Quella volta in cui ci siamo quasi estinti, 800mila anni fa

Un recente studio dimostra come, 800.000 anni fa, l'uomo rischiò di estinguersi per sempre, riuscendo a salvarsi per il rotto della cuffia.

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a cura di Andrea Maiellano

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Un team internazionale di scienziati provenienti dagli Stati Uniti, dall'Italia e dalla Cina sembra aver risolto uno dei misteri più grandi dell'evoluzione umana. Uno studio, pubblicato sulla rivista Science il 31 agosto, rivela infatti che la popolazione degli antenati umani subì un drastico declino tra 800.000 e 900.000 anni fa, creando una lacuna significativa nel registro fossile dell'Africa e dell'Eurasia.

Durante questo periodo di transizione, che durò dal Pleistocene inferiore a quello medio, gli scienziati stimano che solo 1.280 individui, capaci di riprodursi, siano effettivamente sopravvissuti. Sorprendentemente, ciò significa che quasi il 98,7% della popolazione ancestrale fu perso durante un lasso di tempo che durò per oltre 100.000 anni.

Questa scoperta getta nuova luce sull'evoluzione umana durante il Pleistocene superiore, quando gli esseri umani moderni si diffusero fuori dall'Africa, mentre altre specie umane, come i Neanderthal, scomparvero. In un'epoca caratterizzata da climi freddi e grandi cambiamenti ambientali, questa ricerca rivela come la nostra specie abbia affrontato delle sfide tanto estreme quanto letali.

Gli scienziati hanno utilizzato un nuovo metodo chiamato "fast infinitesimal time coalescent process" (FitCoal) per analizzare il DNA di 3.154 persone moderne e, provare, a determinare le implicazioni demografiche di questo antico evento. La decimazione di questo ancestrale genere umano, così come la seguente diversità genetica, pare sia stata causata da degli estremi cambiamenti climatici, i quali oltre a modificare notevolmente la temperatura della Terra, generarono l'estinzione di alcune, importanti, fonti alimentari.

Tuttavia, questa selezione naturale avrebbe contribuito anche a un evento di speciazione, in cui due cromosomi ancestrali si fusero per formare il cromosoma 2, uno dei più grandi presenti nell'essere umano moderno. Questa fusione risulta fondamentale per la comprensione dell'ultimo antenato comune tra i Denisovani, i Neanderthal e, l'attuale, Homo sapiens.

L'importanza di questa ricerca si estende ben oltre la risoluzione di una lacuna fossile, andando a fornire una visione più chiara dell'adattamento umano alle sfide ambientali, oltre a sollevare nuove domande sulla nostra peculiare evoluzione. Gli studiosi sperano che, attraverso ulteriori ricerche in merito, possano contribuire a completare il quadro dell'evoluzione umana, andando a inserire uno degli ultimi tasselli di questo mosaico genetico, ovvero il periodo di transizione nel Pleistocene.