Grafene per generare un wormhole, l'idea dei fisici italiani

Un gruppo di ricerca dell'Università Federico II di Napoli ha costruito un modello in scala ultra-ridotta di wormhole, basato sul grafene.

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a cura di Antonio D'Isanto

Quello dei wormhole è uno degli argomenti più gettonati, ai confini tra scienza e fantascienza, che viene fuori quando ci si trova a parlare di buchi neri e viaggi nello Spazio e nel tempo. Frutto di alcune soluzioni delle equazioni di Einstein, essi sono quindi previsti teoricamente nel campo della Relatività Generale, ma finora non è stato possibile dimostrarne l'esistenza.

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Peraltro, al fine di generare un wormhole, occorrerebbe una enorme densità di materia (o, equivalentemente, di energia), in grado di distorcere la struttura dello spazio-tempo al punto tale da creare un cunicolo che possa interconnettere due zone lontane dello stesso, secondo il classico esempio del foglio ripiegato. Una situazione del genere sarebbe praticamente possibile solo in un caso, per quanto ne sappiamo oggi: in presenza cioè di un buco nero, che costituirebbe il "portale d'accesso" al wormhole.

Il problema, nel caso qualcuno di voi volesse provare, e semmai riuscisse a raggiungere il buco nero più vicino (fortunatamente nei dintorni del Sistema Solare non ve ne sono), sarebbe riuscire a entrare al suo interno senza "spaghettificarsi" (nel video sotto la divertente spiegazione di deGrasse Tyson), ed essere poi in grado di tornare indietro per raccontare ciò che ha visto.

Tuttavia, uno studio pubblicato di recente su arXiv da un gruppo di fisici dell'Università Federico II di Napoli, guidato dal Prof. Salvatore Capozziello, pone le basi per uno studio sperimentale sul funzionamento di un wormhole e allo stesso tempo apre le porte ad applicazioni industriali nel campo della superconduttività. Vediamo di cosa si tratta e come funziona.

Per comprendere meglio quanto riportato nella pubblicazione, occorre fare una premessa. Sappiamo che due dei principali problemi dell'Astrofisica moderna consistono nelle evidenze sperimentali sulla presenza di Materia ed Energia oscura nell'Universo. Evidenze che ricordiamo, sono solo indirette, cioè basate sulla rilevazione dei loro effetti gravitazionali. A questo proposito, la comunità dei fisici è divisa sostanzialmente in due grandi scuole di pensiero: la prima, che punta a dimostrare l'esistenza di queste forme esotiche di materia ed energia, e cerca di trovarne evidenze sperimentali dirette; la seconda invece pensa piuttosto che vi sia un qualche tipo di errore nelle attuali teorie della gravitazione di Newton ed Einstein, proponendone dunque una revisione.

Questo secondo tipo di approccio al problema ha dato origine a quelle che vengono denominate "teorie f(R)". Per farla semplice, nelle equazioni della Relatività Generale, la curvatura dello spazio-tempo viene descritta da una funzione matematica chiamata scalare di Ricci (R), che ha una certa forma prestabilita. Nel caso delle teorie f(R), questa funzione viene modificata utilizzando diverse famiglie di funzioni, ottenendo quindi nuove formulazioni delle leggi che descrivono il funzionamento della gravità. Ciò implica che utilizzando funzioni opportune sia possibile spiegare il comportamento dell'Universo senza chiamare in causa Materia ed Energia Oscura.

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In alcuni casi queste teorie consentono di sostituire persino le singolarità spazio-temporali create dai buchi neri con i wormhole. Ispirandosi a questo concetto, i fisici della Federico II hanno tentato di simulare su scala microscopica quanto accade in campo cosmologico, costruendo un modello in scala ultra-ridotta di wormhole, basato sul grafene.

Ciò sarebbe possibile in quanto le stesse teorie f(R) prevedono la possibilità di creare wormhole microscopici. Se ora ci soffermiamo ad osservare il comportamento della materia cristallina in presenza di "imperfezioni", o impurità, nella sua struttura, sarebbe possibile ottenere fenomeni assimilabili a ciò che avviene in presenza di micro-wormhole. Da qui l'esperimento che ha portato a risultati sensazionali.

I fisici guidati dal Prof. Capozziello hanno infatti utilizzato due sottilissime lastre di grafene, interconnesse da un nanotubo che costituisce il nostro modello di wormhole. Di base il sistema è stabile, cioè nulla vi entra e nulla di esce finché il grafene è mantenuto puro. Nel momento in cui però si vanno a inserire delle imperfezioni nella struttura cristallina, il sistema "si attiva" e delle correnti superconduttrici si sviluppano all'interno del nanotubo.

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Per intenderci, volendo mantenere il paragone cosmico, è come se una navetta spaziale, rappresentata dall'impurità, si avvicinasse al wormhole, attivandolo. Un'ipotesi che senza dubbio fa volare con la fantasia. Pur rimanendo ad ogni modo con i piedi per terra, le implicazioni tecnologiche di quanto osservato dai ricercatori sono importantissime, perché consentirebbero di trasmettere segnali elettrici in maniera estremamente precisa, rapidissima grazie alla superconduttività, e a livello atomico. Le applicazioni di tale tecnologia sarebbero pressoché infinite, e al momento la realizzazione di un primo prototipo su scala industriale è l'obiettivo più immediato.

Vorrei concludere, con tutto il rispetto, con un piccolo sfogo: studi come questo fanno comprendere come i risvolti di ricerche a volte astratte ed estremamente teoriche, persino prive di apparente senso pratico, possano avere invece incredibili risvolti tecnologici, e portare a un miglioramento concreto del nostro vivere quotidiano. Questa dovrebbe essere la migliore risposta a chi continua a domandarsi perché "sprecare" denaro nella ricerca, con tutti i problemi che ci sono.

La grande avventura della ricerca scientifica, e il desiderio di conoscenza insito nell'uomo, non sempre procedono in maniera lineare. Sono come "quei grandi amori, che non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano". E quando questo accade, portano sempre qualcosa di nuovo e meraviglioso!

Antonio D'Isanto è dottorando in astronomia presso l'Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l'applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.