopo aver mosso i primi passi in Italia, devono rilocalizzarsi altrove per poter continuare il proprio percorso imprenditoriale", conclude Inguscio.

In effetti se nel 2015 i finanziamenti venture capital in Italia non hanno superato – in ambito startup – i 74 milioni di euro, mentre nella sola Berlino hanno raggiunto i 2,4 miliardi, bisognerà porsi qualche domanda.

Ad oggi tutti questi dati confermano che solo un ristretto numero di progetti ha le carte in regola per affermarsi. E su questi dovrebbero convergere tutti gli aiuti possibili. Scremare un po' non farebbe male all'ambiente.