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LinkedIn, il 71% dei reclutatori rifiuta un candidato dalla sua foto profilo

Secondo una ricerca il 71% dei reclutatori LinkedIn rifiuta un candidato dalla sua foto profilo, ancor prima di valutarne le competenze.

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Avatar di Selene Vicenzi

a cura di Selene Vicenzi

Pubblicato il 25/05/2022 alle 14:24

LinkedIn oggigiorno è il social d'eccellenza per i professionisti di ogni settore. Il 90% dei reclutatori utilizza regolarmente la piattaforma per trovare nuovi candidati. Passport-Photo ha condotto uno studio, basato su un sondaggio fatto a professionisti delle Risorse Umane, uomini d'affari e manager, sul peso che ha la foto del profilo nelle loro decisioni quando si tratta di assumere qualcuno.

Lo studio rivela che il 71% dei reclutatori intervistati ammette di aver rifiutato un candidato a causa della sua foto profilo LinkedIn almeno una volta, nonostante le qualifiche lavorative adeguate.

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Ecco cosa mostra lo studio di Passport-Photo:

  • Il 95% crede che un profilo LinkedIn oggi abbia la stessa funzione di un biglietto da visita.
  • Un altro 96% degli intervistati crede che una foto professionale del profilo LinkedIn ispiri fiducia.
  • L’80% afferma che la foto del profilo di un candidato li aiuta a conoscere meglio la persona.

Lo stratega di marketing di LinkedIn Inge Saez lo riassume con questa semplice equazione: “Cosa succede quando qualcuno usa il motore di ricerca di LinkedIn per individuare un candidato adatto? LinkedIn offre un elenco che include solo tre sezioni: 1- il tuo nome, 2- il tuo titolo professionale, 3- la tua foto. Sulla base di queste tre informazioni, il tuo futuro cliente o reclutatore prenderà la decisione di fare clic sul tuo profilo per saperne di più su di te".

Insomma, nonostante molti reclutatori dicano che non si dovrebbe giudicare il libro dalla sua copertina, la prima impressione è importante e può aiutarti a ottenere un colloquio o a non essere scelto. Questo pregiudizio nasce dal cosiddetto "effetto alone".

Cos’è l’effetto alone?

Coniato nel 1920 dallo psicologo americano Edward Lee Thorndike, l'effetto alone è un bias cognitivo che ci porta ad estendere alcune caratteristiche all'intero soggetto. Ovvero, si tratta della nostra tendenza a definire l'insieme dell'immagine di una persona, in base a una delle sue caratteristiche. Se un individuo è attraente, allora sarà anche un cittadino responsabile. È un fenomeno incoerente, ma è così che funziona.

Un'indagine condotta nel 1974 ha mostrato che la giuria, nei processi, quando condannava gli imputati, tendeva a mostrare più clemenza nei confronti di individui fisicamente attraenti, anche se avevano commesso lo stesso crimine di altri che non lo erano. Un altro studio ha rivelato che gli assistenti sociali trovavano difficile accettare che una persona attraente potesse commettere un crimine.

La domanda qui è: le persone prendono ancora l'aspetto fisico così seriamente al giorno d'oggi? La risposta, che per alcuni sarà ovvia, è: molto! Non parliamo però di bellezza, ma di cura della persona. Le persone hanno la tendenza a fidarsi di più di un individuo che si mostra ben curato rispetto a uno trasandato.

Ecco perché l'effetto alone è così rilevante nell'area delle risorse umane. Il pericolo che corrono i recruiter è quello di percepire negli intervistati un tratto positivo che li porta a trascurare aspetti negativi, o viceversa. Proprio per questo motivo, se stai cercando clienti o lavoro con LinkedIn, non puoi mettere come immagine di profilo una foto tua dove ti mostri in piscina con gli amici, ma devi pubblicare una foto che ispiri fiducia.

Immagina di andare ad un colloquio di lavoro, ecco la foto deve essere il ritratto del colloquio più importante della tua vita.

“Anche se non vogliamo ammetterlo, giudichiamo tutti un libro dalla copertina, e dobbiamo capire come questo influisce sul nostro processo decisionale”. Cindy Corpis, direttrice generale di SearchPeopleFree.

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