L'equazione di Schrödinger, primi indizi per capirla

Il primo di quattro articoli in cui vi sveleremo tutti i segreti dell'equazione di Schrödinger.

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a cura di Sergio Cacciatori

universita insubria

Nel prosieguo di questa rubrica abbiamo deciso di trattare temi molto interessanti quali l'equazione di Dirac, orbitali di legame e antilegame e via discorrendo. La base comune di tutti è l'equazione di Schrödinger, un argomento un po' troppo complesso per essere dato per scontato. Per questo motivo abbiamo pensato di trattarla in una sequenza di quattro articoli in modo che i lettori più interessati possano capirla in maniera relativamente agevole e disporre di un bagaglio culturale adeguato per la comprensione dei contenuti successivi.

schrodinger

Prendiamo una particella puntiforme di massa m. Pensiamo a un elettrone e per semplicità immaginiamo che si muova lungo una retta descritta dalla coordinata x. Newton ci direbbe come calcolare istante per istante la posizione x(t) della particella sapendo che su di essa agisce una forza f(x), ben determinata punto per punto, e conoscendo la sua posizione x0 e la sua velocità v0 nell'istante t = 0. Basterebbe risolvere l'equazione di Newton

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Se

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definisce l'energia potenziale, allora si sa che la quantità

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cioè l'energia totale, non dipende dal tempo ma solo dai dati iniziali x0 e v0. Infatti

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dato che a = dv/dt e v = dx/dt. Usando poi che dU/dx = −f(x) e l'equazione di Newton vediamo che dE/dt = 0 e dunque E è costante e in ogni istante ha il valore che assume a t = 0

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Ma d'accordo con Newton abbiamo fatto un'assunzione importante per arrivare a questa conclusione: il corpo in ogni istante possiede una posizione che varia nel tempo con continuità. Questa assunzione si basa sull'esperienza quotidiana, dato che osserviamo questo comportamento per tutti i corpi che riusciamo a vedere. Chi ha mai visto una particella puntiforme? Nessuno ha mai visto ad esempio un elettrone.

Al massimo vediamo la traccia di dove è passato, per esempio un puntino sullo schermo di un tubo catodico o su una lastra fotografica. Possiamo dire che l'elettrone ha una massa m = 9, 1093826 · 10−31Kg e una carica e = −1, 60217653 · 10−19C, e che sono sue proprietà perché ogni volta che le misuriamo riotteniamo esattamente lo stesso valore anche se non vediamo esattamente l'elettrone. Ma nessuno può dire che l'elettrone ha una posizione: se lo diciamo è solo un'astrazione, un'ipotesi fatta in base alla nostra esperienza. Cosa accadrebbe se invece l'elettrone non avesse una posizione?

Qui è dove la meccanica quantistica prende il posto di quella classica. Nella meccanica quantistica una particella puntiforme non ha una posizione e se cerchiamo di individuarla possiamo solo scoprire che a un dato istante t c'è una certa probabilità di scoprire che la particella in tale istante è passata per il punto x1 piuttosto che x2. Questa probabilità è descritta dalla funzione d'onda, una funzione  6 JPG, a valori complessi tale che

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la probabilità di trovare all'istante t la particella tra x e x + dx (qui lo * indica il complesso coniugato: se z = x + iy allora z* = x − iy). Per esempio la probabilità di trovare la particella nell'intervallo I = [a, b] è

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ed in particolare la probabilità di trovarla in un punto qualunque di ℝ è

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Ma visto che sicuramente troveremo la particella da qualche parte, si deve avere P(ℝ,t) = 1. Si dice che la funzione d'onda è normalizzata. È importante introdurre qualche termine tecnico, pur senza eccedere nel rigore.

In generale una funzione a valori complessi, f: â„ → â„‚, si dice essere di tipo L2 (si dice "elle due" e si scrive f ∈ L2 (ℝ)) se

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Allora una funzione d'onda è una funzione L2 normalizzata. Si può dimostrare che date due funzioni f,g ∈ L2 (ℝ) esiste sempre l'integrale

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detto prodotto scalare, e che se αf + βg è di tipo L2. Si dice che L2 (ℝ), dotato del prodotto scalare e di queste combinazioni lineari è uno spazio di Hilbert. Ma da cosa viene allora sostituita l'equazione di Newton nel caso di particelle microscopiche? Da un'equazione che invece di dirci come varia nel tempo la posizione (che non esiste più) ci dice invece come varia nel tempo la funzione d'onda. Tale equazione e l'equazione di Schrödinger:

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dove i è l'unità immaginaria (i2 = −1) e ħ ("acca tagliato") è una costante che ha le dimensioni di un'azione (cioè un'energia per un tempo) che vale

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U(x) è la stessa funzione energia potenziale che abbiamo definito nel caso classico, ma si noti che questa volta la variabile x da cui dipende non è a sua volta funzione del tempo. Usualmente la derivata seconda nella coordinata x viene indicata con il simbolo Δ, e viene detta Laplaciano.

Ora che abbiamo presentato l'equazione di Schrödinger ci fermiamo. Discuteremo il suo significato fisico e le sue applicazioni in altre occasioni.

Sergio Cacciatori è ricercatore e docente presso il dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell'Università dell'Insubria. Si occupa essenzialmente di Fisica Teorica e Fisica Matematica. 

Massimo Bertini, insegnante di liceo.

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