Materia Oscura, di cosa è fatta?

Di che cosa è composta la Materia Oscura? Ecco le maggiori ipotesi e su cosa sono fondate.

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a cura di Lorenzo Pizzuti

Questo contenuto è il terzo di una serie di quattro articoli che andranno nell'insieme a guidarci alla scoperta di Materia ed Energia oscura, il "dark universe". Dopo il primo e il secondo episodio, oggi parleremo nel dettaglio della Materia Oscura e di che cos'è fatta. L'appuntamento è ogni martedì, non mancate!

Ci sono voluti ben due capitoli per descrivere a grandi linee il motivo per cui crediamo nell'esistenza della Materia Oscura, dalle prove astrofisiche a quelle cosmologiche, fino alla possibilità di simulare l'evanescente componente aggiuntiva attraverso un computer. Stiamo ora per affrontare la parte più interessante del nostro discorso, ovvero l'intrigante mistero sui costituenti fisici della Materia Oscura.

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Le teorie sono davvero tantissime, alcune più fantasiose e meno testabili, altre maggiormente condivise dalla comunità scientifica. Ovviamente tentare di elencarle tutte entrando nel dettaglio richiederebbe molto più di un semplice articolo; forse anche un intero libro sarebbe troppo riduttivo data la mole di informazioni che aumenta di giorno in giorno, senza parlare dei tecnicismi da capogiro necessari per affrontare il discorso in maniera esauriente. Ecco perché mi limiterò a discutere solo alcuni dei modelli (forse i più famosi) estratti dall'abnorme calderone della letteratura, sufficienti tuttavia a fornire un quadro generale su cosa può o non può comporre la Materia Oscura.

La serviamo calda, fredda o tiepida?

Una delle prime classificazioni per individuare la tipologia di oggetti con cui abbiamo a che fare fu introdotta da J.R. Bond e A. S. Szalay in un articolo del 1983; essa si basa su quale velocità potrebbero avere le eventuali particelle (ordinarie e non) candidate a far parte della misteriosa materia.

Come già accennato in precedenza, le temperature elevatissime dei primi istanti dopo il Big Bang mantenevano le varie specie presenti in equilibrio nel brodo primordiale attraverso processi d'interazione energeticamente possibili solo in quelle condizioni (ben al di là delle nostre attuali possibilità sperimentali). Con l'espansione e il conseguente raffreddamento dell'Universo questi processi diventano sempre meno frequenti fino ad essere praticamente trascurabili. Quando l'interazione di un certo tipo di particella con il resto degli invitati al ballo cosmico smette di essere rilevante, allora la specie si disaccoppia e inizia ad evolversi per conto suo, proprio come abbiamo visto per i fotoni del fondo di microonde.

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Avvicinandoci all'istante zero, ad energie ancora più elevate di quelle della separazione tra materia e radiazione, troviamo altre particelle a farci compagnia nel calderone, come muoni e tauoni (cugini più massivi dell'elettrone, poi disaccoppiatisi e decaduti in elettroni e neutrini) quark e altri loro prodotti, confinati successivamente all'interno dei protoni, e anche la cara Materia Oscura.

Cosa possiamo dire riguardo al ruolo nell'Universo primordiale della nostra indecifrabile componente? Sicuramente deve essersi separata molto presto dai compagni, proprio perché se esiste un qualche tipo di interazione con la materia ordinaria, essa deve essere talmente debole da diventare rilevante solo in situazioni estreme, accessibili nelle prime fasi di vita del Cosmo.

Se la Materia Oscura fosse costituita da particelle particolarmente leggere, allora al momento del disaccoppiamento la loro velocità sarebbe ancora "relativistica", ovvero prossima a quella dei fotoni; in questo caso si parla di Materia Calda (Hot Dark Matter).

Viceversa, particelle estremamente pesanti raggiungerebbero il regime "non relativistico" abbastanza in fretta al diminuire della temperatura, uscendo dal bagno cosmico già degnamente rallentate; avremmo allora una Materia Fredda (Cold Dark Matter).  

Il caso intermedio è stato - con grande fantasia - ribattezzato Materia Tiepida (Warm Dark Matter).

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Uno dei principali candidati alla materia oscura calda è sicuramente il tanto discusso neutrino, particella elementare teorizzata già da Pauli e Fermi negli anni '30 e rivelata per la prima volta da Cowan e Reines nel 1956. L'interesse verso il neutrino deriva dalle sue proprietà sotto certi versi non lontane da quelle attese per la Materia Oscura. Infatti esso non possiede carica elettrica, non emette radiazione e non risente dell'interazione nucleare forte, la più intensa delle quattro forze conosciute in natura.

L'unico modo che ha per essere rivelato (se si esclude la forza di gravità, assolutamente trascurabile nel caso di singole particelle) è attraverso l'interazione nucleare debole, comune a tutte le particelle conosciute ma con il grave difetto di essere, per l'appunto, debole. Si tratta infatti di una forza di bassissima intensità che agisce solo a distanze estremamente piccole, dell'ordine di 0,000000000000000001 m (un miliardesimo di miliardesimo di metro). In pratica la probabilità che un neutrino interagisca è talmente bassa che per bloccare la metà di un fascio di queste particelle sarebbe necessario un muro di piombo spesso circa 1 anno luce!

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Crediti: Nature

Altra caratteristica molto promettente del neutrino è il fatto che esso non è privo di massa, come inizialmente si supponeva. Esistono tre tipologie di neutrino e ciascuna costituisce un doppietto con elettrone, muone e tauone (si chiamano infatti neutrino elettronico, muonico e tauonico). Si è visto che un neutrino di una certa specie - o sapore - può modificare il proprio tipo. Queste oscillazioni, previste da Pontecorvo nel 1969 ed osservate solo recentemente, tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del XXI secolo, sono possibili soltanto se i neutrini hanno una massa diversa da zero. Sebbene il valore esatto sia ancora un mistero ed esistano solo dei limiti indicativi (si suppone qualcosa come un milionesimo della massa dell'elettrone), la scoperta potrebbe essere sufficiente per chiudere il puzzle della Materia Oscura. I neutrini saranno anche "piccoli", ma magari presenti nella giusta quantità da spiegare la massa mancante.

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Fonte: Wikipedia

Chiaramente, come potrete immaginare, sarebbe troppo semplice se la questione si chiudesse qui. Questa volta il problema maggiore (anche se non l'unico) si presenta di nuovo in ambito cosmologico. Abbiamo visto come la "non-interazione" della Materia Oscura sia essenziale per permetterle di agglomerarsi e formare le strutture nell'Universo. Tuttavia è necessario considerare anche la velocità con cui le eventuali particelle si muovono; è chiaro che oggetti molto veloci non riescano ad addensarsi con facilità su scale piccole, tendendo a disperdersi (fenomeno noto come free streaming). Affinché una perturbazione possa crescere indisturbata, è necessario andare a distanze maggiori di quelle coperte dalle particelle in movimento: in tal modo le prime strutture ad emergere nell'Universo sarebbero più grandi di un super-ammasso di galassie. Dalla suddivisione di questi giganti dovrebbero nascere poi le nostre confortevoli galassie.

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Sembrerebbe tutto molto bello, se non fosse per il fatto che le osservazioni mostrino uno scenario completamente opposto: prima si sono formate le strutture più piccole, poi quelle grandi! Dunque una Materia Oscura dominante di tipo caldo (fatta per lo più da particelle leggere come i neutrini) è in netto contrasto con il panorama osservativo.

Siamo di fronte a una nuova sconfitta? Forse non del tutto. Sicuramente non possiamo attribuire ai neutrini la carica istituzionale di costituente predominante della Materia Oscura; ma di certo una parte (seppur piccola) della massa mancante è sotto forma di queste ben note particelle elementari. Anzi, lasciatemi dire - senza entrare in dettagli - che proprio attraverso lo studio dei neutrini in ambito cosmologico e sul loro ruolo come componente oscura si possono ottenere dei limiti molto interessanti sulla loro massa, da condire con i risultati degli esperimenti di Fisica delle alte energie condotti nei laboratori a terra, come OPERA - collaborazione tra il CERN di Ginevra e i laboratori Nazionali del Gran Sasso. Un esempio di come ambiti diversi della ricerca possano convergere verso obiettivi comuni (senza invocare tunnel sotterranei che attraversano l'Italia o particelle più veloci della luce).

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Nella prima puntata della nostra immersione nel Lato Oscuro ho menzionato come punto di partenza il modello CDM, costruito negli anni per descrivere l'Universo conosciuto e le sue stranezze, senza però soffermarmi sul significato delle 4 lettere del suo nome. Ora, finalmente, possiamo dare una spiegazione ad una parte della sigla. CDM sta infatti per Cold Dark Matter; la visione più accreditata oggi nel mondo della cosmologia si basa sul fatto che la componente fondamentale della Materia Oscura sia di tipo freddo, ovvero particelle molto massive e debolmente interagenti. L'introduzione della CDM risolve diversi problemi tra quelli che vi ho illustrato, in particolare permette un'evoluzione dal piccolo al grande (bottom-up) dove le strutture minori si sono formate per prime, coerentemente con quanto emerge dalle osservazioni.

La materia Oscura fredda costituisce circa il 25% del Cosmo ed è un tassello fondamentale per spiegare la distribuzione di materia su larga scala al tempo presente. Tuttavia anche con la CDM non mancano alcune incongruenze tra teoria e dati; ad esempio il modello predice un numero di aloni di piccola massa molto più alto di quello osservato, inoltre nelle galassie minori la distribuzione della materia nelle regioni centrali ricavata dalle curve di rotazione risulta diversa da quella teorizzata e ottenuta tramite le simulazioni. Altri suggerimenti che, come discusso nel precedente articolo, potrebbero indicare la presenza su scala galattica di processi più complessi e ancora sconosciuti in atto tra materia ordinaria ed oscura.

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Hot vs Warm vs Cold Dark Matter (courtesy ITC @ University of Zurich)

Per tentare di risolvere le incoerenze si è pensato di aggiungere una materia intermedia, la Warm Dark Matter, costituita da particelle più massive dei neutrini ma sempre sufficientemente leggere (circa un centesimo della massa dell'elettrone). In questo modo la scala di free streaming, al di sotto della quale le perturbazioni vengono disperse, può diventare abbastanza grande da impedire la formazione di troppa roba ai giorni nostri, mantenendo comunque lo scenario di evoluzione in linea con le osservazioni. Modelli con tutte e 3 le tipologie in azione sono particolarmente in voga e vanno sotto il nome di MDM (Mixed Dark Matter).

LE WIMPs

Abbandonando l'idea dei neutrini come risorsa principale della Materia Oscura dobbiamo trovare altri candidati con i giusti requisiti per prenderne il posto. Possiamo pensare allora che esistano delle particelle misteriose con le stesse caratteristiche del neutrino - niente carica elettrica, niente interazione nucleare forte - ma una massa molto grande per essere "cold" quanto basta da soddisfare le nostre aspettative.

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Una proprietà essenziale per eventuali concorrenti al titolo deve essere la stabilità: se infatti la Materia Oscura potesse decadere spontaneamente in particelle conosciute (un po' come fa un neutrone libero, che dopo otto minuti di vita si trasforma in protone, elettrone e neutrino) allora continuerebbe a diminuire in quantità con il passare del tempo, aumentando conseguentemente la porzione di materia ordinaria. Si richiede quindi che la vita media di una particella oscura sia maggiore dell'età attuale dell'Universo, cioè che la sua probabilità di interagire trasformandosi in qualcos'altro - in gergo tecnico: sezione d'urto - sia talmente bassa da permettere alla maggior parte della Materia Oscura di sopravvivere fino ad oggi. Si può vedere a spanne che la densità di particelle rimaste è tanto minore quanto più intensa è la forza attraverso la quale esse si manifestano.

Se la materia oscura è in grado di "relazionarsi" con la nostra, allora questa interazione deve essere tale da mantenere una frazione superstite che possa ricoprire il 25% dell'Universo al tempo attuale! Per una fortuita coincidenza, ciò si ottiene se assumiamo che l'intensità dell'interazione sia guarda caso dello stesso ordine di quella nucleare debole caratterizzata, come già accennato parlando dei neutrini, da sezioni d'urto davvero piccolissime, rendendo gli "scontri" molto rari e difficilmente rivelabili. Ecco dunque nascere il concetto di Weakly Interactive Massive Particles (particelle massive debolmente interagenti), anche dette WIMPs, oggetti nati dal bagno termico primordiale e che risentono solo della forza nucleare debole e del campo gravitazionale; i candidati perfetti per la nostra Materia Oscura fredda.

Dal punto di vista teorico, l'ipotesi più accreditata è che le WIMPs siano in realtà particelle supersimmetriche; in fisica, la supersimmetria è una possibile simmetria elementare che associa ad ogni particella un partner supersimmetrico, il cui valore dello spin (una proprietà intrinseca di "rotazione" fondamentale per descrivere i sistemi quantistici) risulta aumentato o diminuito di 1/2 rispetto al proprio compagno. Ad esempio l'elettrone avrebbe il suo corrispettivo chiamato selettrone, il quark avrebbe lo squark e così via.

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Fonte: Wikipedia

Una di queste ipotetiche particelle sembrerebbe davvero fare al caso nostro: il neutralino. Questo simpatico ragazzaccio dal nome insolito è il più leggero tra i nuovi elementi introdotti. Non ha carica elettrica, non ha una antiparticella (o meglio la sua antiparticella coincide con il neutralino stesso), non decade spontaneamente ma l'unico modo che ha per "sparire" è quello di interagire con un altro neutralino (attraverso la forza debole, ovviamente) ed annichilirsi generando una coppia di particelle ordinarie.

Un neutralino può inoltre scontrarsi con una particella ordinaria in un processo di (perdonate il brutto termine) "scattering elastico", l'equivalente di una botta tra due palline che rimbalzano l'una contro l'altra.

In linea di principio è dunque possibile vedere direttamente le WIMPs, o tentando di fabbricarle negli acceleratori di particelle, oppure cercando di individuare le rare interazioni tra quelle sparse nell'alone galattico e la nostra materia, o ancora provando a rintracciare i segni della loro annichilazione in zone dove supponiamo essere più addensate. 

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Problematiche analoghe a quelle dello studio dei neutrini devono essere fronteggiate dai coraggiosi desiderosi di catturare gli introvabili candidati; la difficoltà sperimentale maggiore nella rivelazione della Materia Oscura è data dal seccante rumore di fondo. I segnali che cerchiamo sono talmente piccoli rispetto alla miriade di roba intorno a noi (radioattività ambientale, vibrazioni dei materiali, fotoni generati da tutti i dispositivi sulla Terra, ecc.) che osservarne uno risulta come trovare un ago di un millimetro in un pagliaio grande come la Francia. Ecco perché la maggior parte degli esperimenti si svolge in luoghi dove le contaminazioni dell'esterno sono ridotte al minimo. Un esempio interessante qui in Italia e nel quale la collaborazione italiana ricopre un grande ruolo (piccolo impeto di patriottismo) è XENON1T[1], una colossale macchina contenente 3500 Kg di Xenon liquido alla temperatura di -95 °C costruita nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso.

Il progetto, coordinato da Elena Aprile della Columbia University di New York, è una versione avanzata del vecchio XENON 100 ed è realizzato in maniera tale da minimizzare qualsiasi tipo di rumore di fondo. Oltre alla protezione naturale offerta dalla montagna, il rivelatore è rivestito da un thermos in acciaio inossidabile immerso in un contenitore di 700m3 di acqua purissima. Il passaggio di una particella di Materia Oscura che interagisce con gli atomi di Xenon produce un segnale sotto forma di fotoni, che viene catturato da ben 248 fotomoltiplicatori.

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L'esperimento XENON1T

Uno degli obiettivi della collaborazione è quello di convalidare o smentire i risultati di un precedente esperimento, DAMA/LIBRA, realizzato sempre al Gran Sasso, che nel 1996 aveva mostrato un'evidenza della variazione stagionale del flusso di WIMPs, confermata dalle successive raccolte di dati sempre nell'ambito del medesimo esperimento, ma mai osservata in nessun altro test.

Si suppone infatti che nel moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole il numero di particelle di Materia Oscura che incontriamo debba cambiare in maniera periodica, e questa modifica influirebbe in modo tale da essere riscontrabile nelle misurazioni, proprio come individuato nell'analisi di DAMA/LIBRA. Ma perché tutti gli altri esperimenti non sono stati in grado di trovare lo stesso risultato?

Si pensò che il problema potesse essere legato a una preferenza delle WIMPs ad interagire con i leptoni (cioè elettroni, neutrini e i loro cugini più massivi) piuttosto che con protoni o neutroni (o i quark che li costituiscono). Tuttavia, già con XENON 100 questa evenienza era stata contraddetta; non si è evidenziato alcun trattamento di favore per gli elettroni rispetto ai poveri nuclei, lasciando il segnale di DAMA/LIBRA ancora avvolto nel mistero.

XENON1T, il cui lavoro continua anche in questo momento, è in grado di individuare il passaggio di una WIMP a livelli di sensibilità davvero impressionanti; non resta dunque che attendere le pubblicazioni delle prossime analisi nella speranza di scavare più a fondo nei segreti della Materia Oscura.

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Se pensate che la storia possa concludersi con le WIMPs, sappiate invece che abbiamo appena scalfito la superficie. Come detto all'inizio di questa breve rassegna, esistono molti altri candidati che potrebbero spiegare la presenza della componente aggiuntiva nel nostro Universo. Un esempio sono gli assioni, ipotetiche particelle elementari introdotte per risolvere alcuni problemi di simmetria nella teoria che descrive le interazioni forti (Cromodinamica Quantistica). Queste nuove reclute potrebbero essere state prodotte in gran quantità nei primi istanti di vita dell'Universo con meccanismi diversi da quelli in atto nel bagno termico primordiale di cui abbiamo discusso; detto in altri termini, gli assioni potrebbero essere "freddi" anche avendo una massa molto piccola (addirittura minore di quella dei neutrini), rendendoli altri buoni concorrenti per il modello di Cold Dark Matter.

Un'ulteriore ipotesi, recentemente tornata in voga dopo la rivelazione delle onde gravitazionali da parte delle collaborazioni LIGO e VIRGO, è quella dei buchi neri formatisi poco dopo il Big Bang. Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista The Atrophysical Journal lo scorso maggio, uno scenario di evoluzione cosmologica in cui la Materia Oscura è costituita prevalentemente da buchi neri primordiali sembrerebbe permettere la formazione delle strutture che osserviamo oggi.

Per chiudere in bellezza questa lista, un accenno merita di essere fatto alla teoria MOND (MOdified Newtonian Dynamcs) sviluppata dal fisico Mordehai Milgrom nel 1983, un'elegante soluzione alternativa per spiegare gli effetti osservati nelle galassie senza ricorrere a materia aggiuntiva e introvabile. Si tratta di fatto di un modello di gravità modificata: l'interazione gravitazionale agisce in modo diverso nelle regioni più esterne delle galassie riproducendo il comportamento insolito che vediamo nelle curve di rotazione con l'utilizzo la sola materia ordinaria.

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Immagine del Bullet Cluster ottenuta componendo varie osservazioni. I colori falsati indicano il gas (rosso) e la distribuzione della Materia Oscura (blu). Credit: X-ray: NASA/CXC/CfA/ M.Markevitch et al.; Lensing Map: NASA/STScI; ESO WFI; Magellan/U.Arizona/ D.Clowe et al. Optical: NASA/STScI; Magellan/U.Arizona/D.Clowe et al.;

Purtroppo questa teoria sembra non andare poi così bene quando si prendono in esame scale più grandi di quelle galattiche; una frazione di massa aggiuntiva invisibile continua ad essere presente anche cambiando la legge di gravità. Un'altra grossa discrepanza con le osservazioni emerge anche nel famoso caso del "Bullet Cluster", una coppia di ammassi di galassie entrati in collisione a circa 4 miliardi di anni luce da noi. La distribuzione di materia che si ottiene dalle analisi risulta coerentemente spiegata tramite il modello CDM e la sua componente oscura, mentre le predizioni della MOND si dimostrano abbastanza fallimentari in questa situazione. Il Bullet Cluster è considerato ad oggi una delle prove più significative a favore dell'esistenza della Materia Oscura.

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BUllet cluster X-ray photo by Chandra X-ray Observatory. Crediti: Mac_Davis - http://cxc.harvard.edu/symposium_2005/proceedings/files/markevitch_maxim.pdf

Sebbene modificare la gravità non sembri essere un'alternativa soddisfacente per risolvere il mistero della massa mancante, vedremo come in altre occasioni quest'idea potrà tornarci utile; alla fine essa sarà una delle poche fiaccole che potranno ancora illuminare il buio più totale nel quale stiamo per immergerci. Abbiamo avuto modo di sperimentare solo un assaggio del vastissimo e assai contorto mondo al di là della Fisica conosciuta, tuttavia siamo ancora lontani dalla conclusione del nostro viaggio.

Infatti abbiamo appena aperto un misero spiraglio per indagare meno della metà di ciò che il nostro Universo nasconde, lasciando fuori il suo più grande segreto. Finalmente siamo pronti per andare oltre; prendiamo per mano la Materia Oscura, quasi come una vecchia amica, una compagna d'avventure che conosciamo da sempre, e prepariamoci a fronteggiare l'enigma definitivo. Nella prossima puntata: l'Energia Oscura.

Lorenzo Pizzuti è laureato in Fisica presso l'Università degli Studi di Perugia e diplomato in pianoforte presso il conservatorio Briccialdi di Terni, è attualmente iscritto al primo anno del dottorato di ricerca in Fisica presso l'Università di Trieste. Lavora in cosmologia all'Osservatorio Astronomico diTrieste (OATS-INAF) principalmente su modifiche della gravità. La sua ricerca prende in esame gli ammassi di galassie, per "leggere" attraverso l'analisi del moto delle galassie e della luce se la gravità si comporta come Einstein ha teorizzato oppure se qualcosa di diverso accade. Ha una prima pubblicazione sulla rivista scientifica JCAP. Oltre all'ambito accademico, è attivo nella divulgazione scientifica,  ha partecipato e vinto la selezione nazionale del concorso "FameLab" nel 2016 e si è classificato tra i primi 12 alla finale mondiale. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.

 

[1] http://www.xenon1t.org/