L'IA batte i campioni del mondo in una disciplina sportiva poco nota

Dopo scacchi, Go e alcuni videogames, le Intelligenze Artificiali aggiungono un altro tassello alle loro vittorie: le competizioni di droni

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Non tutti sanno che esistono, ma le gare di droni ad alta velocità sono una cosa abbastanza eccitante: il pilota deve far volare il drone il più veloce possible, in un percorso che richiede grande abilità. Pilotano tramite visori VR, in una modalità chiamata FPV - che sta per First Person View

Ma di recente l’IA ha colpito anche questa disciplina, con un algoritmo che ha praticamente polverizzato le prestazioni dei campioni umani che si erano messi alla prova.

Basta guardare uno dei molti video registrati dai droni stessi per capire quanto è difficile, e rendersi di quanto siano impressionanti questi piloti.

Il sistema Swift, sviluppato all’'Università di Zurigo in collaborazione con Intel, ha utilizzato lo stesso tipo di sistema visivo usato dai piloti umani, una singola videocamera montata sul drone stesso, ma ha avuto “il vantaggio” di utilizzare anche i dati di accelerazione, velocità e orientamento in tempo reale da un'unità di misura inerziale a bordo.

Il software ha imparato il percorso tramite una complessa simulazione, con oltre 100 droni virtuali, facendo in meno di un’ora quello che avrebbe richiesto oltre un mese di addestramento con un singolo drone. Non so voi, ma questa cosa mi ricorda molto i personaggi di Matrix, quando imparano cose complesse in pochi secondi.

"È stato pazzesco", ha esclamato il due volte campione internazionale della Coppa del Mondo MultiGP Thomas Bitmatta, dopo che Switft ha fatto segnare un giro veloce battendo di mezzo secondo il migliore dei piloti umani.

Gli umani però hanno ripreso il sopravvento quando sono cambiate le variabili ambientali: in particolare, quando è cambiate l’illuminazione solare il drone non è riuscito a compensare. Una lacuna che ovviamente si potrà risolvere lavorando sugli algoritmi, ma per il momento vediamo che il cervello umano può ancora contare su una maggiore adattabilità.