La nuova Privacy Google spaventa, ma la si può aggirare

Da oggi sono attive le nuove politiche sulla privacy create da Google. Più semplici e uniformi su tutti i servizi, hanno destato alcune preoccupazioni sulla privacy. I più esperti tuttavia possono mettere in pratica delle contromisure, se lo desiderano.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Da oggi sono attive le nuove politiche sulla privacy di Google, che l'azienda aveva annunciato lo scorso gennaio, nell'intento di dare a utenti e osservatori tutto il tempo necessario per informarsi dettagliatamente e prendere eventuali contromisure.

I cambiamenti non sono forse storici, ma comunque rilevanti. Da oggi Google ha una sola politica per la privacy per tutti i molteplici servizi che offre (Ricerca, YouTube, Picasa, Google News, Google, Reader, etc), e ma soprattutto questi condivideranno i dati utente. Per esempio, fino a ieri YouTube poteva "vedere" una ricerca web, e per questo nei risultati compaiono anche video. Da oggi vale anche l'inverso.

Per molti, forse la maggior parte di noi, non si tratta di una questione molto rilevante, e queste persone continueranno a usare il computer come meglio credono. Per altri però l'idea di essere "seguiti" da Big G non è affatto piacevole, anzi qualcuno si è detto palesemente preoccupato. Comprese le autorità dell'Unione Europea.

Esistono modi per evitare il cosiddetto tracking online, tuttavia. Un buon punto di partenza è la Dashboard di Google, un centro di controllo con cui verificare nel dettaglio tutte le impostazioni del proprio account. È poi possibile cancellare e disattivare la registrazione della cronologia delle ricerche, seguendo le istruzioni in questa pagina. E si può fare lo stesso con YouTube. I più paranoici eventualmente possono decidere di cancellare l'account.

Perché qualcuno vuole seguirci mentre navighiamo? L'obiettivo è mostrarci pubblicità "personalizzate". Diciamo che visitate un negozio online, vedete un gioco che vi piace ma non lo comprate subito e vi spostate su un altro sito; ed ecco che compare la pubblicità di quel gioco. Accade perché una (o più) agenzie pubblicitarie vi stanno seguendo, sanno che v'interessa quel prodotto e sperano ragionevolmente che clicchiate sull'annuncio.

L'errore è pensare che riguardi solo Google. Su ogni pagina web, compresa questa, sono attive almeno una dozzina di aziende che usano sistemi di tracciamento, e potete incontrarne più di cento nell'arco di 24 ore – e tutte scriveranno o tenteranno di scrivere un cookie nel vostro sistema, per le stesse ragioni descritte sopra. Chi usa Firefox può affidarsi a Collusion per avere un quadro più preciso, ma anche per Chrome  esistono estensioni che aiutano a non farsi tracciare, come Do Not Track Plus.

Do not track, (non seguire) è anche il nome di una funzione che i browser aggiungeranno nei prossimi tempi, seguendo i "consigli" delle autorità di USA e UE. L'obiettivo in questo caso però non è fermare la raccolta di dati (per quello ci vuole un'estensione dedicata, o TOR per gli estremisti), ma solo evitare la pubblicità personalizzata.

Infine, forse si sta facendo un po' troppo rumore sulla questione. Può dare fastidio, certo, ma solo nelle ultime settimane ci siamo occupati di questioni più ampie e sinceramente preoccupanti, come il discorso su ACTA, la chiusura di interi siti, minacce più che serie alla libertà di espressione.

La privacy è fondamentale e va protetta con il massimo della forza, naturalmente, ma questa lotta non deve per forza coincidere con la demonizzazione della pubblicità online. Anzi, forse questa storia finirà per essere un buon diversivo a vantaggio di chi vede la riservatezza come fumo negli occhi; come Lamar Smith, il firmatario della proposta SOPA, che vorrebbe a disposizione delle autorità tutti i nostri dati personali, a cominciare da email e dati di navigazione. E non per mostrarci pubblicità.