La giudice del Tribunale del Distretto degli Stati Uniti, Beryl A. Howell, ha emesso, lo scorso venerdì, una sentenza che stabilisce che le opere d'arte generate dall'intelligenza artificiale, non possono essere soggette a copyright. La giudice stava presiedendo una causa legale fra l'Ufficio del Copyright degli Stati Uniti e Stephen Thaler, il quale ha fatto causa all'ente statunitense, dopo che quest'ultimo si è rifiutato, più e più volte, di approvare il copyright di un'immagine creata da Thaler tramite l'algoritmo Creativity Machine.
Dopo i numerosi rifiuti da parte dell'Ufficio del Copyright degli Stati Uniti, Thaler ha citato in giudizio l'ente, sostenendo che il suo diniego fosse "arbitrario, capriccioso e non conforme alla legge" ma la giudice Howell non è stata dello stesso avviso. Nella sua decisione, difatti, ha scritto che il copyright non è mai stato concesso a opere "prive di guida umana", aggiungendo inoltre che "un'autore umano è uno dei requisiti fondamentali per ottenere un copyright".
La giudice si è prodigata, inoltre, nel citare casi analoghi a quello di Thaler, come quello che ha visto respingere la richiesta di copyright nei confronti di un selfie scattato da una scimmia.
Mentre, a titolo di contrasto, la Howell ha menzionato un peculiare caso in cui una donna aveva scritto un libro basandosi su dei taccuini che, quest'ultima, aveva riempito di "parole che credeva che le fossero dettate da una voce soprannaturale". In questo caso il copyright non venne respinto, poiché al netto della peculiarità della storia, non c'erano prove che dimostrassero che la donna non fosse la diretta autrice dell'opera.
La giudice Howell ha comunque riconosciuto che l'umanità sta varcando nuove frontiere nel campo del copyright e che sempre più artisti utilizzeranno l'intelligenza artificiale come strumento per la creazione di nuove opere.
Inoltre a sottolineato che, seppur per il momento la legge è rimasta intaccata, questi nuovi strumenti di creazione solleveranno molto presto delle questioni complesse, proprio in merito al quantitativo di input umano necessario per garantire il copyright a un'opera.
Stephen Thaler, in ogni caso, non è intenzionato a demordere e ha intenzione di ricorrere in appello sperando di mostrare le sue ragioni e ottenere la proprietà della sua creazione.
Questo episodio, altro non fa che alimentare le discussioni attorno al Copyright Act e a quanto necessiti di essere rivisto in funzione delle nove tecnologie. Negli Stati Uniti le cause legali per situazioni analoghe a quella di Thaler, continuano ad accumularsi e, prima o poi, si dovrà trovare una soluzione concreta, e definitiva, al problema.